Con “Lo spettro visibile”, Antonio Francesco Perozzi ci consegna il suo personalissimo “De rerum natura”.

Microcosmi

Con la raccolta Lo spettro visibile (Arcipelago Itaca, 2022), Antonio Francesco Perozzi ci consegna il suo personalissimo De rerum natura; una natura (nel senso più ampio del termine) osservata da angolazioni singolari, riuscendo a mescolare con mestiere aspetti del linguaggio e del sapere, anche opposti e apparentemente inconciliabili. Uno sguardo, il suo, che comprime in un solido corpus la scienza, la necessità che odora di metafisica e la mera quotidianità.

La raccolta si srotola in sei sezioni. Superata la caduta in Catabasi normale (caduta nella vita? Nell’inferno della vita? Nella Morte?), attraverso Dalla soglia, Lo stato animale, Inquiete, Unità rocciose distinte e Chema l’autore si addentra geneticamente nei regni animale, vegetale e minerale, scandagliandone il senso da diverse prospettive.

Quello che ne risulta è un libro avvincente, aggettivo che è desueto nel riferimento a letture di poesia, ma al cui ricorso mi affido per aggiungere merito all’opera.

Il libro ci dona un’esperienza intensa, che cattura, e la sperimentazione linguistica, pur essendo ben visibile, risulta quasi sottesa. Essa, infatti, affiora del tutto soltanto staccandoci dal significato dei componimenti, in quanto l’autore esercita una “delicata violenza” (appunto, applicata con mestiere) alla parola e al senso dell’enunciato, ottenendo un sostanziale equilibrio fra significato e forma del significante.

È una lettura che, sorprendentemente, può essere frammentata, ma anche fluida. Ciò che varia – ovviamente – non è il testo, ma la direzione dell’attenzione del lettore.

Questo è il valore aggiunto del libro, compiuto e compatto, ma costituito da più livelli; un risultato che è senza dubbio più del prodotto di fattori che lo compongono.

Partendo dal linguaggio, oltre al ricorso a figure retoriche, vi è una forzatura ben dosata, mai eccessiva, di regole sintattiche e grammaticali, come articoli volutamente eliminati e parole fuse fra loro. A tratti i suoni si fanno duri, si fa ricorso a termini scientifici, ma il tutto è incorniciato nel rispetto delle regole metriche (il verso più utilizzato è l’endecasillabo, ma compaiono settenari e doppi settenari, nonché lievi eversioni funzionali al ritmo ed al contenuto del verso) e forse è proprio il metro a fare da contrappeso al gioco linguistico dell’autore, infondendo scorrevolezza, seppure l’autore stesso ricorra ad espedienti mirati a spiazzare e spezzare, a disturbare, credo per ricondurre al senso delle parole, spostando l’attenzione al significato manipolando il significante, neutralizzando la “distrazione” operata dal ritmo del verso.

Segnalo, inoltre, la presenza di parole interrotte, mandate a capo come se ci si trovasse a fine riga (ma nel rispetto della metrica), i “che” e “cui” stranianti a fine verso.

Compaiono degli enjambement, i quali, pur nel rispetto della forma, vedono il verso terminare con preposizione e preposizione articolata, o con articolo.

Anche questa è una forzatura voluta, dal gusto agrodolce, e ben riuscita.

Sebbene la propulsione ritmica, l’unità sintattica, in presenza di inarcature prosegua nel verso seguente, l’impatto alla vista trasmette un sussulto che inevitabilmente riconduce l’attenzione al contenuto, porta a ripercorrere il verso, sgretolando per un istante la forma, forma che è tuttavia davanti ai nostri occhi:

da Filosofia dell’ingombro, a pag. 47:

uno stomaco largo cambia tutto
appeso a un metro e mezzo sulla
occupazione della terra grassa
che tira in basso e tira la teoria
inconfutabile degli extensa-extensa (!)
[…]

Da Orgia, a pag 60:

Si sparpagliano in agosto, le spore
che le felci licenziano a prescindere
se tu hai modo o no di vederle. Dentro le
pozze d’aria ci stagni tu e lo sperma
della sacra orgia vegetale – irradia
l’acero e sai che quelli in cielo sono
i suoi figli, i figli bicarpellari.
[…]

Da Amnio, a pag. 64:

[…]
L’ipotesi che sia l’algebra
l’ermeneutica adeguata ai quesiti
sul tempo, non celebra onore
alla vegetazione. […]

Alcuni versi strappati alla poesia Amnio ben si prestano a spiegare come, analogamente a quanto operato nel linguaggio, l’autore presenti nella raccolta una sapiente miscela di scienza, cioè la presenza di dati (di fatto) oggettivi e provati e di necessità, necessità che profuma di leggi occulte ma superiori, di ordini precostituiti, di impalpabili meccaniche platoniche.
Nell’impasto non troviamo fra gli ingredienti, sia ben chiaro, del vano esoterismo (ne siamo ben lontani), piuttosto troviamo allusione a logiche ineludibili che sono parte integrante, espressione, della natura stessa.
Per usare parole dell’autore: A possibilità di propulsione/segue l’invenzione delle poiane (da IV. Aves, a pag. 40), oppure: quando la difesa chiede una teca/sovrapposta alla schiena, hai la testuggine; (da III. Reptilia, a pag. 40).
A tratti si ha l’impressione di calarci in una moderna alchimia, la quale, affrancata dalla protochimica e dalla magia, ci conduce ad allargare lo sguardo, a porci domande, a insinuare dubbi camminando nell’alveo del dato oggettivo, e tutto questo – non lo escludo – può essere semplicemente un risultato, un gioco ottenuto dal lavoro del poeta.
L’incontro del linguaggio proposto da Perozzi con i temi suesposti, di primo acchito, ammanta la raccolta di un’aura quasi misteriosa, che ricorda le atmosfere del grande Eliot; l’autore stesso ce ne fornisce indizio, citandolo, a pag. 78, nella poesia Lagunare:
[…]
Quando scegli l’immersione/la
morte per acqua/lo sfaldamento
dei fuochi fatui dell’illusione, la
laringe idrica rintraccia
chiazze d’ossigeno sul fondo.
[…]

Nel consigliare appassionatamente la lettura di questa raccolta, che – a prescindere dalle analisi – è semplicemente bella, impegnativa nella giusta misura e molto ripagante, concludo riportando due intere poesie che mi hanno particolarmente colpito:

I. Pisces

Si trovano nell’acqua le ragioni
della respirazione; invece della
sfida all’apnea si faceva un tempo
una melma di compattezza scura:

corpofluidoambientevitavescica
e un taglio nella gola per l’ossigeno.
Quando si levarono dal fondale
i pesci protostorici figliarono

mascelle e modi sacri a sopravvivere,
come il petto bicolore per farsi
sole o abisso all’evenienza. Lontano
ecco gli squali-cartilagine, occhi

cavi, caccia e conoscenza del sangue;
sotto, le colonie e la religione
dei banchi; ancora sotto la saggezza
di essere ciechi. È questo il mare: il filo

magro che nasconde l’agitazione
delle murene, il sopore che imbeve
d’ossigeno la fame piatta, mentre
il silenzio sopracqueo comanda

coscienza, e i continenti si diliscano.

V. Mammalia

La società nasce da un grave errore
di adattamento: le grida, ad esempio,
andavano prese come segnali
d’allarme; e niente all’ombra di Babele

sarebbe mai apparso. Al fondo dei figli
delle madri c’è un fatto di placente,
di penosi ingombri da gestazione –
e l’illusione dell’intelligenza

è riconducibile a due pollici
finemente sviluppati. I cetacei
partecipano lo stesso ai vivipari,
portano il ventre-mondo dall’abisso,

così come i chirotteri in planaggio;
poi le foche, i leopardi confermano
la mutazione della pelle come
viatico alla conquista di tutto

l’emisfero. Dentro il coito si tiene
il labbro, la filigrana sottile
che rischia una seconda dimensione:
viene un fortissimo odore – dal pelo

diviso l’altro animale può uscire.

Antonio Francesco Perozzi (1994) vive a Vicovaro, in provincia di Roma e insegna nella scuola secondaria. Ha pubblicato il romanzo Il suono della clorofilla (L’Erudita, 2017) e le raccolte Essere e significare (Oèdipus, 2019, prefazione di Francesco Muzzioli) e Lo spettro visibile (Arcipelago Itaca, 2022, introduzione di Pasquale Pietro Del Giudice, segnalato al Premio Montano 2021). Ha vinto il primo premio della sezione per testi singoli inediti del premio Bologna In Lettere 2022 con la poesia Poesia del ritorno. Suoi racconti, articoli, poesie, e lavori vari (sia visivi che sonori) sono presenti in riviste, giornali e blog. Si occupa di critica per Grado Zero e lay0ut magazine, tiene la rubrica “Patch panel” per utsanga. È tra i fondatori del gruppo Liminalismo. Collabora con Poesia del nostro tempo.

Blog personale: lamorteperacqua.wordpress.com

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