l’autore racconta
Mi imbarazza parlare dello scrivere come di una missione o di una vocazione. La mia missione è vivere il mio tempo come posso, nel migliore dei modi che mi sono concessi, facendo il possibile per tenere tutto in piedi con l’aiuto del mio branco (mi dispiace che la parola branco venga spesso usata con accezione negativa). Scrivere è una attività che svolgo, tra le molte, ma è anche quella che coltivo da più tempo, l’unica che ho portato avanti con costanza, e quella che mi piace di più nell’ambito delle cose di lavoro, perché è anche una cosa di passione. Ho iniziato perché mi riusciva bene (potremmo dire dunque, in un certo senso, per pigrizia). Non mi interessava l’invenzione, allora ho pensato che mi interessasse la cronaca. Ho ricercato, in anni di diari personali bruciabili, il sistema per rappresentare in modo interessante i frammenti degni di narrazione delle mie giornate. Non ce n’erano, e non ero neanche abbastanza ribelle da andarmeli a creare con le trasgressioni. Ho capito che non mi interessava neanche la cronaca, ma trovare il modo di rendere appetibile all’orecchio altrui quella crepa nel muro, di convincere l’interlocutore – o il lettore – che poteva ridere e piangere guardandola. Dalla scrittura mi aspetto la stessa cosa che mi aspetto (che anelo) dalle persone care, che stia con me per quanto più tempo possibile.
La questione più che altro è il mio romanzo di esordio ed è il tentativo di tenere insieme, fermo lì, tutto quello che non volevo mi scappasse per sempre dalle mani. Ho preso la famiglia, gli amici, lo studio, il lavoro, la malattia del corpo e dello spirito, le risate (tante), i pianti (abbastanza anche quelli) per come li stavo vedendo e vivendo e quando ne ho avute le forze li ho smontati e rimontati, restituendo una cosa che adesso può essere di chiunque la voglia mettere insieme alle sue. È la storia di Gaia che vive una vita normale, in cui normalmente si hanno nonne che fanno i voti ai santi e nonni appassionati di armi da fuoco, si vive sotto viadotti da cui piovono persone, le genitrici fanno i turni di notte, i genitori ridono anche con tracce di polmoni nella nicotina, i gatti si credono persone, le aziende sembrano comunità di recupero e viceversa, le città fumano per il troppo calore e colano per la troppa acqua, tutto è a posto, niente è in ordine, e vale la pena ridere di noi stessi anche quando ci si saluta e non è chiaro se ci si rivedrà. La questione più che altro è uscito il 17 settembre 2015 per nottetempo, nella collana narrativa.it, curata da Chiara Valerio, ed è una cosa davvero molto bella perché ci sentiamo capiti (io e il libro, intendo).
La foto di Ginevra Lamberti è di Giulia Gattere,
quella della copertina è della fotografa e artista visuale Margherita Morgantin.