
Dalle tenebre sfavillanti di questo libro si innalza un canto profondo e solenne, in cui la parola poetica è circonfusa da un alone tragico e fatale che si manifesta nella sonorità della lingua spagnola, lingua visionaria e mistica per eccellenza. Nelle poesie che contiene si svolge un dialogo scandito dal ritmo infuocato tra due donne-poeta, Silvia Favaretto e Alejandra Pizarnik. Questo dialogo ci parla d’incendio, ferite, sangue, ceneri, cicatrici, carne e destino. Sfogliandone le pagine, incontriamo una tribù di parole mutilate che fremono, rivendicando il loro diritto di venire alla luce. Se concordiamo con quanto affermava un’altra donna-poeta, Emily Dickinson, che i nostri migliori amici sono quelli a cui non dicemmo mai parola, possiamo comprendere pienamente quanto il legame tra Silvia ed Alejandra sia profondamente ed empaticamente autentico. Solo con chi conosciamo attraverso la sua scrittura e che con le sue parole è in grado di toccarci, possiamo instaurare un profondo legame di consonanza che crea quell’intimità assoluta che spesso non siamo in grado di avere con quanti ci sono familiari e prossimi. Solo dialogando con questi interlocutori assenti che ci hanno lasciato in eredità le loro parole possiamo imparare a conoscere il nostro dire poetico e distillarne un canto che diviene elisir d’immortalità. Perciò Silvia ed Alejandra sono unite, oltre lo spazio ed il tempo dai fili della parola poetica che crea tra loro un legame profondo e magnetico. Dalle profondità oscure della corporeità di queste due donne scaturiscono parole corrusche e notturne che rimbalzano dall’una all’altra come in una fuga di specchi. Silvia s’immerge in questa catabasi infera, eleggendo Alejandra guida e sibilla di questo viaggio. Mi piace immaginarle circondate dall’atmosfera notturna di un locale di Buenos Aires, nel quartiere de la Boca, mentre danzano insieme un tango tra tavolini e sedie vuote, in un’atmosfera fumosa, tragica, metafisica e surreale. I portacenere sono pieni di cicche spente di sogni svaniti, ma è proprio dalle ceneri di questi sogni bruciati che si sviluppa l’ardenza, l’incandescenza delle loro parole che con potenza destrutturante e rigenerante ci affascinano e travolgono. La loro danza è una danza sul limite, ai confini dell’esperienza corporea e sensoriale che acquista forza ed energia travolgenti. Dice Alejandra: “estas palabras como piedras preciosas/en la garganta viva dei un pajaro petrificado” Le risponde Silvia:“Un poema, quizàs,/como un tizòn ardiendo/como una navaja que se clave/en cada uno de mis deseos” (Declaraciòn de intentos) e ancora Alejandra “Cansada de sostener las mismas vìsceras/cansada del mar indiferente a mis angustias/ Cansada de Dios! Cansada de Dios!” e Silvia “Luego, despacito hundirè la mano/debajo del pecho izquierdo y /sacaré el mùsculo primitivo/ para dejàrtelo a vos/ envuelto en papel de aluminio./Haz buen uso de esta viscera,/ es la ùnica que en mi vida/ha realmente importado. (Cansada de Dios) Più si procede nella lettura, più il dialogo si fa teso e serrato. Alejandra: “un puro errar / de loba en el bosque/ en la noche de los cuerpos/para decir la palabra inocente.” Silvia risponde :“Acaso la palabra “inocencia” es inocente?”/ Es que la palabra “verdugo” de verdad asesina?/ Soy sòlo un crisol de palabras e ingenuidades,/ escribo como un torero/ que su banderilla/ en el toro/ clava.” Sono parole forti, travolgenti, attraversate da quella collera che Silvia definisce JUSTA come dev’essere la collera del poeta che si ribella ad un mondo che costringe a diventare prevedibili e rassegnati. Sopportare con grazia ed educazione i colpi del destino non permette mai di conquistare l’amore cercato ed anelato da sempre, rende solo più affidabili, ma sempre affamati. In certi momenti dell’esistenza, in cui tutto appare senza speranza la Poesia ci chiama, ci viene a prendere e non chiede permesso a nessuno. Essa s’innalza in un empito di rivolta, in un desiderio di riscatto assoluto che ci liberi dai timori che ci assediano e dalle speranze disattese. Liberandoci dal timore del castigo o dalla speranza di ricompensa potremo danzare finalmente nel buio il tango solenne e fatale che rappresenta la vita stessa. Così il libro si conclude, con le parole di Silvia che getta la sua sfida: “Vengan! Vengan/ a desclavarme el verso/ que esta maniàtica me clavò/ en la clavicula! / Quiero aire libre, pureza,/ No màs poesìa! No màs..” Come afferma André Breton nel suo romanzo surrealista “Nadja”, “La bellezza sarà convulsa o non sarà.”, scardinando il concetto di bellezza da tutti quegli stereotipi che la volevano esempio di armonia, equilibrio e misura, rivendicando invece l’immagine della bellezza come movimento, esposione, desiderio. Silvia ed Alejandra hanno accolto questa lezione e si sono immerse nella notte dei loro corpi, danzando magnificamente nel buio.
Silvia Favaretto (Italia, 1977) ha ottenuto vari premi letterari italiani (INVES Palermo, 1998 – VALLE SENIO, 1999 – Malattia della Vallata, 2003 – Ibiskos 2006) e ha partecipato a festival letterari in America Latina come il Festival Internacional de Poesía en Medellín, Colombia. In veste di traduttrice ha pubblicato le sue versioni all’italiano di poeti sudamericani. Queste le edizioni dei suoi libri di poesia in versione bilingue italiano- spagnolo: La carne del tiempo (prima edizione colombiana 2002, seconda edizione argentina 2004), La Tetra santità e il variopinto orrore (2003), Parole d’acqua – Palabras de agua (2007), l’ipertesto El sacrificio de la mar, il cd recitato Veneziaires Multiverso, oltre alla fiaba La mariposa Rossella. Nel 2008 è stata pubblicata in Messico un’antologia personale di tutta la sua opera, Entre la carne y las palabras (casa editrice Atemporia). Nel 2011 è stato pubblicato a San José, Costa Rica, una raccolta antologica della sua produzione, arricchita da degli inediti, Jardín Ardiente (pubblicata dalla Casa de poesía all’interno del Festival internazionale). Nel 2014, vengono date alla stampa tre sue opere, La noche de los cuerpos per il Proyecto Editorial La Chifurnia di El Salvador, all’interno del Festival de poesía de Occidente , Sacrobosco e Desde la mirilla del ombligo (Ediciones El Humo, Messico). Ha ottenuto un dottorato di ricerca in studi iberici e angloamericani presso l’università Ca’ Foscari, nella quale ha esercitato la docenza come assegnista di ricerca. Ha realizzato ricerche riguardanti la letteratura e la storia politica dell’America Latina e si è dedicata anche al giornalismo con articoli e recensioni. É condirettrice della “Rivista 7Lune” e lavora attualmente come insegnante e traduttrice a Venezia.