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Foto di Rosalia Ceruso

Davide Gariti è nato a Palermo nel 1976. Nel 2014 ha pubblicato l’e-book Due minuti all’ombra, presso La Recherche. La sua ipotesi di scrittura è quella di una ricerca rigorosa e inesausta, che lo ha portato a esordire quando molti dei suoi compagni di strada si erano già fatti ampiamente conoscere: ma in poesia non vince chi arriva prima; vince – se c’è qualcosa da vincere – chi ha il fiato lungo. Davide frequenta la poesia senza distinzioni o discriminazioni; ha voluto con ostinazione mantenere un rapporto con le generazioni precedenti; è andato alla ricerca dei padri o dei fratelli maggiori senza timore di essere assorbito, ma con l’intento di trovare l’intonazione della propria voce nella grande officina dei suoi contemporanei. Si è dato, insomma, dei tempi più distesi, che sono quelli necessari alla poesia quando vuole incarnare la propria necessità, quell’«essenzialità oltre l’individuo» di cui parla un poeta come Elitis e che ci porta ogni volta a misurarci con la nostra comune finitudine. Quella di Davide corrisponde a un recinto urbano e domestico, come confermano queste più recenti prove; il legame tra esterno e interno (il cielo serale annuvolato, la stanza) è sancito dalla corporeità del soggetto osservato. Le nuvole sono l’immagine che torna in ciascun componimento, e sono ora «impalpabili» come i sogni, oppure si assestano come un «nero» incombente e minaccioso che potrebbe desertificare ogni referente, annientarlo sotto l’urto di un sale granitico. Sono infine il cielo della mattina, di ogni mattina dietro cui si colgono il degrado e la reificazione dell’individuo: Gariti è sempre attento alla dimensione sociale, sulla scia di un autore a lui particolarmente caro come Pasolini. Eppure il suo punto di partenza è ancora quello di un’intima dolcezza, di un approccio ancora sognante alla realtà, mentre questa si affatica a distruggere le necessarie illusioni; un polo di tensione, un elemento perturbante è sempre presente in questi versi, a fare da contraltare, a ricordarci che l’infanzia è finita per sempre, lasciando spazio a una «pietà profonda e deturpata».

*
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Sono le crepe delle tue ossa
queste nuvole serali
che muovono in fila
disunite, come il tuo viso
articolano estensioni millimetriche.
Attaccato l’orizzonte al tuo bacino
traccia una banchina per riposarsi
dietro le fiammelle delle case
dove tutto si perde nel giudizio
lontano di una notte alle porte.

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Si avverte il tuo respiro
nella notte, in questa stanza:
tu dormi con la bocca spalancata
sembri accogliere i sogni come nuvole
impalpabili discese dal cielo.

Sono sveglio!
I miei occhi sgranati sprofondano
nel buio pesto del cratere
e non voglio niente
neppure dormire.

Il bagliore fioco arriva presto
dalle persiane accostate.

*

*
Nel folto del tuo mondo
ti sei destata con occhi
di paglia scura, bruciata.
La camera si lascia dormire
quietamente preserva i pranzi
le cene fumanti di arrosti
ed il piccolo volatile mangia
le sue briciole sul davanzale.
Cadono dal nero delle nuvole
granitiche gocce di sale.

*

*
Si nasconde una pietà
profonda e deturpata
dietro le nuvole
di questa mattinata.

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