jonas-catania

Nato per fornire soluzioni e proposte di intervento per i  problemi psicologici e sociali che affliggono la Sicilia

 

Il Centro JONAS – spiegano i membri del Jonas Catania (Emanuele Lo Monaco, Giuseppina Lanzafame e Melissa Idonia) – è un centro clinico di psicoanalisi che nasce nel 2003 dal desiderio deciso  del dr. Massimo Recalcati, uno degli psicoanalisti più noti e stimati in Italia, con lo scopo di favorire la promozione di iniziative di intervento sui cosiddetti nuovi sintomi del disagio contemporaneo (anoressie-bulimie, dipendenze, attacchi di panico, depressioni, disturbi psicosomatici, disagio della famiglia). Gli elementi che caratterizzano la proposta di Jonas ruotano attorno alla centralità assunta da queste forme di disagio, divenute epidemiche nella nostra civiltà, e alle modificazioni storico-sociali in cui queste forme di disagio si situano. Nell’epoca contemporanea, infatti, assistiamo ad un declino sempre più diffuso della funzione del limite e dei valori ideali capaci di orientare l’individuo alla scoperta della propria soggettività. Il rischio che osserviamo è quello di un’adesione massiccia all’ideale dell’omologazione e al godimento sfrenato e illimitato di oggetti di consumo, che genera individui schiavi della propria solitudine ed incapaci di affrontare le sfide che la vita propone.  Gli psicoanalisti che lavorano nei Centri Jonas non sono però solo attivi nei loro studi, pronti ad accogliere il disagio e le domande d’aiuto di ciascuno, ma hanno deciso di essere presenti nella vita sociale e culturale della città, promuovendo iniziative, incontri, dibattiti, progetti di prevenzione, legami con altre associazioni che si interessano a vario titolo alle problematiche legate alla contemporaneità. Siamo infatti fermamente convinti che la psicoanalisi possa fornire le risposte giuste per decifrare e contrastare la spinta alla dissipazione che abita il nostro tempo. Dalla sua nascita nel 2003 ad oggi i Centri Jonas in Italia si sono moltiplicati ed hanno ottenuto un consenso sempre crescente ed importanti riconoscimenti per il lavoro condotto nella cura dei sintomi contemporanei. Attualmente le sedi in Italia sono 22 e la nostra sede di Catania, la prima ad aver aperto in Sicilia, porta con sé la scommessa di portare anche qui la nostra esperienza e la particolarità del lavoro clinico e sociale svolto in altre parti d’Italia, al fine di fornire soluzioni e proposte di intervento per i problemi psicologici e sociali che affliggono la Sicilia.

Potete parlarci delle vostre esperienze formative, dei rispettivi percorsi professionali e di studio e del modo in cui le vostre competenze si fondono e intersecano tra loro in questo progetto comune?

Attualmente Jonas Catania è composta da tre soci: Emanuele Lo Monaco, presidente di Jonas Catania, è psicoterapeuta e psicoanalista membro di Alipsi (Associazione Lacaniana Italiana di Psicoanalisi). Si è laureato in psicologia all’Università di Padova, diplomato in psicoterapia all’IRPA di Milano e ha condotto la propria formazione analitica personale con il dr. Massimo Recalcati. Ha contribuito a fondare il Centro Jonas Veneto ed ha lavorato a Padova, oltre che come libero professionista, nel reparto di Disturbi Alimentari della Casa di Cura “Parco dei Tigli”. È membro di Jonas sin dai suoi inizi e le sue principali aree di intervento clinico sono rappresentate dal trattamento dei sintomi contemporanei (disturbi alimentari, depressioni, attacchi di panico, dipendenze); Melissa Idonia è laureata in filosofia e in storia della filosofia a Catania, ha successivamente frequentato un corso triennale di formazione in Counseling Filosofico presso la Scuola Superiore di Counseling Filosofico di Torino e il Corso di specializzazione sulla clinica psicoanalitica dei nuovi sintomi a Milano. Attualmente si occupa prevalentemente di adolescenti nelle scuole realizzando progetti finalizzati allo sviluppo delle capacità logico-argomentative attraverso l’utilizzo di strumenti propri della pratica filosofica; Giuseppina Lanzafame è laureata in psicologia, ha frequentato presso il Cerps di Palermo il corso di formazione alla psicodiagnostica clinica  integrata, a Milano il corso di specializzazione sulla clinica psicoanalitica del disagio infantile contemporaneo presso l’associazione Gianburrasca ed il corso di specializzazione  sulla clinica psicoanalitica dei nuovi sintomi presso Jonas Milano.  Ha svolto esperienza di formazione clinica al Policlinico di Catania, presso l’ambulatorio di psicologia clinica e psicodiagnostica ed in collaborazione con il reparto di Clinica pediatrica e Malattie metaboliche rare. Specializzanda in psicoterapia ad orientamento psicoanalitico freudiano-lacaniano,  svolge attività  privata di psicologo a Catania e da quattro anni  insegnamento in un master in psicodiagnostica clinica presso L’APA di Catania. 

Potreste parlarci delle novità che Jonas offre a chi volesse accostarsi per la prima volta o perché deluso da altri percorsi terapeutici o perché – ad esempio – impossibilitato economicamente?

Tutti coloro che lavorano nei Centri Jonas condividono una solida e rigorosa formazione psicoanalitica sul trattamento dei sintomi contemporanei. In tal senso, chi lavora in Jonas non propone pacchetti di intervento preconfezionati e validi per tutti né mira alla cancellazione immediata del sintomo o ad un illusorio rafforzamento delle componenti cognitive-prestazionali dell’io. Pensiamo infatti che tutte quelle forme di intervento psicologico basate sul rafforzamento del principio di prestazione dell’individuo non facciano altro che colludere fatalmente con la matrice stessa che produce i sintomi di oggi: non tanto patologie del mancato adattamento, ma patologie legate ad un eccesso di adattamento ad una norma sociale anonima, che cancella la particolarità del desiderio di ciascuno.  

Chi lavora in Jonas innanzitutto assegna un valore particolare alla parola di ciascuno; non pensiamo infatti che il sintomo sia un errore da correggere e la terapia, di conseguenza, una sorta di apprendimento di una buona pratica di comportamento. Le cose sono più complesse. Spesso chi si presenta ai nostri Centri è rimasto fortemente deluso da precedenti terapie che offrivano illusorie e sbrigative soluzioni alla sofferenza. Innanzitutto bisogna dare parola al soggetto nella particolarità della propria storia e capire in che modo quel determinato problema si inscrive nella vita del soggetto. Fare spazio al soggetto al di là del marchio sintomatico che lo assilla, dare spazio alla possibilità della costruzione di un desiderio. Come hai accennato nella domanda, una dei principali elementi etici che Jonas ha introdotto sin dalla sua nascita è quello di rendere sostenibile economicamente un percorso di cura psicoanalitico, da sempre considerato un percorso destinato ad una élite economicamente benestante. Ciascuno, se desidera intraprendere un percorso psicoanalitico, può “dare” a partire dalle proprie disponibilità. Immagina la reazione del mondo psicoanalitico (e non solo) quando è stato introdotto questo criterio: hanno urlato all’eresia! La morale della favola è che oggi molti, anzi, quasi tutti hanno copiato, nella propria pratica clinica, questo criterio introdotto dai Centri Jonas. Ma all’inizio non era assolutamente così. 

Quali sono e in che modo si manifestano le problematiche, i disagi, i sintomi più frequenti oggi tra le persone che scelgono un percorso di trattamento psicoanalitico?

I Centri Jonas si occupano della prevenzione e della cura dei sintomi contemporanei, della cosiddetta clinica del vuoto. Cosa si intende per  clinica del vuoto? In passato, da un punto di vista psicoanalitico, il sintomo era generato dal contrasto, dal conflitto tra la pulsione e la civiltà che imponeva un limite al soddisfacimento pulsionale. Nella civiltà, il legame con l’altro era possibile a condizione della rinuncia pulsionale del proprio soddisfacimento egoistico e all’apertura all’ incontro, sempre imprevedibile e privo di garanzie, con l’altro.  Oggi, il sintomo contemporaneo modifica questo assetto ed assume un‘altra configurazione. Mentre prima si assisteva alla presenza di un limite, che generava mancanza e che a sua volta generava desiderio, oggi il sintomo è caratterizzato dal “tutto” e dal “vuoto” e ciò che orienta non è la relazione con l’altro bensì con un partner inumano. Oggi vi è rottura del legame con l’altro e l’unica relazione possibile è con l’oggetto proposto dalla società dei consumi quale unico possibile a colmare il vuoto. Ma paradossalmente, più il soggetto intesse una relazione con l’oggetto, più si nutre e gode di quell’oggetto, più si crea un vuoto abissale. L’oggetto quindi non riempie il vuoto ma lo riproduce. Tale vuoto deve essere colmato da un altro oggetto, il nuovo smartphone, ad esempio, le droghe, gli psicofarmaci, il cibo… Possiamo prendere ad esempio il sintomo bulimico, dove il cibo non è mai abbastanza e non soddisfa mai tanto sì da doversi svuotare e ripetere la stessa  dinamica per sentire il vuoto per l’appunto. Oppure nell’anoressia dove si vive letteralmente  di vuoto. Ed ancora le tossicomanie e le dipendenze a qualsiasi livello, dove l’unica relazione possibile è con la sostanza, l’oggetto che crea dipendenza, mai pienamente soddisfacente e che crea vuoto, vuoto incolmabile. In Jonas si lavora sulla possibilità del soggetto di avere una relazione alternativa non più con l’oggetto, ma con l’altro da cui fugge, con un altro che limita, si, ma che dà il senso del proprio limite e rinvia ad una possibilità  di essere nella società, di prendere parte alla società come soggetto. Soggetto unico, fuori dalla logica del prêt-à-porter, ma vestito di un abito su misura, dal taglio unico e peculiare.

Che ruolo ha l’inconscio in questo tempo presente punteggiato da dipendenze compulsive, ansie diffuse e incapacità di vivere in maniera sana ed equilibrata la dimensione pulsionale e affettiva?

L’inconscio ha funzione fondamentale perché nell’esibizione del sintomo può dire qualcosa del soggetto, della sua peculiare modalità di sofferenza, della sua storia, della sua singolarità. Oggi viviamo in un tempo in cui l’esistenza stessa dell’inconscio è messa a dura prova, i sintomi contemporanei sono sintomi “muti” che non rimandano ad un altrove. Il soggetto rimane congelato all’identificazione all’insegna del sintomo stesso. Uno dei compiti principali di Jonas è quello di far esistere la possibilità dell’inconscio, di permettere al soggetto di scoprire una passione più forte rispetto alla ripetizione infernale garantita dal sintomo.

E il desiderio, che ruolo ha?

Il desiderio, nell’ottica del sintomo contemporaneo viene messo da parte, perché il desiderio per suo statuto, si fonda sulla mancanza,  mancanza necessaria per accedere ad una relazione autentica con l’Altro. Oggi prevale solo la dimensione della domanda schiacciata dall’urgenza del bisogno, oggi il soggetto vuole solo avere, consumare e godere. Nel nostro tempo il desiderio viene banalizzato e confuso con il mero capriccio. Niente di più distante dalla logica del desiderio! Poter riscoprire la logica del desiderio significa mettersi al lavoro, riscoprire interesse per il mondo, impegnarsi in un progetto di vita particolare, con tutte le difficoltà che comporta e che conduce ad una soddisfazione più forte e gratificante di quella anonima e inconsistente fornita dal discorso contemporaneo.

L’approccio filosofico come si sposa con quello psicoanalitico?

La filosofia è innanzitutto analisi attenta dell’uomo e della società. Ricoeur, Deleuze, Derrida e tanti altri, sono filosofi delle scienze umane che hanno studiato analiticamente le interazioni tra l’uomo e la società sollevando dubbi e domande circa la certezza di un Io autocosciente padrone di sé e del mondo. Questo mi sembra essere il punto di partenza della psicoanalisi che sin dagli albori si è orientata alla ricerca di un senso del disagio psichico che potesse in qualche modo fornire delle risposte al più generale disagio sociale. Ma il continuo rimando tra filosofia e psicoanalisi è ancora più evidente in Lacan il cui confronto con la filosofia si evince come sottofondo ineludibile in ogni  angolatura di pensiero; persino la critica alla categoria filosofica di verità (da cui poi deriva l’inclusione di Lacan nel sistema di pensiero dell’anti-filosofia operata da Badiou) lascia intendere la necessità per la psicoanalisi di un continuo confronto con la filosofia, sia esso di critica o di supporto. Allo stesso modo è innegabile l’interesse della filosofia per la psicoanalisi che ha chiaramente rivoluzionato la visione antropologica classica.

In che modo pensate di estendere la vostra proposta?

L’obiettivo principale di Jonas è scendere nel sociale attraverso iniziative che possano coinvolgere attivamente i soggetti. Per questo ci impegniamo periodicamente nell’organizzazione di seminari o luoghi di incontro e nella realizzazione di progetti di prevenzione rivolti prevalentemente alle scuole (alunni, genitori e docenti). Occorre precisare che la prevenzione operata da Jonas rappresenta una novità rispetto agli interventi tradizionalmente operati, in quanto non intende impartire passivamente nozioni finalizzate alla correzione di comportamenti patologicamente scorretti: la semplice trasmissione di contenuti, infatti, rischia di non lasciare alcun segno e, talvolta, può addirittura produrre l’effetto contagio. Jonas intende piuttosto operare un’attività di prevenzione in grado di fare breccia sulle emozioni interpellando direttamente e attivamente i soggetti. Si tratta, quindi, di prevenzione intesa come occasione per mettere in moto il desiderio: crediamo infatti che solo alimentando il desiderio sia possibile prevenire con efficacia il disagio sociale e personale. 

Con quale o quali metodi, approcci, il trattamento analitico può affrontare l’ascolto dell’altro superando lo scoglio delle resistenze soggettive, se il soggetto stesso non presta più ascolto ai propri  sintomi? Potreste offrire una panoramica sulla costellazione teorica e clinica, filosofica in cui vi muovete?

Come abbiamo avuto modo di ribadire prima, l’orientamento clinico dei Centri Jonas è quello psicoanalitico, ispirato innanzitutto all’ insegnamento di Lacan e agli indispensabili contributi teorico-clinici di Massimo Recalcati. Eppure, sin dalla sua fondazione, il Centro Jonas ha accolto il contributo di filosofi, intellettuali, psicoanalisti di altri orientamenti al fine di sostenere l’avanzamento della ricerca nel campo del trattamento dei nuovi sintomi e per creare un fronte comune in contrapposizione alle forme di psicoterapia basate sulla suggestione e ispirate alla riduttiva normalizzazione delle aspirazioni dell’individuo. Dunque, all’interno della comunità di lavoro dei Centri Jonas il confronto non solo è sempre stato accolto, ma soprattutto fortemente valorizzato. Questo ha rappresentato a livello nazionale un grande punto di forza nella ricerca e nella costruzione di solidi legami di amicizia, ma, d’altro canto, ha alimentato inevitabili polemiche con gli approcci più “ortodossi” e massimalisti della psicoanalisi. Siamo fermamente convinti dell’importanza di muoversi all’interno di una cornice teorica coerente, ma che rimanere esclusivamente ancorati al proprio campo di riferimento teorico-clinico risulti essere sterile e autocelebrativo.

Infine, potete darci qualche anticipazione sulle iniziative future.

Il cantiere di iniziative di Jonas Catania è sempre aperto e stiamo lavorando a numerose iniziative nel territorio di Catania e non solo: ad ogni modo, per chi volesse essere costantemente aggiornato rispetto alle nostre iniziative può seguirci sulla nostra pagina facebook oppure mandare una mail all’indirizzo: catania@jonasonlus.it 

Potrebbero interessarti