“Diamoci Verso”, un importante momento di confronto sulla poesia in Sicilia.

Giornata di studio accolta dall’VIII Premio Letterario
“Paolo Prestigiacomo” San Mauro Castelverde

 

Diamoci verso. Visioni, pratiche e ricognizioni della poesia in Sicilia”, è il titolo della giornata di studio, che, su iniziativa della Segreteria organizzativa (composta da Fabrizio Ferreri e Grazia Calanna), si terrà nel giorno antecedente la cerimonia di premiazione dell’VIII Premio Letterario “Paolo Prestigiacomo” indetto dal Comune di San Mauro Castelverde, in provincia di Palermo, in collaborazione con il periodico culturale l’EstroVerso.
Una sorta di Stati generali della poesia in Sicilia, un momento di raccordo e di confronto pensato per tutti coloro che praticano o si occupano di poesia in Sicilia. La giornata (20 agosto 2021, antecedente la serata finale dell’VIII Premio Letterario “Paolo Prestigiacomo” San Mauro Castelverde di sabato 21 agosto 2021) si concluderà con una lettura serale lungo le vie del borgo madonita e vedrà la partecipazione dei poeti siciliani che sceglieranno di esserci. Il Comitato Scientifico della giornata di studio, designato dalla medesima Segreteria, è composto da Andrea Accardi, Giuseppe Condorelli, Diego Conticello.
Tutti possono rispondere alle 4 call, sottoponendo alla Segreteria organizzativa e al Comitato Scientifico, che daranno riscontro in tempi celeri e in una chiara ottica di inclusività, entro il prossimo 20 luglio 2021, via mail (ferrerifabrizio@hotmail.com e graziacalanna@lestroverso.it), la propria proposta di intervento (con il titolo, un abstract di 1000 caratteri spazi inclusi e l’indicazione della call di riferimento).
Altresì, tutti i poeti siciliani, scrivendo alle mail suindicate (alle quali inviare, entro il medesimo termine del 20 luglio 2021, una propria biografia sintetica in 5 righe) possono prenotarsi per partecipare con i propri testi alle letture serali (l’ottica rimane quella dell’inclusività, verrà data precedenza a coloro che saranno presenti alla “Giornata di studio”).

Riportiamo di seguito le 4 call

 

1

Che farne della Sicilia?
Poesia regionale e logica simmetrica

(Andrea Accardi)

Le rappresentazioni letterarie della Sicilia sono state spesso viste dai siciliani stessi alla luce di due complessi opposti e complementari: un senso di inferiorità carico di provincialismo, barocco attardato, isolamento, e l’alternativo senso di superiorità che vede nell’isola il caso, la metafora per eccellenza, un’insostituibile condizione esistenziale. In realtà la letteratura prodotta in Sicilia non funziona diversamente da quella nata altrove, e se vale lo fa proprio perché agita, mobilita classi logiche generali in cui possono rispecchiarsi i siciliani come i non siciliani. È fra le altre l’idea dello psicoanalista cileno Ignacio Matte Blanco: accanto alla logica asimmetrica che distingue fra loro gli elementi, opera un’altra logica, di tipo simmetrico, che porta invece a coincidere individuale e universale. E allora tanta ottima poesia prodotta negli ultimi anni in Sicilia o comunque da autori siciliani, pur essendo precisamente localizzata, è riuscita a compiere un salto simmetrico che l’ha resa capace di rivolgersi a tutti, di veicolare significati che finiscono per trascendere la loro origine geografica, che partono da quella per poi potenziarla infinitamente. A chi vorrà intervenire si chiede quindi di ragionare:
1) sui modi in cui certe scritture poetiche, in prima istanza così legate a luoghi e paesaggi strettamente regionali, sappiano poi creare un discorso che non può dirsi soltanto siciliano, nella misura in cui potentemente parla a qualunque lettore
e quindi
2) su come certi topoi geografici, locali, regionali diventino luoghi-mondo, emblemi di istanze universali.

 

2

Sulle spalle dei giganti? La tradizione del secondo Novecento e la nuova poesia in Sicilia. Suggestioni e contaminazioni

(Giuseppe Condorelli)

Negli Isolari rinascimentali – sorta di atipici atlanti – le isole (delle quali si descrivevano accuratamente gli aspetti fisici, antropologici, storici ed economici) erano in grado di ospitare chimere, di accogliere utopie: erano i paesi delle meraviglie. La Sicilia non sfugge, più di ogni altra isola, a questa schematizzazione fortemente sedimentata nella mentalità collettiva e soprattutto letteraria: si pensi solo al modo fuorviante in cui è stato letto e inteso Il Gattopardo. Uno dei nostri compiti è allora prendere rigorosamente le distanze da questa imaginarìe e rappresentare e descrivere la produzione letteraria nell’isola – la poesia in corso – almeno con il “criterio della responsabilità”: di uno sguardo cioè epurato da ogni bovarismo, per ri-mappare la geografia poetica della Sicilia: «se si dimentica infatti – come scriveva Alfonso Berardinelli – l’ingovernabile singolarità di autori e testi, se non si è in grado di percepirli e descriverli, si annega in categorie che sembrano universali e profonde, ma sono solo generiche».
L’idea è dunque osservare il farsi della poesia siciliana – o meglio, della poesia pensata e scritta da siciliani – e soprattutto delinearne un primo, provvisorio profilo (forse appena storicizzato) attraverso quegli autori che hanno intrecciato rapporti e relazioni profonde non solo con la poesia italiana ma anche con i “maestri” siciliani del secondo Novecento, a partire dalle esperienze più significative, da Cattafi alla Attanasio fino a Scandurra (senza eventualmente escludere il dialetto: Guglielmino e Calì su tutti, oltre al “porto facile” di Buttitta).
1) La pratica e il confronto con la lettura dei classici siciliani costituisce un criterio nella produzione poetica?
2) Quale tipo di influenza ha esercitato il secondo Novecento siciliano sull’acquisizione di uno stile?
3) La «linea a serpentina» di cui parlava Pasolini a proposito delle spinte centrifughe delle esperienze linguistiche marginali, cosa ha prodotto e continua a produrre in Sicilia?

 

3

Lo stile dei luoghi.
Influenze geografiche nella lingua della poesia

(Diego Conticello)

La poesia è sempre più negli ultimi decenni un genere letterario relegato al con-fine, schiacciato dalla velocità dei mass-media da un lato e dalla lingua semplificata della prosa main-streaming dall’altro, che non le consentono di recuperare lo spazio e la prevalenza di tempi non troppo distanti. In accordo con le definizioni di Gilles Clément in Manifesto del Terzo paesaggio, e ancor prima di Sieyès (Terzo stato, 1789) occorrerebbe pensare a nuove prospettive per le quali la poesia potrebbe, in ragione di una similitudine con gli spazî fisici abbandonati, ritornare ad essere valorizzata come «territorio di rifugio per la diversità, ovunque, altrove, questa è schiacciata» e pertanto l’ampliamento di tali contesti permetterebbe un allargarsi della diversità stessa, e la relativa “protezione” delle differenze linguistiche e stilistiche si rivelerebbe indice di aumento conseguente della ricchezza di codici e contenuti.
A chi vorrà intervenire si chiede di confrontarsi con le tematiche:
1) se la poesia può essere luogo di rifugio delle diversità di lingua e di stile (situazione passiva), può anche essere a pieno titolo il luogo dell’invenzione possibile (situazione attiva)?
2) Una eccessiva pressione dell’appiattito linguaggio mass-mediale e prosastico può rischiare alla lunga di far “perdere diversità” quindi di ridurre e/o addirittura cancellare gli spazi della poesia?
3) Può esserci negli autori una corrispondenza di lingua e stile identificabile in base a una particolare provenienza geografica fisica, ovvero all’aumentare dell’indice di diversità presente in una determinata zona geografica in termini di “paesaggio” può corrispondervi una più o meno pronunciata ricchezza stilemico/linguistica e persino fonica? In tal modo l’attuale tendenza a una standardizzazione del linguaggio potrebbe essere effetto di un eccesso di “metropolizzazione” dell’attuale scena autoriale italiana con la conseguenza di una perdita di diversità e un graduale avvicinamento alla lingua mainstream?

 

4

Ognuno per sé, nessuno per tutti: la poesia siciliana
nel generale deficit di rappresentatività della poesia contemporanea

(Fabrizio Ferreri)

Ben al di là dei temi e dei motivi presenti nei testi poetici, la pratica poetica va esaurendosi sempre più in una dimensione puramente privata, anche nelle scritture che congedano l’io.
Una simile debolezza dipende sia da condizioni oggettive di contesto, particolarmente fragili in Sicilia (pochi luoghi di confronto per la poesia, limitata incidenza delle riviste, ruolo insufficiente dell’editoria, scollamento tra sistema universitario e poesia contemporanea, …), sia spesso (non sempre) dallo scarso contributo del poeta stesso alla costruzione di questo contesto/ambiente “culturale”. Vi è generalmente scarsa consapevolezza della necessità di un simile impegno. Eppure, fuori da questa cornice, la poesia è semplicemente un altro mezzo per accumulare “capitale privato”.
Scrivere versi, recensire altri poeti, stendere qualche nota o intervento critico: così ridotta la poesia si reclude in uno specialismo asettico ed effimero, alimentando egocentrismi sterili e la sensazione vacua di far parte di un’élite. In questo modo la poesia non costruisce alcuna “visione”, perdendo la propria forza rappresentativa (la poesia si riduce a un gioco, con le sue regole, il suo tabellone, i suoi top player; una specie di Disneyland con le sue evoluzioni che corrono parallele alla realtà senza incontrarla mai). La “visione”, senza la quale la poesia è piatto infantilismo, non è mai qualcosa che si costruisca con se stessi e da se stessi, ma implica una partecipazione e un coinvolgimento a più livelli di sapere e di realtà. La visione non si declina al singolare, come “io”: è a questo livello che l’io diviene un freno e un impedimento; eppure è questo io quello a cui i poeti oggi appaiono attaccati, anche quelli dai cui testi è sparita la prima persona singolare. La visione si nutre di scambi e di partecipazione, richiede attraversamenti disciplinari, consapevolezza delle interrelazioni tra la pratica poetica e altre pratiche non poetiche, vive di uno stare al confine tra ambiti, insiemi, gruppi, entrandovi e uscendovi continuamente.
Se il testo poetico è vivo, è dunque sempre per un’alterità (qualcosa che testo non è) che lo attraversa:
1) Come recuperare questa alterità per evitare “l’isolamento” del testo ovvero la poesia come mero arzigogolo letterario, come pratica del tutto concentrica e circolare?
2) A quale impegno siamo chiamati perché il testo poetico sia capace di recuperare la forza di “una visione”?

In tale contesto, riflettere e interrogarsi eventualmente sulla tradizione poetica siciliana, sull’editoria, sulle riviste, sull’accademia e sugli altri luoghi di produzione culturale, non per conoscerne astrattamente la fisionomia, ma in quanto ognuna di queste “dimensioni” definisce delle linee di tensione che liberano la pratica poetica dall’autoreferenzialità di un’attività altrimenti monadologica, permettendole di caricarsi di quel valore “testimoniale” che solo fa grande l’opera.

 

*

Il programma della giornata di studio sarà in aggiornamento a partire dalla metà di maggio e fino alla chiusura delle call e delle prenotazioni per le letture serali.

 

 

 

(in copertina Piero Guccione, dalla mostra “La pittura come mare”)

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