Ernst Ludwig Kirchner, Artista Marcella, 1910. Olio su tela  LAURA CAVal
Ernst Ludwig Kirchner, Artista Marcella, 1910

fuori mostra

Qual è il colore delle emozioni, quello della rabbia, del tormento, dell’angoscia?… qual è il colore della libertà quando il fare coincide con il dipingere e quest’ultimo ne diventa “ponte” e mezzo, come un prisma che scompone i colori, connettivi di ritmo e respiro di primordiali affanni. Nei primissimi anni del Novecento in Germania, nel pieno dei fermenti che portarono alla I Grande Guerra Mondiale, hanno cercato di esprimerlo quattro studenti di architettura, quattro giovani tra i venti ed i venticinque anni che leggevano Nietzsche e Kierkegaard, non condividevano i valori dell’etica borghese e si rifugiavano nella convinzione che la vita dell’uomo fosse caratterizzata dalla dimensione emotiva e che il compito dell’artista fosse quello di indagare ed immergersi nell’interiorità per cercare di esprimere in immagini ciò che non poteva essere compreso con concetti o con le parole. I loro nomi sono Ernst Ludwig Kirchner, Fritz Bleyl, Erich Heckel, e Karl Schmidt-Rottluff, a cui si aggiunsero l’anno dopo Max Pechstein ed Emil Nolde, e le loro opere, centocinquanta per l’esattezza tra dipinti, xilografie, stampe e disegni, si possono ammirare a Genova a Palazzo Ducale, dove fino al 12 luglio 2015 sarà visitabile “Da Kirchner a Nolde – L’espressionismo tedesco 1905-1913”.

Erich Hecke, ragazza che suona il liuto 1913, olio su tela cm 72x79 Brucke Museum, Berlino X ART LAURA CAV
Erich Hecke, ragazza che suona il liuto 1913
Karl Schmidt-Rottluff, Frontone rosso, 1911
Karl Schmidt-Rottluff, Frontone rosso, 1911
Max Pechstein, La maglia gialla e nera, 1910. Olio su tela  LAURA CAV
Max Pechstein, La maglia gialla e nera, 1910

La mostra, a cura di Magdalena M. Moeller, direttrice del Brücke Museum di Berlino che ha prestato le opere, e Stefano Zuffi vuole offrire uno spaccato di quel movimento che prende il nome di Espressionismo tedesco e che fu caratterizzato dal gruppo di artisti suddetti riuniti in “Die Brücke” ovvero “Il Ponte”, nome che si ispira ad un aforisma tratto dal testo Così parlò Zarathustra di F. Nietzshe in cui il filosofo afferma che la grandezza dell’uomo consiste nel suo essere un ponte e non un fine. Tratto distintivo degli artisti di “Die Brücke” è la ribellione all’arte del regime, accademica e tradizionale, per esprimere un’individualità libera capace di riporre ogni attenzione all’energia ed alla forza comunicativa dei colori, riducendo il disegno a pochi elementi essenziali. La loro è una cromaticità ardente e luminosa, resa in stesure piane, che muove i passi dalle orme di Vincent Van Gogh, Paul Gauguin, Munch, Matisse ed i fauves, aggiungendone carisma ed irritazione. Tra reminiscenze di primitivismo e libertà di espressione, la pittura di questi artisti si caratterizza per un linguaggio semplificato, per un “taglio” volto a sottolineare l’effetto emozionale e per un uso cromatico che altera le fisionomie ed i corpi dei personaggi ritratti. Sussurri e grida si percepiscono dall’epidermide della tela coperta di materia parlante e gli occhi si riempiono così tanto fino a traboccare che pare quasi superfluo definire un contorno ma esso è spesso un tratto nero. Si muove nelle loro pennellate un’umanità fatta di corpi femminili nudi, più scavati che torniti, più spigolosi che morbidi, longilinei e tesi o protesi, forse, nella narrazione stentata, a singhiozzi, forzata e respingente. Ma ci sono anche strade, case, palazzi, viali e scorci non immediatamente riconoscibili nella loro monumentalità e poi autoritratti, scene di momenti conviviali ed altri più intimi come una “Ragazza che suona il liuto” di Heckel (1913) in cui la protagonista perde ogni aura rinascimentale, armoniosa e panica, caratteristica del suo ruolo per divenire espressione di inquietante solitudine e s-mascherato disagio, concentrata, contrita, avviluppata in incroci di diagonali e simil vortici che dallo strumento al volto, scarnito e smunto, all’abito costituiscono e scandiscono le forme del dipinto. È così che l’arte del gruppo dei “Die Brücke”, nonostante i diversi percorsi artistici dei suoi esponenti, fa mostra di sé nei suoi esiti formali che chiamiamo elementi stilistici (agli esordi censurati e considerati poi “degenerati”) mentre oltre le soglie della percezione tangibile, attraverso i colori e con mero slancio immaginifico, è data a noi l’opportunità di varcare il ponte delle emozioni che si tingono di rossi, verdi, gialli, blu, ocra, marroni e neri e di tutti questi colori insieme, in grado di materializzare stati d’animo e suggestioni senza tempo ed avvertibili proporzionalmente all’empatia con essi.

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