(…) La compilazione della silloge è avvenuta in dieci anni di poesia, ma ha evidenti scansioni temporali, date ad esempio dal richiamo alla guerra oggi in atto, dalla perdita della madre, dal richiamo a luoghi importanti, che sono fisici ma diventano metafisici, come Lerici (“Sembra la sera degli incontri / a Lerici piove con tutta l’umiltà dell’assenza…”) o Assisi. Così le quattro parti del discorso poetico di Marina Minet, compongano un chiaro itinerario: dalla memoria esistenziale al bisogno di ricapitolare in Cristo tutte le scansioni che la vita ha seminato, all’interno o all’esterno della sua storia. Ma che poi, inevitabilmente, si ricompongono in un unicum poiché è proprio l’interpretazione spirituale della storia che riconduce l’uomo e i suoi problemi nello stesso discorso. (…)
Una catechesi poetica, potremmo definirla, di grande densità: il niente cui aspira il brano è in realtà il tutto della logica divina e le abitudini sono l’ostacolo umano alla comprensione dell’aspirazione a questo tutto. Vestire i “suoi” sandali è l’unico modo di ovviare alle cadute che fermano il passo. E così le asperità della vita diventano pianure in cui l’obbedienza, un termine duro, nonostante l’apparenza, e così fuori moda, diventa la pianificazione di questa aderenza al dettato della croce, necessitata dal modo in cui la vita ha mostrato la sua unica e ineguagliabile capacità ordinativa e armonizzatrice, tra la vita d’oggi e la vita vera. Ma Marina Minet conduce questo suo discorso spirituale senza forzare i toni, senza apprensioni sacralizzanti, senza pietismo, ma facendo un pieno di umanità che trova il suo strumento idoneo nelle parole della poesia.
(dalla prefazione di Silvano Trevisani)
La raccolta “Pianure d’obbedienza” abbraccia la vastità poetica del cammino spirituale dell’autrice in tutte le sue forme. Tessuta alacremente fin dagli albori dell’infanzia, la gestazione si estende fino ad oggi, arricchendosi ulteriormente di studi e vissuti, che la poeta ha coltivato negli anni. La silloge è divisa in quattro parti. La prima, “Le lodi del sentiero”, espone la quotidianità della fede e le diramazioni interiori che ne confermano il valore nel tempo. Nella seconda parte, “Guerre e lampade”, lo sguardo si sposta nei territori desolati della guerra in corso, valorizzandone l’aspetto umano nei dettagli dell’anima e del corpo. L’assoluzione per quei soldati, figli, padri e madri anche loro e l’accorata necessità d’inviare un messaggio ai potenti della terra. La terza parte, “Preghiere”, non di meno sublime, solleva i quesiti più intimi, senza mai trascurare l’altro nelle vicissitudini di vita più comuni, in un’ispirazione di rara devozione. L’ultima parte, “Foglie capovolte”, quasi come risposta a un sentire universale, affronta il tema della morte, del dolore per la perdita, del ricordo e del perdono, pur mantenendo sempre desta la luce della fede.
(dalla nota a margine di Maria Pina Ciancio)
scelti per voi
Ci sono terre
Ci sono terre che non perdiamo mai
di notte si annidano malferme
dentro ai pugni
per poi svanire all’alba già incomprese
E sono terre dure, queste, pungenti
radici di frontiere piantate in mezzo al ventre
e a spingere ci dicono che in fondo
le abbiamo sempre amate
Di queste terre – dentro – abbiamo tutto
coste, ragioni, catene
miniere di licheni che tardano a morire
e lotte già finite e cominciate
che a vincerle cadiamo
se mancano domani
*
Frammenti
A frammenti, padre mio
pensami a frammenti, quando il tempo spezzerà la luce
con la bava delle iene sul costato
e distante da quel luogo che facesti
cuore quieto e nutrimento
A frammenti, padre mio, cercami a frammenti
seminandomi la strada di radici
con tre croci sulla schiena
intrecciate a coerenze di germogli
A frammenti, padre mio, trovami a frammenti
come polvere vitale e sguardo vano
come canapa imbastita dal maltempo
come pioggia tramortita sopra il fango
A frammenti, prendimi a frammenti
come l’agnello addormentato accanto al lupo
come il giglio sotto il gelo di novembre
coi pensieri festeggiati dai sorrisi dei bambini
senza gioia né dolore
a frammenti, tutta amore
*
A Edith
Dedicata a Edith Stein
Arrivò così la sera
come una caduta di foglie al frangere del vento
e niente m’impaurì
né il silenzio né la pace
né la strada smarrita sulla fronte
Quale schianto avrebbe potuto piegarmi
se la bocca benediva il fango
a ogni respiro
e tutte le pietà sembravano straniere
riflesse nella croce di mio padre
Arrivò così la sera, in un cercare di sguardi
col ticchettio dell’orologio come prova
di quell’attesa santa
deposta sulla sorte senza una preghiera
(Marina Minet, da Pianure d’obbedienza, Prefazione di Silvano Trevisani, nota finale di Maria Pina Ciancio, Macabor 2023)
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Marina Minet nasce a Sorso in Sardegna, ha vissuto otto anni in Basilicata e attualmente vive ad Ariccia. Ha pubblicato le seguenti monografie poetiche: “Le frontiere dell’anima” (Liberodiscrivere® edizioni, 2006), “Il pasto di legno” (Poetilandia, 2009), l’ e-book “So di mio padre, me” (Clepsydra Edizioni, 2010), “Onorano il castigo” (Associazione Culturale LucaniArt, 2012), il racconto breve “Lo stile di Van Van Gogh” (Associazione Culturale LucaniArt, 2014), le sillogi poetiche “Delle madri” (Edizioni L’Arca Felice, 2015), “Scritti d’inverno” (a cura del premio Città di Taranto, 2017), “Pianure d’obbedienza” (Macabor, 2023).
Fra le pubblicazioni ricordiamo la partecipazione numerosi romanzi collettivi al femminile. Il racconto-poema “Metamorfosi nascoste” è apparso nell’antologia “Unanimemente” a cura di Gabriella Gianfelici e Loretta Sebastianelli (Ed. Zona 2011). Le sue poesie hanno ricevuto numerosi premi a livello regionale e nazionale. Collabora al Magazine LucaniArt e da anni si occupa di divulgare la sua passione per la poesia, attraverso l’ideazione e la realizzazione di interessanti “video poetry” che è possibile visionare sul suo canale You tube. Sito Web: https://marinaminepoesie.wordpress.com/