Maddalena Pezzotti, “Vermiglia Goccia”, poesia come “ricerca di una verità universale”.

rubrica “tre domande, tre poesie”

 

Poesia rara, quella di Maddalena Pezzotti, estuosa e cadenzata, intrecciata di radici semantiche, mitopoietiche, ma anche proiettata nel pieno magma, ciclo divino e femminile, fertile e sanguigno, di nascite e maternità, genealogie e adempimenti stessi antropologici, antroposofici. Pochi autori, abili e ispirati come Pezzotti, riescono, in bilico tra pensiero e parola, filosofia del sentire e dettame poetico, a raccontare l’esistere, sì, certo, ma finanche la terra intera, una natura che s’immaiuscola e si fa incantata, con l’emozione poematica del romanzo totale, preveggente e arcano, che le si confà. Le parole di Plinio Perilli per introdurre la nostra intervista alla poetessa Maddalena Pezzotti. 

Qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Vermiglia Goccia”, edito da Manni,  meglio: in che modo la (tua) vita diventa linguaggio?

Noi sappiamo perché raccontiamo. Secondo le neuroscienze cognitive, la mente della nostra specie viene modellata dalle storie. Il latino cognōsco e il greco gignōsko, “io so”, riconducono al radicale di riferimento, *gnō, comune alla famiglia lessicale indoeuropea di “narrare”. Questa è la via nella direzione della conoscenza per i sapiens sapiensLa vita è in principio linguaggio. Ogni narrazione aggiunge alla grammatica cognitiva collettiva e pone in connessione dialettica differenti meccanismi interpretativi. La loro combinazione accresce l’essere umani. La forma e la sostanza dei mezzi adottati contribuiscono in grado diverso a determinati livelli di comprensione e consapevolezza del nostro trovarci qui, ora. La poesia è uno strumento di fenomenale potenza, non commensurabile ad alcun altro. Reinventa la lingua e forgia nuovi codici. Superando i limiti, traspone in un luogo essenzialmente metafisico e spirituale. L’atto fondazionale che vi è intrinseco è irrinunciabile. La parola poetica mi permette di sapere chi sono nell’istante in cui scrivo. Non potrei vivere altrimenti.

La poesia è un destino?  

La domanda mi suggerisce che custodiamo una passione comune per le parole. La mia è già stata svelata dalla risposta anteriore. Questo binomio, sul quale credo abbia a lungo ragionato, a sua volta, specchia in me una riflessione che muove dalla composizione interna del termine destino, quasi la sua struttura alchemica. L’archeologia delle parole riferisce della nostra umanità; un lavoro di scavo, decrittazione, ricomposizione, dal quale emanano il mio pensiero e il modo della mia scrittura. De-stino (dall’etimologia epi-steme del greco antico) significa lo “stare” assoluto e incondizionato di una verità incontrovertibile ed eterna; uno “stare”, poi, reiterato e potenziato dal prefisso latino de-, nella sua funzione rafforzativa, che ne sottolinea il drammatico vigore. Il destino è ciò che non può essere negato. La pizia dell’oracolo di Delfi rivela che anche gli dei ne sono soggetti e non possono alterarlo, rimandando a forze occulte che procedono dalla genesi dello spazio e del tempo. In quella cultura arcaica, il destino era governato da Ananke, che rappresenta la necessità e l’inevitabilità, una divinità primigenia femminile, venerata nella cerchia dei riti misterici. Secondo i frammenti orfici, nacque dall’unione di Gea e l’acqua, avvolta dal serpente che divenne il tempo. Ananke è incorporea e tiene le braccia aperte a contenere il pianeta. Lo stesso nome, nell’uso filosofico, indica la necessità logica o le leggi della natura. Nei fogli di Vermiglia Goccia dimora una dea cosmica originaria, legata al mito della creazione e la rigenerazione, che si fonde in una genealogia di madri biologiche e spirituali, immaginate e reali. E ancora i versi pronunciano l’imperativo di un moto perpetuato nel ritorno ciclico dettato dalle forze naturali, come le spire dell’ofide sacro. La poesia “sta” in questo esercizio filosofico di ricerca di una verità universale da una condizione biografica e una prospettiva storica. In tale misura, la poesia è destino. La poesia è anche destinazione. Un porto al quale si dirige un vascello, dove si arriva e si riparte. La meta e, insieme, il susseguirsi degli eventi che vi conducono. Il viaggio e la sua intenzione, la tensione della sua ineluttabilità. Un cammino impervio sulla rotta della conoscenza, lungo il quale fatalmente si assume una parte di sofferenza. Non credo ci si sia destinati, la poesia è un’azione volontaria, una deliberata dichiarazione di esistenza.

 

 

Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro; e di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quando “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere (nel contesto del libro che l’accoglie).

Per i lettori della rivista l’EstroVerso, ho scelto tre liriche che penso possano essere esplicative dell’argomentazione sul nesso fra poesia e destino, o meglio, sulla poesia come destino-destinazione, parte centrale della nostra conversazione. Sono contenute in Vermiglia Goccia e, nonostante siano state scritte in situazioni e fasi diverse, possono essere lette come un continuum. Il libro, infatti, non è una raccolta di poesie sparse e occasionali, ma è stato concepito come un poema unitario.

E sto come rupe
senza alito, o arto,
nel vento, immota
e silente.
Nell’ombra della notte
ha sussurri il monte
e lunghe scosse
sotterranee.

*

Ci sono cose
che inavvertitamente
si lasciano cadere,
cose sospese
in incosciente
equilibrio,
ci sono cose leggere
che fluttuano
senza andare
senza venire.

*

A un angolo di tavolo
sul bordo della lastra terrestre
ho cenato sospesa nello sguardo altrui
come se qui fosse altrove
ed io oltre la faccia che mi raggiunge
nel riflesso dei vetri.

Ruota la stanza intorno a un’unica conversazione
– la stessa intorno all’orbita del pianeta
ed io senza voce a un passo dalla strada bagnata
il metallo delle vetture
il neon che accende le pozzanghere.

*

Come il maggior numero dei componimenti di Vermiglia Goccia, A un angolo di tavolo, non ha un titolo ed è identificata con il primo verso. Si colloca nella seconda metà del libro, poco dopo l’apertura della serie Onirica. È preceduta da tre prose liriche di quest’ultima, dove si intensifica la contemplazione del viaggio come elemento ordinatore del caos e di costruzione della conoscenza di sé e del mondo. È stata scritta a mano, con carta e penna, nel corso di un viaggio, inteso come movimento del corpo nello spazio fisico. In una prima battuta, le liriche di Vermiglia Goccia avevano tutte un luogo e una data, che restano conservate nel manoscritto. Nel lavoro di edizione, tuttavia, hanno finito per perdere di rilevanza. Rievoca, in una sequenza di rimandi, un viaggio metaforico, trascendente. Un momento raccolto, di abissale intensità; punto di attracco dagli epitaffi dell’esordio del libro e la morte simbolica annunciata a distanza di qualche pagina. Si tratta di un baleno, un rapido girare di pupilla. Al contempo, è la vita intera. La coscienza fredda e cruda del tempo e della condizione umana. Non vi è timore, rammarico o lagnanza. “Sto” in una dimensione indefinita, in un solo gesto, eroica.

Maddalena Pezzotti (nella foto di Peter Oliver) è nata a Gazzaniga, Bergamo. Dopo la maturità classica, si è laureata con lode in materie umanistiche all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, con una tesi sulla costruzione dell’identità nazionale nei contesti coloniali, temi approfonditi a livello magistrale all’University College Dublin. Si è specializzata in azioni affermative, diritti umani, marketing sociale e fundraising. Ha, inoltre, conseguito un Master’s in Business Administration negli Stati Uniti, con perfezionamento in knowledge management e knowledge for development. Esperta internazionale dell’Onu in inclusione sociale, diversità culturale, equità e sviluppo, ha operato in diverse aree geopolitiche e in contesti di emergenza, conflitto e post-conflitto. È autrice di libri, manuali e numerosi articoli, pubblicati dalle Nazioni Unite, e ha impartito conferenze, e lezioni accademiche, in venti paesi, su migrazioni, protezione dei rifugiati, parità di genere, questioni etniche, diritti umani, pace, sviluppo, cooperazione, e buon governo. È senior fellow in Teoria e politica della conoscenza, applicata allo sviluppo socioeconomico, presso l’Università Nazionale Interculturale dell’Amazzonia in Perù, e membro del comitato scientifico della Fondazione Einaudi per studi di politica, economia e storia. Collabora con testate giornalistiche su affari esteri. Vermiglia Goccia è il suo primo libro di poesia. 

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