La città di plastica
La città di plastica sono… senza colori,
che il petrolio è nero
ed io non so definire.
Le città di plasticà è buio fisso che non sa di essere osservato.
Ti nascondi sì, ma cosa c’è da vedere?
Sono (?) di plastica anche dietro al vetro,
ho 10 anni per occhi, e le bacio.
Non è sabato, baci, senza.
Le città di plastica sono ombrelli che mangiano pioggia. (pioggivori)
Io che amavo l’odore della terra,
La città di plastica è
Non lampo, non tuono.
Non c’è spazio per la luce e il rumore spezza la pace.
Non si sente, perché nelle vostre città non c’è pace.
Protendersi
Che puoi prendere con forchette di plastica?
Non sai farmi male (il dolore non sa)
E ti nutri con le mani.
La plastica è il progresso, ma tu non puoi costruire te stesso.
Se è vuoto non è,
perché se fosse nulla,
non sarebbe.
E se è nulla, è,
allora sono troppo piena!
Perché
sono
e
vuota.
3.
.
.
Non funziona!
Create un tasto, presto!
Io penso cosa, e tu indovini
e nell’era del multitasting,
esegui, contemporanea.
Sono io che comando te
o tu che comandi me?
Mentre ti parlo,
sai che ti parlo,
e rispondi, standard, già impostato.
Cambi l’ordine dei miei pezzi
e mi rendi più
Non prendermi in giro,
tu con tutte quelle tasche
piene di
Imballami il cuore, ma non lo riempi.
Non prendermi in giro,
ma lasciami qui.
Insegna altre parole all’ologramma
e tranquillo,
spariamo insieme : )
4. fette
Mi guardo allo specchio a pezzi,
io a pezzi,
che credo alla sfortuna (?)
come ultimo baluardo di
Non guardo mai naso e bocca
(sproporzioni!)
ma neanche negli occhi,
solo occhi,
per tingerli,
motivo per cui miguardoallospecchioapezzi.
Ci sono periodi.
in cui tutto quello che luccica, e lucido, è
altri, oggi, che non
ti
voglio vedere.
*
Mito
C’è un tempo che non c’è,
frutto di un’associazione
strana – tra cicatrici
alberi pentagonali
e ultrasuoni.
(Lacrime oltre ai suoni
oltre la tua pena.)
Sconto me.
Se siamo noi i felici
allora Dio è Sileno
il potere è Re Mida
ed io son di vetro
e non conto.
*
Me su
C’era una volta una staccionata:
sai quante volte mi hanno ferita
– gli occhi – per costruirla?
Il primo legno era un ricordo.
Era blu. Ma anche verde. Ma anche grigio.
Come i miei occhi.
Un anche continuo, che non è fermo,
e non vale.
Lui tremava.
Era il nostro.
Poi c’era la notte N, ogni numero
a forma di braccio
per non so quanta legna.
Perché non so quante notti pendevo.
Poi c’èra un legno di specchio
che ricordava che scorre
sangue, scorro.
Che andrai.
Poi c’era un legno col
profumo di
mia madre.
E uno con tutte le parole che
Valgono me, su.
E tu dietro.
Sangue scorro che andrai.
*
Tuoni
C’è una barchetta di sughero,
un po’ tappo, un po’ vittima
per il coraggio
che separa il nettare dal buio
mare dalla tempesta.
Come una linea
ed un piano
con una vela.
e il mare è respiro, è azzurro
che non vuole riflettere,
credere, ancòra, puro.
il mare è forza mia.
e il buio è paura che
salti la luce.
andare a fuoco.
la barchetta sono io.
metà con me.
metà con te andata e tornata
e vissero (sopra)
sopra la panca
(rischiando di cadere nella cassa – euforie)
io vissi nel bosco
perché mi piacciono le ombre in viso.
mi stanno bene.
tu sopra la panca
sbucci mele.
e la scorza, cade, e, crepa.
l’unico pezzo
rosso
della tua vita.
ma quelli come me non li mangi,
quasi anoressici,
e duri.
anche il sangue è d’osso.
così, anche se ci spari, non passi.
non passi.
non passi mai.
scansafatiche
Fa più luce in alto
che sul foglio.
Dio ci vede?
La mia ombra gli/le arriva.
È a forma di macchia
Se facesse qualcosa,
pioverebbe talmente forte
da cancellarmi.
È disoccupato, anche lui,
ma per scelta.
Tu non hai scelto
non hai scelto nulla.
Non ho scelto se imparare a parlare,
perché se avessi scelto,
non avrei, per rispondere a voi.
A piangere, ad ascoltare,
a mangiare erba e non nuvole,
a non morire oggi per vivere un giorno in più
poi
e le maree?
.
“ trema”
faccio un gioco con le mani,
che intreccio l’oro, loro, e, l’età.
sapore, assenza, e, scale.
e ne viene fuori un bracciale, particolare,
che non si vende (non riesco)
ma fa fermare
la gente.
– guarda quella donna lapislazzuli!
– quella bambina che brava con la seta!
nessuno si è mai avvicinato da
indovinare
poi un giorno,… , (non ti ricordo)
si è avvicinato.
– ma trema? chiedi.
– Si chiama così!
ci fu un secondo, Storia Nostra,
e poi tornò dagl’altri loro
d’estate lo metto in tasca.
mani a terra
– Mi faccia entrare! O butto giù la porta!
– Ma se non c’è porta!
– È d’effetto. Dicono ci fosse un ladro!
– Ma la porta se n’è andata.
– Che porta e porta? Hanno sentito u-r-l-a-r-e!
– Ma ho sentito freddo.
– Hanno sentito un’a-l-t-r-a voce.
– Ma non volevo sentirmi sola. Vuole un caffè?
la porta, offesa, l’aveva pre-detto.
punto di partenza (fai)
facevi il clown,
poi i politici divennero comici,
troppa concorrenza, smettesti.
Schegge
non veloci.
Lente. Senza riflesso
sul mondo
si gioca a dadi
perdo sempre.
Troppo lenta a capire
cosa conviene
mentre cerco cosa amo.
facevi il clown
risi così tanto che poi piansi così tanto
che amai
solo le maschere
per nascondermi
da stupida a comica.
Cubo che rotola, alba che spinge, genuflesso al Sole per chiedere scusa. Scusa se ho perso l’àncora al prato, adesso i fiori volano via.
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