COSA IMPORTA A NOI IL GIUDIZIO DEGLI UOMINI?

C’è stato (e continua tuttora) un denso dibattito sulle origini della letteratura lesbica, e non sono stati ancora definitivamente stabiliti i suoi requisiti. Unanime invece l’assegnazione della primogenitura alle autrici francesi (o meglio francofone), risalente ai primissimi anni del secolo scorso.

Nell’anno 1900 a Parigi comparve Quelques portraits-sonnets de femmes, dove l’americana Natalie Clifford Barney (1876-1972) ritraeva in rima, senza troppe pretese poetiche invero, alcune delle sue amanti.

Nell’estate 1901 una di queste, Liane de Pougy (1869-1950), che già aveva fatto rumore col romanzo L’Insaisissable, dove narrava le sue avventure di cortigiana parigina, ricambia con un secondo romanzo Idylle saphique, la cui coprotagonista col nomignolo di Flossie è la stessa Natalie.

In primavera era intanto uscito Études et Préludes, prima raccolta poetica dell’inglese Pauline Mary Tarn (1877-1909), dedicata a una Blonde, la quale altri non era che la stessa Natalie.

Pauline, che tre anni dopo avrebbe adottato il nom de plume di Renée Vivien congedando il suo unico romanzo autobiografico Une femme m’apparut dove la coprotagonista è l’immancabile Natalie, delle tre era l’unica dotata d’impulso poetico, che si nutriva di una tanto maggiore profondità sentimentale e intellettuale.

Un esempio tratto dalla sua raccolta del 1906 À l’heure des mains jointes basterà a renderne conto[1].

Lo traduco qui, rimandando per una maggiore conoscenza ai lavori seri e solitari di Teresa Campi, coronati ora dalla monografia appena uscita per i tipi di Odoya, Renée Vivien. La Saffo della Belle Époque.

 

PAROLE ALL’AMICA

Tu mi capisci: sono un essere mediocre.
Né buono né cattivo, mite, un po’ sornione.
Odio i profumi grevi ed ogni esclamazione,
E il grigio m’è più caro del carminio o dell’ocra.

Amo il giorno morente che pian piano si smorza,
Il fuoco, l’intimità claustrale di una stanza
Dove le lampade, velando trasparenze d’ambra,
Arrossano il vecchio bronzo e azzurrano la pietra.

Gli occhi sul tappeto più liscio della rena,
Evoco pigra le rive dai baccelli d’oro[2]
Dove la luce dei bei tempi andati fluttua ancora…
E tuttavia una grande colpa mi segna.

Vedi: ho l’età in cui la vergine cede la mano
All’uomo che la sua debolezza cerca e teme,
E non ho affatto scelto un compagno di vita
Perché apparisti tu alla svolta del cammino.

Il giacinto sanguinava sulle rosse colline[3],
Sognavi ed Eros camminava accanto a te…
Sono donna, non ho diritto alcuno alla beltà.
Mi avevano condannato alle brutture mascoline.

Ed ebbi l’imperdonabile audacia di volere
L’amore sororale fatto di candori lievi,
Il passo furtivo che non martoria le felci
E la voce dolce che sa allearsi alle sere.

Mi avevano proibito i tuoi occhi e i tuoi capelli,
Questi perché son lunghi e ricchi di odori,
Quelli perché hanno strani ardori
E s’intorbidano come le onde ribelli.

Mi hanno additato con un gesto di stizza
Perché il mio sguardo cercava il tuo sguardo tenero…
E vedendoci passare, nessuno ha voluto capire
Che ti avevo scelto con naturalezza.

Considera la legge vile che io trasgredisco
E giudica il mio amore che non conosce affatto il male,
Altrettanto candido, altrettanto necessario e fatale
Del desiderio che unisce all’amata l’amante.

Non hanno riconosciuto quanto chiaro vedevo
Il cammino indicato dal mio destino,
E hanno detto: “Chi è questa donna dannata[4]
Che la fiamma dell’inferno sordamente consuma?”

Lasciamoli al cruccio della loro morale impura,
E pensiamo che l’aurora ha biondezze di miele,
Che il giorno senza acredine e la notte senza fiele
Giungono come amici la cui bontà rassicura…

Andremo a vedere il chiarore di stelle sui monti…
Cosa importa a noi il giudizio degli uomini?
E cosa abbiamo da temere se siamo pure
Davanti alla vita, e cosa se ci amiamo?[5]

Pare assodato che il primo testo lesbico tedesco sia il romanzo Der wilde Garden di Grete von Urbanitzky e quello inglese il romanzo The well of loneliness di Radclyffe Hall, il primo uscito nel 1927 e il secondo nel 1928, un quarto di secolo dopo la Francia dunque.

E l’Italia? Sarebbe bello, per me almeno, saperlo.

 

[1] Personalmente lo intendo come un manifesto in senso stretto.
[2] Saffo, frammento 143.
[3] Saffo, frammento 150 c.
[4] Allusione alle due poesie Femmes damnées comprese nelle Fleurs du mal di Charles Baudelaire.
[5] PAROLES À L’AMIE // Tu me comprends : je suis un être médiocre, / Ni bon, ni très mauvais, paisible, un peu sournois. / Je hais les lourds parfums et les éclats de voix, / Et le gris m’est plus cher que l’écarlate ou l’ocre. // J’aime le jour mourant qui s’éteint par degrés, / Le feu, l’intimité claustrale d’une chambre / Où les lampes, voilant leurs transparences d’ambre, / Rougissent le vieux bronze et bleuissent le grès. // Les yeux sur le tapis plus lisse que le sable, / J’évoque indolemment les rives aux pois d’or / Où la clarté des beaux autrefois flotte encor… / Et cependant, je suis une grande coupable. // Vois : j’ai l’âge où la vierge abandonne sa main / À l’homme que sa faiblesse cherche et redoute, / Et je n’ai point choisi de compagnon de route, / Parce que tu parus au tournant du chemin. // L’hyacinthe saignait sur les rouges collines, / Tu rêvais et l’Érôs marchait à ton côté… / Je suis femme, je n’ai point droit à la beauté. / On m’avait condamnée aux laideurs masculines. // Et j’eus l’inexcusable audace de vouloir / Le sororal amour fait de blancheurs légères, / Le pas furtif qui ne meurtrit point les fougères / Et la voix douce qui vient s’allier au soir. // On m’avait interdit tes cheveux, tes prunelles, / Parce que tes cheveux sont longs et pleins d’odeurs / Et parce que tes yeux ont d’étranges ardeurs / Et se troublent ainsi que les ondes rebelles. // On m’a montrée au doigt en un geste irrité, / Parce que mon regard cherchait ton regard tendre… / En nous voyant passer, nul n’a voulu comprendre / Que je t’avais choisie avec simplicité. // Considère la loi vile que je transgresse / Et juge mon amour, qui ne sait point le mal, / Aussi candide, aussi nécessaire et fatal / Que le désir qui joint l’amant à la maîtresse. // On n’a point lu combien mon regard était clair / Sur le chemin où me conduit ma destinée, / Et l’on a dit : « Quelle est cette femme damnée / Que ronge sourdement la flamme de l’enfer ? » // Laissons-les au souci de leur morale impure, / Et songeons que l’aurore a des blondeurs de miel, / Que le jour sans aigreur et que la nuit sans fiel / Viennent, tels des amis dont la bonté rassure… // Nous irons voir le clair d’étoiles sur les monts… / Que nous importe, à nous, le jugement des hommes ? / Et qu’avons-nous à redouter, puisque nous sommes / Pures devant la vie et que nous nous aimons?

Una trasposizione filmica in francese e in inglese è https://paulmenage.fr/shortfilm-wordstomylove/.

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