Terminale
Dublino, dice come se avesse detto Pisa
o Montpellier o Sidney, sbocchi proficui
per altri ancora sono Polonia e Vietnam.
Li vedo davanti a un enorme tabellone
ognuno di loro impietrito per qualche minuto
per pochi istanti perso come chiunque
dietro quella babele alfanumerica, dietro
la stessa idea plurilingue da seguire:
«Departures» «Vertrek» «Départs» «Abflüge».
Si allargano così le geografie anche per chi rimane.
Per quelli che ancora agitano un fazzoletto bianco
e cercano solo di non farsi stritolare dalla storia.
Ut pictura poësis
Se deve calare lo farà con le azioni appena acquistate
l’eros, un giorno di primavera che è un disegno
nel quaderno di matematica delle elementari.
O a poche settimane da Natale
e nella cesta dove c’erano maglioni e cravatte
troverò una scatola di pasticche dell’amore e lei
un babydoll rosso trasparente con piume bianche.
Gli specialisti diranno che il nostro tempo è passato,
che potremo tenerlo in vita però, accanirci su di esso
ricorrendo a qualche espediente, ma nessuno
ci spiegherà perché, tra le vu nere delle rondini
e un sole incoronato di raggi sghembi, nostro nipote
Francesco o Giovanni o con un altro nome classico
ci raffigurerà radenti un prato verde
uno accanto all’altra, i trattini esili delle dita
quasi ruote dentate che si incastrano.
Mille e una morte
Ti so all’incrocio tra cardo e decumanus
nel pallino rosso che pulsa
sullo schermo, fra quarantatre anni
con largo margine di approssimazione.
Ho un numero tondo a quella data, nessun capello,
vincente al cinquanta l’altra metà
spulciabile nel curriculum
e il dubbio è ancora chi o cosa sei,
la tua natura d’angelo o peripatetica sui viali,
di passante forse, comunque imprecisa.
Fuga delle mattonelle
Più che idillio prova alla voce resistenza
anzi resilienza. Vedrai
che i conti tornano. Ad ogni costo
c’è chi cammina, e non sembra strano,
non dico sull’acqua, in equilibrio
sulla fuga della mattonelle
come facevamo e fanno spesso per gioco
i bambini.
Nodi
Ma cos’è, poi, la memoria? Arriva dalle regioni del cervello
E poi se ne ritorna indietro.
(Durs Grünbein)
La memoria rigenera mostri, non redime
la storia non ne conosce gli scarti, non può
abbandonarsi alle strozzature in cui
si sfogliano uno dopo l’altro i giorni.
Per questo faccio due nodi alla polvere.
Ma quel neonato richiamalo quanto vuoi,
è un’altra ombra e basta, un solo impasto
con i suoi aguzzini, un gruppo
nemmeno d’aria che si aggrega per poi
sfarsi in un dopopranzo del secolo scorso
torrido e indolente, prettamente mediterraneo
nella casa al mare, che è ragionevole supporre
non sia mai esistito davvero.
***
Centochiodi
Anche senza biglietto sbiadito, era venerdì santo
e il film, all’Ariston, l’ultimo Olmi,
Centochiodi, ultimo spettacolo. Troppo facile adesso
tirare su la rete piena di corrispondenze
cabale numeriche o quant’altro. Posso solo dire
della luce primaverile il pomeriggio dopo
con l’ora legale da qualche settimana, su e giù
per via Etnea, il gelato e il libro
comprato dove ora c’è un negozio di abbigliamento.
Una sensazione acerba a livello cutaneo
la nostalgia dei novantanove chiodi di là a venire.
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