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Le incursioni nel mondo surreale dello scrittore e dei suoi personaggi 

Lettura critica di Massimiliano Magnano

Salvo Zappulla è autore di romanzi, racconti, fiabe, pièce teatrali. Da giornalista si occupa di critica letteraria dalle colonne di alcune riviste, ultimamente anche on-line. Ricordiamo la sua pluriennale collaborazione con la pagina culturale del quotidiano “La Sicilia” e ricordiamo anche che attualmente è nel comitato di redazione della rivista “Notabilis”. C’è anche da ricordare la sua attività di direttore editoriale in più di una casa editrice. Ha fondato e diretto per molti anni l’Associazione culturale “Pentèlite” che pubblica periodicamente l’omonima rivista letteraria. Possiamo quindi dire che i libri sono la sua ragione di vita.

Zappulla è uno scrittore ormai di lungo corso; il suo primo lavoro risale al 1992 e ha come titolo Le due anime del giullare (Prova d’Autore, Catania). Si tratta di un libro d’esordio importante perché nelle pagine di quel libro e nel titolo di quel libro è contenuta tutta la paradossale carica surreale che anima non solo l’opera di Zappulla, ma addirittura la vita stessa dello scrittore. Sia pure ancora in incubazione, in nuce, nella sua fase embrionale.

Possiamo a buon diritto parlare di carica surreale che anima l’opera, perché leggendo quella prima aurorale prova narrativa ci si rende subito conto di quali siano i valori letterari messi in campo da Zappulla: si tratta di una straripante fantasia che conduce l’autore a tentare di superare continuamente i limiti angusti della realtà che potremmo definire oggettiva, fattuale. Zappulla sconfina continuamente oltre i limiti di questa realtà, dando l’assalto al surreale, per immergersi quindi in una dimensione altra: più larga, più alta, più profonda di quella che quotidianamente siamo chiamati a vivere, ma non per questo meno amara. Le angustie della vita quotidiana ci sono tutte, nei romanzi di Zappulla; sono, anzi, amplificate e rese più stridenti, condotte alle estreme conseguenze, e tuttavia rese accettabili dalla tagliente ironia dello scrittore, dalla sua creatività che tutto trasfigura e tutte le cose rende nuove.

Possiamo anche parlare di carica surreale che anima la vita stessa dello scrittore, perché Zappulla attinge continuamente alle vicende di tutti i giorni che egli effettivamente vive, interpreta con fantasia e capovolge con sorprendente ironia, abbattendo i limiti tra ciò che ai più appare reale e insormontabile per abitare preferibilmente in un mondo surreale da lui stesso costruito. Non c’è quindi soluzione di continuità tra quel mondo altro, raccontato nei romanzi, i racconti, le fiabe e la “piatta” vita di tutti i giorni, poiché Zappulla non esita a dipingere l’uno con i colori dell’altro e viceversa. Tutto viene trasmutato, confuso eppure rimane, alla fine, perfettamente riconoscibile.

Si può quindi affermare che il giullare abbia mantenuto la promessa implicitamente formulata nella sua opera prima? Quel che è certo è che due anime si cercano, si scontrano, convivono, pur senza mai incontrarsi definitivamente, creando un climax mai realmente stabile. Questa è la cifra della feconda e irrequieta creatività che da quella prima prova del 1992, Le due anime del giullare, riecheggia in tulle le opere di Zappulla: da Quella notte con Dante all’Inferno, al Il maresciallo dei sogni rubati; e poi ancora L’Ombra, La rivolta della natura, per passare alle fiabe, che hanno avuto anche significativi riconoscimenti. Pensiamo, per esempio, a opere come Lo sciopero dei pesci, illustrato da Carla Manea e premio Prata e al più recente Il pollaio dice no!, illustrata da Lucia Scuderi. Pensiamo alle edizioni successive delle opere citate, oggetto sempre di ripensamenti e revisioni. Pensiamo anche alle opere teatrali, che sono il frutto di adattamenti di romanzi o anche, no, nel senso che sono state concepite e costruite appositamente per la drammatizzazione e poi realmente rappresentate. Cito per tutte la riduzione teatrale del romanzo I ladri di sogni, messo in scena al Teatro stabile di Genova.

La scrittura di Zappulla è una scrittura all’apparenza semplice, istintiva: punto di forza e tallone di Achille di una creatività esuberante e inesauribile. Zappulla non è un filologo, non raschia, con la propria penna, la coltre di polvere accumulata sui classici dai secoli e dall’incuria umana, per sovrapporvi la propria calligrafia. La sostanza delle storie narrate da Zappulla è liberamente tratta dall’osservazione della realtà, che egli puntualmente capovolge e stravolge. Tutto quello che passa dalle sue mani cambia pelle, viene chimicamente fuso e rivitalizzato dal soffio vitale e leggero della sua inventiva e da un umorismo mai fine a se stesso. I suoi personaggi sono sempre dall’anima popolare: vivono una vita che all’apparenza scorre senza fatti eclatanti; una vita che non brilla per una loro qualche speciale attitudine, in grado di collocarli al di sopra dei loro simili. E tuttavia essi conducono la loro esistenza tra l’ansia che qualcuno li possa rapinare dei loro desideri (i ladri di sogni) e la segreta speranza che questi sogni, invece, possano realizzarsi. Qualche volta sarà per un’alzata d’ingegno, più spesso per un fatto inaspettato. In ogni caso a togliere d’impiccio il protagonista è sempre una soluzione fantastica e decisamente inusitata.

Leggendo i romanzi di Salvo Zappulla si ha come l’impressione che l’universo si armi per impedire all’autore e ai suoi personaggi di realizzare liberamente i propri progetti, quando accade l’imprevisto a scompaginare quella sorta di “armonia prestabilita” e qualche volta si finisce per rincorrere una situazione che, sfuggita di mano, rischia di mettere in pericolo lo svolgersi disciplinato e sempre uguale a se stesso delle vite dei personaggi principali, dei comprimari, delle comparse, e della società tutta.

È esattamente il caso dell’ultimo romanzo di Salvo Zappulla Kafka e il mistero del processo. Kafka e il mistero del processo è dunque l’ultimo romanzo in ordine di tempo pubblicato da Salvo Zappulla. Ed è, quindi, il frutto di un lunga e articolata evoluzione: la sua scrittura si evolve a partire delle esperienze di vita che via via vanno susseguendosi, dai rapporti umani e culturali che vanno intrecciandosi, dalle ore passate a scrivere e riscrivere pagine e pagine di pura invenzione. Ed è così che la scrittura si è fatta più corposa, riflessiva, articolata, anche se non per questo meno esplosiva. La maturità non ha, cioè, per nulla disinnescato la carica dirompente della fantasia di Zappulla, della sua capacità di trasferire nero su bianco personaggi e storie, condendola anzi con una ironia più pungente e a tratti anche amara. A pag. 24 e 25 si legge:

«Quando Pedro Escobar, seduto sulla banchina del porto di Lisbona, vide la splendida turista americana, si limitò a contemplarla con ammirazione, senza malizia o secondi fini, così come si ammira un’opera d’arte o un prodigio della natura. D’altra parte il suo fisico, appesantito dagli anni e dal faticoso lavoro di scaricatore di casse, non concedeva spazio alla fantasia, e anche i suoi sogni erano stati ben imbrigliati, legati al piede, a stretto contatto con la realtà».

Ecco che fin da subito la tensione tra la realtà e il desiderio di andare ben oltre i confini di questa realtà fa immediatamente capolino nel romanzo e trova nella mano dell’autore il suo migliore alleato, che interviene fattivamente a favore di Pedro Escobar. Si direbbe che l’autore abbia intuito in questo suo personaggio una sensibilità inaspettata, immediatamente ricambiata da un dono spontaneo e gratuito. Un dono che però è destinato a ritorcersi contro l’autore, perché il parvenu Pedro, smessi gli abiti dello scaricatore di casse si dimentica anche della propria sensibilità per divenire un impenitente avventuriero e donnaiolo, mettendo nei guai il proprio autore. Sempre a pag. 25 è possibile leggere:

«Con un abile tocco della penna [l’autore] tolse vent’anni al buon Pedro. Vent’anni e quella cicatrice che si portava in volto dai tempi di una sfida al coltello, per un affare di carte truccate e di bari. E anche la piccola gobba gli raddrizzò, e gli restituì i denti perduti durante l’ultima colluttazione. […] Insomma, lo rese un altro uomo […]».

Sono esattamente queste le premesse che conducono l’autore, che è il protagonista del romanzo, a subire in prima persona tutte le conseguenze delle malefatte di Pedro Escobar. Ringalluzzito dal dono assolutamente inatteso dell’autore, dalle possibilità tutte inusitate di condurre una nuova vita da bello e giovane avventuriero, Pedro sfugge di mano al suo benefattore e ne combina di tutti i colori. Le analogie con il più famoso criminale colombiano del secolo scorso, Pablo Escobar, sono forse tutte nel nome o magari non solo nel nome. Nel senso che il criminale Escobar, che di processi ne ha subiti più d’uno, ha sempre irriso alla giustizia, ha utilizzato il potere che gli derivava dai soldi e dalla violenza per corrompere e rimanere impunito, fino all’epilogo per lui più tragico. È uno dei simboli più forti e più evidenti delle negatività che c’è in giro per il mondo e che Zappulla rifiuta nella maniera più recisa, esorcizzandone i malefici proprio attraverso la sua sottile ironia e la creatività. Il criminale Escobar e il personaggio letterario Escobar si somigliano poco, e tuttavia ambedue mettono in pericolo le società rispettivamente da loro abitate, perché tanto l’uno quanto l’altro cercano di sfuggire fino alla fine, sia pure con modalità differenti, la giusta pena, eludendo processi e fuggendo dalle loro relative responsabilità.

Pedro Escobar è, dunque, deuteragonista assieme all’autore o all’Autore, con la “a” maiuscola, come puntualmente mette in evidenza Massimo Maugeri nella sua Prefazione; le loro storie scorrono parallelamente lungo le pagine del romanzo, nel tentativo da parte dell’autore di arrestare le folli incursioni di Pedro Escobar tra i personaggi delle più importanti opere della letteratura mondiale: da Madame Bovary, ai Tre moschettieri, alla Piccola fiammiferaia, per scomodare persino Dante. La letteratura mondiale risulta essere così in pericolo, ma anche gli stessi equilibri politici ed economici internazionali sono seriamente messi in discussione dalla scorribande di Pedro Escobar. Falliscono case editrice, scrittori, librai; sorgono casi diplomatici; i lettori tutti sono infuriati. Ed è per questo che l’autore è costretto a rincorrere Pedro e in alcuni momenti salienti della narrazione sembra quasi che le due figure si sovrappongano. Scrive in particolare Massimo Maugeri:

«La storia narrata da Zappulla si innesta nell’ampio filone di opere narrative che contemplano palesi legami tra personaggi e loro creatori. È probabile che Pedro Escobar si senta davvero [e qui Maugeri cita nientemeno che Pirandello] una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana».

E Zappulla resiste alla «volubile esistenza quotidiana» come può, anche opponendo una reazione strenua e totalmente inaspettata, divenendo autore con la “a” maiuscola, trasformandosi gradualmente e al contempo inesorabilmente in personaggio principale, consapevole del proprio ruolo sociale, proprio nel bel mezzo delle fasi dibattimentali del processo a suo carico. A pag. 100 l’autore si rifiuta di obbedire agli ordini del Giudice e reclama i propri diritti:

«“Dunque lei sarebbe l’autore” chiese sarcastico il Pubblico Ministero. “Io sono l’Autore” rispose con fermezza l’imputato».

E qualche rigo più avanti, a pag. 101, dopo essersi intromesso nell’arringa difensiva del suo pur strampalato avvocato difensore, veniamo a sapere:

«(Ormai aveva deciso di assumere la A maiuscola e non sarebbe stato disposto a cederla per nessuna ragione al mondo)».

Assumere la “a” maiuscola certo non vuol dire avere raggiunto la totale emancipazione dalle forze oscure che funestano la vita dell’Autore, il quale diviene, però, gradualmente consapevole del fatto che ha una importante missione da svolgere. Ecco che nella storia di questo strano processo irrompe tutta la forza dell’indignazione di cui è capace l’Autore, ormai saldamente ancorato alla maiuscola dell’eponimo che si è cucita addosso, frutto della sua incontenibile rivolta morale. L’atmosfera che si respira è perciò autenticamente kafkiana, e non solo per l’evidente allusione che deriva dal titolo del romanzo. Ciò è palesemente vero per la patente macchinazione di cui l’Autore è vittima, che ruota attorno al processo farsa e lo costringe a continui ripensamenti e a mortificanti momenti di sconforto. Ma l’Autore ha ormai compreso che ha una missione da compiere, una missione molto più grande di lui, pensata da menti eccelse, la cui regia condurrà, per vie parallele e imperscrutabili, Pedro Escobar e l’Autore a darsi convegno nella grande Biblioteca Universale, dove sono custoditi i grandi capolavori della letteratura mondiale.

Kafka e il mistero del processo di Salvo Zappulla non è solo un’opera di grande fantasia, perché la fantasia, anche quella più brillante, non può prescindere dall’osservazione di quella stessa realtà che intende trascendere. Zappulla con questo suo romanzo punta il dito con forza sulle condizioni in cui versa la cultura in Italia e in particolare sulle condizioni dell’industria della cultura in Italia. Questo romanzo di Zappulla è quindi anche un libro che denuncia un sistema malato. Mi limito, al riguardo, a indicare alcuni aspetti (a mio giudizio) viziati di questo sistema dell’industria culturale: i grandi gruppi editoriali che impongono mode e tendenze; le grandi agenzie per la distribuzione che sono “costrette” a seguire imprescindibili leggi di mercato; i premi letterari che sono influenzati, quando non governati, dalla case editrici più importati; la condizione di soggezione delle piccole case editrici rispetto a quelle più ricche e potenti; i librai che, spesso, sono costretti ad accettare le leggi imposte da distributori e case editrici; gli autori che sono costretti a produrre opere che devono raggiungere già stabilite soglie di vendita, e così via. L’alternativa sarebbe l’oblio, per tutti coloro che sono troppo piccoli, vendono troppo poco, non seguono le leggi del mercato.

Certamente un libro non è mai solo l’opera di uno scrittore, dell’Autore, per quanto con la “a” maiuscola. Spetta, quindi, a ciascuno dare il proprio fondamentale contributo: acquistando in maniera responsabile, leggendo, partecipando.

 

                                                                                                    

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