“L’arte suggerisce nuovi punti di osservazione della realtà”
Dopo il liceo classico, Nicola Pucci ha frequentato un corso quadriennale di illustrazione pubblicitaria presso l’Istituto Europeo del Design (IED) di Roma. Dopo un breve periodo trascorso a Vipiteno disegnando copertine per i celebri quaderni Pigna, nel 1990, tornato a Roma ha iniziato a dedicarsi alla pittura. Dal 1995 ad oggi il suo lavoro è stato esposto con regolare frequenza in Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti. La pittura di Pucci si è guadagnata, nel corso degli anni, l’attenzione di personalità del mondo dell’arte del calibro di Philippe Daverio, Vittorio Sgarbi, Gianluca Marziani e del gallerista americano Larry Gagosian che ne sono divenuti appassionati sostenitori oltreché collezionisti.
In tre aggettivi, com’ è Nicola Pucci?
Pensante, dubbioso, speranzoso.
Qual è l’aneddoto che meglio la rappresenta?
Un giorno, in preda ad un raptus, buttai in un cassonetto sotto casa il ritratto di un tale che pretendeva continue modifiche e ritocchi. Dopo quindici anni (gironzolando al mercatino dell’usato di piazza Marina) ritrovo quello stesso ritratto su un bancone in vendita, ahimè, a soli duecento euro! Dopo una non breve trattazione lo acquisto. Richiamo il tipo dicendogli che lo avevo ritoccato come voleva lui, lo vede e se ne innamora. Divertente no? Il tempo fa miracoli! Forse è da allora che i concetti di improbabilità e casualità sono entrati nella mia pittura.

Com’è nata (e cosa la alimenta) la sua passione per l’arte?
Da bambino non potevo fare a meno di smontare qualunque oggetto, rimontarlo in maniera fantasiosa e disegnarlo così come lo avevo ricreato. Ma la mia prima folgorazione artistica avvenne ad una mostra di Joan Mirò, a Palermo, avrò avuto otto anni circa. Mia madre mi comprò una scatola di Carioca e da lì iniziai a farmi sedurre dal colore.
Per Karl Kraus l’arte ‘è ciò che il mondo diventerà, non ciò che il mondo è’, per Nicola Pucci?
Per me l’Arte è comunicazione di emozioni. È l’unica testimonianza interessante della presenza dell’uomo sulla terra. Com’è sempre stato e spero continuerà ad essere.
Librarsi oltre l’evidenza per agguantare l’immateriale, l’inconoscibile. Un pensiero sorto dall’osservazione delle sue opere. Potremmo considerarlo tra i suoi leitmotiv o, così non fosse, potrebbe parlarci dei suoi ‘motivi conduttori’?
Quando penso ad un quadro da realizzare entro in una dimensione dove improbabile casuale appunto e reale si incontrano si mischiano, e può succedere di tutto. Sono un instancabile osservatore, di quello che succede attorno a me e dentro di me, delle cause che generano effetti, e la pittura mi permette di trasportare su tela questo continuo flusso di pensiero e emozioni. Tecnicamente amo le velature che rendono impalpabile e quasi sospesa un’azione, alterandole a pennellate gestuali e impulsive spesso mi trascino un lavoro per anni! Il movimento rotatorio è un elemento quasi sempre presente, è un movimento senza inizio né conclusione.
Oggigiorno qual è (o quale dovrebbe essere) la funzione dell’arte e quali responsabilità deve (o dovrebbe) assumersi?
L’arte ha un ruolo fondamentale: crea emozioni, apre la mente e suggerisce nuovi punti d’osservazione della realtà. Com’è noto non dà risposte ma pone domande, che non è poco! Bisognerebbe (In Italia come altrove da tempo) avvicinare maggiormente le persone, soprattutto bambini, alla ‘sua frequentazione’ affinché la si possa capire, criticare e amare.
Progetti in corso, imminenti e futuri?
È un periodo ricco di impegni: fino al 15 Dicembre collettiva “Illusorio contatto”, a cura di Valerio Dehò (Fondazione Exhibitio Art, Fano); fino al 26 Dicembre collettiva “Artisti Di Sicilia”, a cura di Vittorio Sgarbi (Fondazione Sant’Elia, Palermo); fino al 30 Dicembre collettiva “La forza della diversità” (Palazzo Riso, Museo d’arte contemporanea); il 15 Dicembre, sarò a Torino per “Contemporary Arts – Finalisti Premio Terna 2014”.







