la sabbia delle urne a cura di dario borso einaudi celan

“3. Cosa pensasse distaccatamente Celan della sua opera prima, lo testimoniò Beda Allemann dichiarando che nel 1968 il poeta, spronato dalla Suhrkamp ad allestire un’edizione completa delle opere in vista del suo cinquantesimo compleanno, aveva deciso di iniziare proprio con La sabbia delle urne (4). Purtroppo si suicidò sette mesi prima, ma che facesse sul serio lo rivela il fatto che consentí all’amico bucovino Alfred Kittner di inserire in un’antologia sulla Shoah una poesia dalla Sabbia delle urne solo a patto che venisse indicata la fonte (5). Del resto quella decisione, nonché estemporanea, era già desumibile dai discorsi di Brema e Darmstadt, redatti proprio mentre Celan, dopo anni di silenzio, riprendeva i rapporti epistolari con Alfred MargulSperber, il mentore ebreo bucovino cui nel 1946 aveva affidato il progetto della sua silloge d’esordio perché trovasse uno sbocco editoriale e cui il 30 luglio 1960 confida: «Penso a un’edizione completa delle mie poesie, comprese le prime e le primissime» (6)”.

(uno stralcio dalla premessa di Dario Borso)

cinque poesie da La sabbia delle urne di Paul Celan,
a cura di Dario Borso, Giulio Einaudi, 2016

 

da

An den Toren
Alle porte

Traumbesitz

So leg das Laub zusammen mit den Seelen.
Schwing leicht den Hammer und verhüll das Angesicht.
Krön mit den Schlägen, die dem Herzen fehlen,
den Ritter, der mit fernen Mühlen ficht.

Es sind nur Wolken, die er nicht ertrug.
Doch klirrt sein Herz von einem Engelschritte.
Ich kränze leise, was er nicht zerschlug:
die rote Schranke und die schwarze Mitte.

 

Possesso immaginario

Ammucchia dunque insieme fogliame e anime.
Vibra lieve la mazza e copri il viso.
Incorona coi battiti che mancano al cuore
il cavaliere che lotta con lontani mulini.

Son solo nubi che non sopportava.
Ma il suo cuore tintinna al passare di un angelo.
Piano inghirlando ciò che non abbatté:
la rossa barriera e il nero centro.

 

*

 

Regenflieder

Es regnet, Schwester: die Erinnerungen
des Himmels läutern ihre Bitterkeit.
Der Flieder, einsam vor dem Duft der Zeit,
sucht triefend nach den beiden, die umschlungen
vom offnen Fenster in den Garten sahn.

Nun facht mein Ruf die Regenlichter an.

Mein Schatten wuchert höher als das Gitter
und meine Seele ist der Wasserstrahl.
Gereut es dich, du Dunkle, im Gewitter,
daß ich dir einst den fremden Flieder stahl?

 

Lillà della pioggia

Piove, sorella: i ricordi
del cielo stillano il loro amaro.
Il lillà, solo davanti all’odore del tempo,
cerca grondante i due che avvinti
dalla finestra aperta guardavano il giardino.

Ora il mio appello accende le luci della pioggia.

La mia ombra cresce oltre la grata
e la mia anima è il fiotto d’acqua.
Ti affligge nel diluvio, oscura,
che io t’abbia rubato un dì il lillà straniero?

 

*

 

Am letzten Tor

Herbst hab ich in Gottes Herz gesponnen,
eine Träne neben seinem Aug geweint…
Wie dein Mund war, sündig, hat die Nacht begonnen.
Dir zu Häupten, finster, ist die Welt versteint.

Fangen sie nun an zu kommen mit den Krügen?
Wie das Laub verstreuet, ist vertan der Wein.
Missest du den Himmel mit den Vogelzügen?
Laß den Stein die Wolke, mich den Kranich sein.

 

All’ultima porta
Autunno ho filato nel cuore del dio,
una lacrima ho pianto accanto all’occhio suo…
Com’era la tua bocca, turpe, è iniziata la notte.
A capo del tuo letto, tetro, il mondo è impietrito.

Cominciano a giungere con le brocche?
Come sparso il fogliame, è sperperato il vino.
Ti manca il cielo col migrare degli uccelli?
Fa’ che la pietra sia la nube, io la gru.

 

*

 

da

Mohn und Gedächtnis
Papavero e memoria

 

ESPENBAUM, dein Laub blickt weiß ins Dunkel.
Meiner Mutter Haar ward nimmer weiß.

Löwenzahn, so grün ist die Ukraine.
Meine blonde Mutter kam nicht heim.

Regenwolke, säumst du an den Brunnen?
Meine leise Mutter weint’ für alle.

Runder Stern, du schlingst die goldne Schleife.
Meiner Mutter Herz ward wund von Blei.

Eichne Tür, wer hob dich aus den Angeln?
Meine sanfte Mutter kann nicht kommen.

 

PIOPPO TREMULO, bianco occhieggia il tuo fogliame al buio.
Di mia madre la chioma mai imbiancò.

Dente di leone, così verde è l’Ucraina.
La mia bionda madre non venne a casa.

Nube di pioggia, esiti ai pozzi?
La mia tenera madre pianse per tutti.

Stella rotonda, tu annodi il nastro d’oro.
Il cuore di mia madre fu ferito da piombo.

Porta di quercia, chi ti scardinò?
La mia dolce madre non può venire.

 

*

 

Lob der Ferne

Im Quell deiner Augen
leben die Garne der Fischer der Irrsee.
Im Quell deiner Augen
hält das Meer sein Versprechen.

Hier werf ich,
ein Herz, das geweilt unter Menschen,
die Kleider von mir und den Glanz eines Schwures:

schwärzer im Schwarz, bin ich nackter;
abtrünnig erst bin ich treu;
ich bin du, wenn ich ich bin.

Im Quell deiner Augen
treib ich und träume von Raub.

Ein Garn fing ein Garn ein –
wir scheiden umschlungen.

Im Quell deiner Augen
erwürgt ein Gehenkter den Strang.

 

Lode della distanza

Nella fonte dei tuoi occhi
vivono le reti dei pescatori del mar matto.
Nella fonte dei tuoi occhi
il mare mantiene la sua promessa.

Qui getto,
cuore che è stato tra uomini,
i miei vestiti e lo splendore di un giuramento:

più nero nel nero, sono più nudo;
solo da apostata sono fedele;
sono te quando sono io.

Nella fonte dei tuoi occhi
vado a deriva e sogno rapimenti.

Una rete catturò una rete –
ci separiamo avvinti.

Nella fonte dei tuoi occhi
un impiccato strozza il cappio.

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