Le celebrazioni dantesche a Catania. Dario Stazzone: “Senza l’arte, senza la parola e l’immagine, perderemmo la nostra umanità”.

Tra il plauso generale, sono iniziate a Catania le celebrazioni dantesche con un programma ricchissimo, curato dal Comitato della Società Danti Alighieri col DISUM (Dipartimento di Studi Umanistici) e il Comune di Catania. Per l’occasione abbiamo intervistato il professore Dario Stazzone, (Presidente Società Dante Alighieri – Comitato di Catania).

Quali gli aspetti salienti che differenziano il vostro programma per le celebrazioni dantesche?

Le celebrazioni dantesche di Catania sono caratterizzate da un ricco programma, 26 conferenze e presentazioni che non si fermeranno alle classiche Lecturae Dantis, ma guarderanno all’influsso del grande poeta sulla successiva letteratura italiana ed europea, da Leopardi a Pirandello, da Levi a Consolo. Avremo interventi di italianisti, francesisti e ispanisti, la presenza prestigiosa di una traduttrice francese della Divina Commedia, Danièle Robert che, nella patria dell’alessandrino, è riuscita a riprodurre il ritmo delle terzine dantesche. Uno sguardo così ampio e complesso è dovuto al contributo generoso degli italianisti e dei docenti di diverse discipline del Disum dell’Università di Catania. Da questa impostazione nasce il titolo scelto per l’intero ciclo di incontri: Il sole e l’altre stelle. Dante e i dantismi nelle letterature europee”.

Possiamo ripercorrere con una nota sintetica gli eventi fin qui realizzati?

Giovedì 3 giugno abbiamo inaugurato le celebrazioni dantesche in un luogo evocativo come la corte del Castello Ursino che riconduce a memorie dantesche: Federico II di Svevia, la “mala segnoria” angioina, il Vespro. In quell’occasione il professore Nicolò Mineo, decano della dantistica catanese, ha tracciato un’attenta topografia della critica, dagli anni centrali del Novecento, da Croce e Luigi Russo ad oggi. In seguito, l’11 giugno, abbiamo avuto un’originale conferenza della prof. Rosalba Galvagno che ha parlato della “funzione Dante” in Jacques Lacan: è stato di notevole interesse scoprire quanto e come la Commedia sia presente nella riflessione del celebre psicanalista. Il 14 giugno mi è toccato il primo momento delle Lecturae Dantis: ho proposto una lettura critica del V canto dell’Inferno, forse il canto più noto dell’intera Commedia. Il 19 giugno i giovani della “Dante” e del Centro di Poesia Contemporanea di Catania hanno portato in piazza la poesia. Il Comune di Catania ha messo a disposizione l’Autobook, il giovane artista Mikahil Albano ha realizzato un ritratto di Dante su pellicola ispirato al ritratto del Bargello, i ragazzi hanno letto i loro versi, le terzine dantesche, poesie di Eliot e Caproni mentre i cittadini rispondevano in modo insperato, fermandosi ed ascoltando con attenzione. È stato un momento molto bello e significativo. Il 23 giugno abbiamo avuto un ospite di grande prestigio, il prof. Giulio Ferroni, di cui ho presentato col prof. Antonio Di Grado “L’Italia di Dante. Viaggio nel paese della Commedia”, un testo pubblicato col supporto della sede nazionale della Società Dante Alighieri. In ultimo, il 25 di giugno, il prof. Sergio Cristaldi ha tenuto una conferenza di notevole interesse sulla nascita del profetismo dantesco: l’aspetto profetistico era centrale per i primi commentatori della Commedia come Guido da Pisa, poi è scomparso a lungo dall’esegesi dantesca per essere ripreso nel XIX secolo da Foscolo e nel XX secolo da Nardi. Come si vede il programma è ricco ed articolato.

Quali i “motivi” che hanno condotto le scelte per la stesura di quello ricchissimo e particolareggiato programma?

La ricchezza degli studi dei docenti universitari, dei ricercatori, dei docenti di scuola coinvolti nel programma. Non ci si voleva limitare alla sola opera di Dante, pure sterminata e dilatata da secoli di esegesi e dibattito critico, ma guardare ad essa da una prospettiva comparatistica e in grado di coinvolgere italianisti contemporaneisti. Non mancheranno incursioni sulla presenza di Dante e della sua opera nel cinema delle origini, nella storia dell’arte e nella scienza, grazie ai contributi del prof. Rosario Castelli, del dott. Gioacchino Barbera che è stato direttore della Galleria Regionale di Palazzo Abatellis, dei prof. Filippo Micalizzi e Martino Rapisarda.

“Catania” in che modo lo ha accolto (il vostro programma) e con quanta consapevolezza, riespetto ai messaggi imperituri di Dante, partecipa?

Catania risponde oltre ogni aspettativa. Ho già accennato ai cittadini che si fermavano e si sedevano numerosi per ascoltare la poesia in piazza Università, mentre nell’autobooks giocavano con allegria diversi bambini, una scena bellissima. C’è tanta volontà d’incontro dopo la sospensione della normale attività dovuta alla pandemia. Anche in questo senso il dantesco descensus ad inferos, l’ascesa purgatoriale fino alle sfere celesti è immagine della nostra recente esperienza. Catania risponde ed è in grado di realizzare un programma che la pone tra le città italiane epicentro dei festeggiamenti danteschi: sono convinto che quando si lavora in armonia e in sinergia, tra docenti, diversi ambiti disciplinari, associazioni e istituzioni, com’è successo in questo caso, la vivacità sempre presente nella città etnea trova la migliore espressione. La scommessa della “Dante” è questa, essere trait d’union tra sapere universitario e società civile, essere un luogo di elaborazione collettiva sottratta all’indifferenziato.

Spieghiamo ai più giovani perché oggi è importante celebrare Dante?

Dante è un poeta, la Commedia è l’emblema stesso della poesia. E la poesia contiene sempre un “universale umano”. Certo Dante, oggi, ci dice molto altro, ad esempio afferma col pluristilismo e la straordinaria estensione lessicale della sua opera che niente è escluso dalla rappresentazione poetica, che vi è spazio persino per il basso, lo spurio, lo scatologico e il corporale. Non è necessario ricorrere a categorie intellettuali raffinate, ad esempio la riflessione di Bachtin sul carnevalesco, per comprendere che in questo vi è tutta la sua “modernità”. E poi Dante rappresenta le passioni senza cui è impossibile immaginare la stessa giovinezza: la passione politica fino a condannare gli ignavi ad un giusto e terribile contrappasso, la passione amorosa, la passione per la conoscenza, e sia pure affermando quella particolare etica della misura, quel senso del limes che era essenziale per l’uomo medievale. In ultimo non possiamo non pensare all’Italia, alla connotazione etica dell’«umile Italia», alla dura invettiva del VI canto del Purgatorio: Dante aveva un’idea precisa dell’Italia, della sua lingua (la teorizzazione del «volgare illustre» del De vulgari eloquentia), della sua identità territoriale dalle Alpi alla Sicilia, delle sue condizioni miserande. Ecco, credo che i più giovani possano ben indentificarsi anche nel dolore dantesco per la condizione cui è ridotta la nostra nazione, e non solo loro. Il senso delle nostre celebrazioni è far comprendere attraverso la letteratura l’intensità umana di Dante che certo non va letto con distacco e stanca erudizione.

Qual è, e per quali ragioni, per lei, professore Stazzone, l’insegnamento per eccellenza ricevuto “in dono” da Dante?

Perseguire un cammino di “virtute e canoscenza” come afferma l’Ulisse dantesco, con intelligenza e misura. Siamo tutti personaggi odissiaci persi nel mare della vita, in un cammino spesso difficile e burrascoso. Anche la conoscenza è un mare in cui ci si può perdere senza aver strutturato il necessario senso del limite, facendo come Ulisse che, varcate le colonne d’Ercole, non torna più alla sua petrosa Itaca.

Quali i prossimi eventi in programma?

Il programma continuerà con le Lecturae Dantis, una per ogni canto, coi contributi di cui ho parlato sull’influsso dell’opera dantesca sulla letteratura successiva, con una tavola rotonda di poeti cui tengo molto il 13 di settembre (tra essi Maria Attanasio, Jano Burgaretta ed Antonio Di Mauro), con due giorni in cui incontreremo Maurizio Cucchi, con una mostra di testi danteschi rari e preziosi alle Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero, in cui si custodisce uno dei fondi antiquari più ricchi d’Europa.

Rileggere le terzine dantesche equivale a…?  

Immergersi nella memoria della grande letteratura. Ne abbiamo un grande bisogno nel momento stesso in cui, incredibilmente, la formazione umanistica è sotto attacco. Nel mito classico le Muse erano figlie di Giove e di Mnemosine, la memoria: senza l’arte, senza la parola e l’immagine, la loro essenziale funzione tetica, perderemmo la nostra stessa umanità.  

 

 

in copertina “La Divina Commedia di Dante Alighieri (1265-1321)”, 1465, di Domenico di Michelino (1417-1491). 

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