Sempre verso Itaca
di Bianca Sorrentino
(Stilo Editrice)
Questo vivace dialogo tra pagine del mito classico e riletture contemporanee indaga il rapporto tra il tormento lacerante e la conoscenza, esplorandolo attraverso le sue molteplici accezioni: il viaggio, con Ulisse come archetipo di colui che «a lungo errò» e «molti dolori patì»; la memoria, con Enea che a caro prezzo paga la promessa di rifondare la casa perduta; la verità, con Edipo, che solo quando si acceca riesce a vedere; la poesia, con Orfeo, che discende nel nulla e canta la vita; il lutto, con Elettra come testimone della ferocia e incubatrice d’odio; la ricerca di senso, con Filottete che attraverso l’esperienza dell’alienazione comprende il significato delle sue ferite, e la ricerca di una via, con Dedalo che nella prigionia impara a desiderare la libertà. Al lettore resta un’immaginifica suggestione di leggerezza, che soffia via la polvere dagli occhi e con un tocco di gentilezza chiarisce lo sguardo. Bianca Sorrentino (Bari, 1988) ha conseguito la laurea magistrale in Filologia, Letterature e Storia dell’Antichità presso l’Università di Bari ‘Aldo Moro’ con una tesi comparatistica sulla ricezione shakespeariana delle fonti classiche. Ha esordito per i tipi di Stilo Editrice con Mito classico e poeti del ’900.
Fragile umanità
di Leonardo Caffo
(Einaudi)
L’antropocentrismo è costruito sulla presunta superiorità dell’umano sulle altre forme di vita, oltre che su quella di certi umani rispetto ad altri: ma che succede quando scopriamo di essere della stessa sostanza di tutti gli esseri viventi del pianeta? Quando le proprietà che pensavamo ci rendessero speciali, come la vita mentale o la capacità di soffrire, si manifestano anche in ciò che definiamo ingenuamente «non umano», allora l’umanità come sistema chiuso dell’umanesimo classico si dissolve. Molte sono state le soluzioni proposte, a questa domanda, ma ognuna, presa singolarmente, non basta. Il postumano, cosí come declinato qui, contrapposto anche ai primi fallimentari tentativi dell’ultimo decennio dello scorso millennio, è volto a riposizionare l’umanità in uno schema integrato nella Natura, verso un superamento dell’antropocentrismo, e la costruzione di una nuova narrazione per il nostro futuro.
Non lo fa nemmeno Dio
di Alessandra Brisotto
(Alba Edizioni)
Bianca ha compiuto una scelta estrema: la povertà. Vuole ricominciare dal basso, come semplice collaboratrice scolastica, in una scuola di paese, dove le piccole violenze quotidiane e i sogni si mescolano e spaccano in silenzio. Così il fratello e quell’uomo, entrato di sbieco nella sua vita. Alcune persone hanno la tendenza a fare ciò che non fa nemmeno Dio. Bianca è una di queste. Alessandra Brisotto è insegnante di lingue, scrittrice e operatrice culturale. Scrive romanzi, racconti, poesie, testi teatrali, articoli su riviste culturali, liste della spesa. Dipinge. Nasce a Oderzo, in Veneto. Dal 2005 vive e lavora in Germania. “Non lo fa nemmeno Dio” è il secondo libro di una trilogia che si apre con “L’ultima stanza in fondo al corridoio” e si chiude con il terzo libro, già in fase di sviluppo. Pubblicazioni: “L’ultima stanza in fondo al corridoio” (romanzo, L’Autore Libri Firenze), “e_und” – Gedichte (poesie, Perpetuum publishing Bamberg) con Isabel Bederna, “Das letzte Zimmer am Ende des Ganges” (romanzo, Vog – Verlag Ohne Geld München).
Neve pensata
di Amedeo Anelli
(Mursia)
La nebbia e la neve, la pioggia e i rami accadono sulla riva del Po, ma vengono letti nell’eco del silenzio della Siberia, nella santa madre Russia. Amedeo Anelli, che nasce dove vennero alla luce i «Quaderni Piacentini», presso Vicolo del Pavone, è il traghettatore poetico dei sopracitati odierni remoti. Ama, legge e traduce dal russo ma vive dove tutti i fiumi si radunano a viaggiare. Con un grande flash della discrezione, fuori da ogni frequentazione dell’ostentato presenziare, Anelli dà fiato a questa sintesi: una visione in filigrana, dove la coralità dei saperi interagisce con i livelli possibili di lettura dei suoi testi. Viene data voce al silenzio e reso visibile un panorama che, tolto all’adiposità dei colori, si prosciuga disegnando con matita bianca su cielo grigio, cantando con la voce del rigore una natura esposta come una rete ad asciugare al vento. Gutta cavat lapidem. L’autore distilla parsimoniosissimo la sua tormentata quiete. L’uomo che ha dato vita e conduce in un implacabile sesto grado la rivista «Kamen’», rosa del deserto delle pubblicazioni poetiche non solo italiane, qui ci dà finalmente un compiuto autoritratto del naturale, nelle sue pagine brevi di un unico monocromatico capitolo.