Nostos, ritorno alla parola
Rubrica a cura di Luca Pizzolitto
Da Un’oasi nell’attimo, poesie scelte (Jouvence 2022, traduzione a cura di Faezeh Mardani e Francesco Occhetto)
(…) Così che il lettore scopre in lui la potenza circolare del sapere poetico e mitico che affratella i popoli piuttosto che separarli come fanno l’economia, la politica, e spesso anche le religioni quando diventano istituzioni e dogmi. Sepehri sa fondere il livello mistico e spirituale della sua esperienza con quello quotidiano: ed eccolo che si siede “sul bordo della vasca in cortile:/ pesciolini, luce, io, fiore, acqua”. Sembra che parli di un riflesso, forse parla proprio di questo, ma di un riflesso che ai suoi occhi è grappolo puro di vita. (…)
(dalla postfazione di Giuseppe Conte)
Luce, io, fiore, acqua
Non c’è nuvola.
Non c’è vento.
Mi siedo sul bordo della vasca in cortile:
pesciolini, luce, io, fiore, acqua.
Grappolo puro della vita.
Coglie il basilico mia madre.
Pane, basilico e formaggio, cielo senza nubi, rugiada sulle petunie,.
La redenzione è vicina: qui, tra i fiori del cortile.
Quale carezza versa la luce nella ciotola ramata!
La scala fa scendere il mattino dalla cima del muro.
Tutto è nascosto dietro un sorriso.
Ha uno spiraglio il muro del tempo, si intravede il mio volto.
Ci sono cose che non so.
So che morirò, se che colgo il filo d’erba.
Salgo su, fino in cima, sono pieno di volo.
Scorgo vie nelle tenebre, sono pieno di lumi.
Sono pieno di bagliore e sabbia,
di alberi e rami.
Pieno di vie, ponti, fiumi, onde.
Pieno dell’ombra di una foglia nell’acqua:
quanta solitudine dentro di me!
*
Nostalgia
La luna è sopra il villaggio,
nel villaggio la gente dorme.
Qui, su questa terrazza, annuso il mattone crudo della nostalgia.
Nel giardino del vicino il lume è acceso,
nel mio è spento.
La luna si riflette sul piatto del cetriolo, sull’orlo della brocca.
Cantano le rane,
ogni tanto pure il barbagianni.
Ho vicino il monte: dietro gli aceri, i frassini.
Da qui intravedo il deserto
senza pietre e boccioli.
Da lontano scorgo soltanto ombre,
come la solitudine dell’acqua o il canto di Dio.
Forse è mezzanotte.
Quella è l’Orsa Maggiore: due palmi più in alto del tetto.
Il cielo non è più azzurro, di giorno era azzurro.
Domani devo ricordarmi di andare al giardino di Hasan
a comprare pomodori e albicocche secche.
Domani, sul bordo dello stagno, devo ricordarmi
di disegnare le capre e le ombre delle scope nell’acqua.
Devo ricordarmi di salvare
tutte le farfalle che ci cadono dentro.
Devo ricordarmi di non offendere le leggi della terra.
Domani, sul bordo del ruscello, devo ricordarmi di lavare
il mio asciugamano con la radice saponaria.
Devo ricordarmi che sono solo.
La luna è sopra la solitudine.
*
Un’oasi nell’attimo
Se venite a cercarmi,
sono oltre la terra del nulla.
Oltre la terra del nulla c’è un luogo
dove le venature dell’aria
sono tanti messaggeri che portano notizie
del fiore appena sbocciato
nei cespugli delle lande più lontane.
Là, impresse sulla sabbia
troverete tracce di delicati cavalieri
che salirono all’alba su quel colle
dove i papaveri scalano il cielo.
Oltre la terra del nulla
è aperto l’ombrello del desiderio:
non appena la brezza assetata
soffia nelle radici di una foglia
suona la campanella della pioggia.
Qui l’uomo è solo
e in questa solitudine
fino all’eternità
scorre l’ombra di un olmo.
Se venite a cercarmi
venite adagio, lievemente
che non si screpoli la fragile
porcellana della mia solitudine.
*
Assolato
Si sente il fruscio dell’acqua,
cosa mai laveranno nel fiume della solitudine?
È pulita la veste degli istanti.
Nel sole di dicembre
fiocchi di neve, fili di contemplazione, gocce di tempo.
Sui mattoni, sulle ossa del giorno, la freschezza.
Cosa vogliamo ancora?
La nebbia della stagione circonda le parole,
la bocca è il rifugio del pensiero.
Conosco viaggi che ti sognano
nei loro vicolo e uccelli per te
si scambiano auguri in remoti villaggi.
Perché la gente non sa
che non è lì per caso lo storione?
perché non sa che nelle pupille della cutrettola
risplende oggi il luccichio delle acque del fiume di ieri?
Perché la gente non sa che l’aria
è gelida, tra i fiori impossibili?
—
Sohrāb Sepehri (Kāshān, 1928 – Tehran, 1980) è un celebre poeta e pittore persiano del Novecento. Dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti, inizia a girare l’Europa ed esplora l’Oriente per appagare la propria sete spirituale. Nel 1965 pubblica il poema Il suono dei passi dell’acqua e nel 1967 la famosa silloge La dimensione verde; dieci anni dopo, tornato in Iran, riunisce la sua intera opera poetica in un volume dal titolo Otto libri. Muore a soli cinquantuno anni, colpito da una malattia incurabile, conservando uno stile di vita moderato fino all’ultimo.
In copertina ph dal web.