“Quaternarium” di Gianluca Furnari. Un viaggio «uscito dal tempo», narrato in versi fantascientifici come «spie di coscienza».

Tre sezioni (“Ipersonno”, “Calendario Marziano” e “Quantum nova”, di quest’ultima i versi nati in lingua latina sono resi anche in italiano) per variate focalizzazioni di un viaggio «uscito dal tempo», narrato in versi fantascientifici, «spie di coscienza», attraverso «la vita/ nel suo tumulto ennesimo/ pronta a vestire una forma qualunque/ per passarti attraverso». Segnaliamo “Quaternarium” di Gianluca Furnari, pubblicato da “Interno Libri”, collana “Interno Versi” (con illustrazione in copertina di Valeria Puzzovio). Un “perturbante esserino di cellulosa”, volume reduce da “nove anni di perigliosa gestazione” che, crediamo, si presti magnificamente alla trasposizione cinematografica, da stella a stella «una storia d’onde e di plasma», mettendo al centro della narrazione “l’utopia come motore della realtà”. La parola (curatissima) muove l’onda del desiderio fino alla “Fine dei numeri”, al silenzio, alla «Pace antartica».

Pariamo dal titolo: qual è stata la scintilla che ha portato il tuo Quaternarium? Meglio: in che modo la (tua) vita diventa linguaggio?

In questa fase della mia vita concepisco la poesia come una lenta pratica di costruzione più che come un episodico incendio della coscienza, per cui fatico a identificare una scintilla. «Quaternarium» è concresciuto con me negli ultimi anni, nutrendosi di letture fantascientifiche, utopie di postumanesimo, ideali di fraternità su base biologica, immaginazioni del futuro, visioni della Terra dall’alto.
Quanto alla seconda domanda, solo di rado la mia vita non è linguaggio. Credo che il sapiens sia una macchina ordinata alla transcodifica continua di esperienze in parole; ma anche una macchina che si stupisce di sé stessa, vicina all’epoca in cui ha scoperto la potenza dei suoni articolari, memore dello sguardo d’intesa che il primo verso gutturale ha acceso fra lui e l’altro sulla Rift Valley, quando ha provato a spiegargli quel dolorino alla gamba, proprio lì sotto il ginocchio, che si è procurato cadendo da una roccia appuntita.
La poesia, quindi, è solo una forma del linguaggio. È linguaggio che si autoillumina, rivelando la gabbia di Faraday in cui ciascuno di noi è segregato, mentre sogna di immergersi nella comunità dei vivi. Per me la vita-linguaggio ha la voce dei morti e spesso parla in endecasillabi.

“Mancando l’aria, un sogno/ forse saliva a visitarti”, con i tuoi versi per chiedere: ad oggi, dove sei stato condotto dalla scrittura, e, qual è stato l’insegnamento?

Lasciami interpretare la domanda sull’«essere condotti» come una domanda sul progresso individuale e collettivo. Non credo in un «prima» e in un «dopo», non credo nell’esistenza di una meta univoca e ho molti dubbi sul concetto di progresso. Il passato trova sempre modi nuovi per mascherarsi da futuro.
In poesia credo di essere rimasto lì dov’ero all’inizio, cambiandomi d’abito diverse volte; la scrittura, però, mi ha regalato l’illusione di vedere me stesso dall’esterno, il sogno di diventare minuscolo e incommensurabile, sganciato dalla coscienza umana e in viaggio attraverso realtà che annullano la separazione tra i soggetti, o tra soggetto e oggetto: nel testo che citi ho dato voce alla piccola astronauta Laika; altrove, nel libro, ho assunto i punti di vista delle figure geometriche (prima sezione), di un futuro colono marziano (seconda sezione), di un sopravvissuto all’apocalisse (terza sezione, quella in latino).
Dopo simili viaggi, comunque, sono sempre tornato a me stesso e ai miei confini. Questo era necessario: ho imparato che possiamo relazionarci con il mondo solo accettando che abbiamo un’identità a cui torniamo periodicamente. Sono un essere umano detto Gianluca; ho una vita intessuta di contraddizioni; molto di quello che faccio non ha senso; ma non posso permettermi di non amarmi, perché ho questo corpicino di sapiens da curare, e intorno a me altri corpi di animali e di piante che mi cercano e che io cerco.
Ciò vale anche sul piano politico e del progresso collettivo. Prima il concetto di «identità» mi faceva paura, evocandomi peso, rigore, solidità. Ora non è più così, anzi: penso che aggredire la propria identità generi spesso frustrazione inconscia, e un senso di colpa che finisce per soverchiarci e deresponsabilizzarci. Nessuna utopia nasce dal senso di colpa. Cambiare ciò che, nella nostra identità, può produrre dolore in noi e negli altri forse è possibile, ma con delle riserve: è possibile solo entro certi limiti e solo in un tempo molto lungo; è possibile, ma non dipende interamente da un atto volontaristico (e tanto meno intellettuale); è possibile, ma solo generando nuove contraddizioni.

La poesia è (forse) un destino?

Sul piano relazionale la passione per la poesia è più una sfiga che un destino. Sul piano esistenziale non direi, non più di qualsiasi altra attività, anche perché il destino poetico presuppone una meta. E quale sarebbe in tal caso la meta? Inoltre, il «destino» è un concetto divisivo e mi impaurisce, perché richiama l’idea di una «specialità» dei poeti rispetto agli altri; ma essere «speciali» significa uscire dalla «specie», invece i poeti e le poete migliori restano sempre a contatto con essa.

scelte per voi

 

Da Ipersonno (I sezione)

Moriranno più tardi, in una rissa
tra mondi, i nuovi nati
sotto maree di formalina – ma ora
è per altro che nascono
e nei loro occhi cresce a poco a poco
l’immagine dei mondi che un mattino annienteranno:
flessi i corpi dai carichi
di zyklon, macerati dal transito stellare,
respirano in un fluido
che sembra l’aria ed è la storia:
così, senza saperlo, aprono un’epoca
di creature combuste,
flagellati, coscienze più sottili dell’uomo.

 

Da Calendario marziano (II sezione)

Così è finita – il 18 novembre
del 3000, alle sette del mattino,
senza darne preavviso, anzi con dolo
camuffando i suoi guasti
dopo lunghi evi di onorato servizio,
spenta, radiata inutilmente
dai suoi trascorsi di splendore –
la fotosintesi clorofilliana;
fanno di no col dito,
se tu chiedi, i botanici
di turno, gli esperti in tilacoidi
mettono foglie sotto vetro,
li avvolge un vento di rabbia e reticenza
armeggiando nel parco
con gli inutili igrometri, le forche
mentre il verde rovina.

 

Da Quantum nova (III sezione)

IV Dies
Exitus legum naturalium
Somni summi somniis
cum sit mundus satur,
hyrca, hyrca, nazaza,
mundus decreatur.
Prima de perimetro
flantur aquiloni
sidera. Perimitur
gravitas Newtoni.
Sic saltare sabula
Lunae, sic vagari
magna Iovis macula
aetheris in mari;
utque mersa, demori
sic novarum flamma,
radioque radii,
IR et X et γ.
Deliravit atomi
quippe vis secreta;
stant neutrina; frigidus
coit casus β.
Ecce, quark quaternio
quatitur ac nubi
cedit mundus. Desinunt
quando, quid et ubi.

Giorno 4
Fine delle leggi di natura
Saturo ormai dei sogni
del suo sonno finale,
hyrca, hyrca, nazaza,
l’universo scompare.
Scalza dall’antica orbita
le stelle un vento freddo.
Si spegne, assassinata,
la gravità di Newton.
Ballano ora le sabbie
della Luna, la Grande
Macchia Rossa di Giove
guada le acque del cielo;
come sommerse, muoiono
la fiamma delle nove,
le onde radio, le onde
infrarosse, X e gamma.
La potenza dell’atomo
ora è fuori dai gangheri;
fermi i neutrini; immobile il
decadimento beta.
Ecco, vibra il quaderno
dei quark e l’universo
cede a una nube. Cessano
il quando, il cosa, il dove.

Gianluca Furnari (Catania, 1993) è poeta, docente e studioso di letteratura rinascimentale. Ha esordito con la raccolta poetica Vangelo elementare (Raffaelli, 2015), finalista al Premio Rimini 2015 e vincitrice dei Premi Violani Landi 2016, Fiumicino 2016 e Solstizio 2018. Suoi testi sono apparsi sulle antologie Post 900 Lirici e narrativi (Ladolfi, 2015), Abitare la parola (Ladolfi, 2019), Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90 (Interno Poesia, 2020) e Poesie dell’Italia contemporanea (Il Saggiatore, 2023) e sono stati tradotti in inglese e galego. Formatosi tra l’Università di Catania e l’Accademia Vivarium Novum di Frascati, nonché – come dottorando in Filologia – presso l’Università di Firenze, ha al suo attivo contributi scientifici sulla letteratura latina moderna e contemporanea. Tra le sue poesie latine a tema fantascientifico si segnalano l’ecloga Leonardus et Saladinus («Renascens», 3, 2021) e Sepulchrum lunare («MediumPoesia», 24 gennaio 2023). Per lay0ut magazine cura la rubrica di traduzioni Neolatina e ha organizzato il Certamen Poeticum Nubicentauricum, gara di poesia latina a tema fantastico.

(la versione ridotta di questa recensione-intervista a cura di Grazia Calanna, è apparsa sul quotidiano LA SICILIA del 09.02.2025, pagina Cultura, rubrica “Ridenti e Fuggitivi”).

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