“Passava dal verso
aborto striminzito, alla sua prosa d’ego facile,
in un batter d’ali,
che d’altra parte
del mondo,
generasse disordine.
Inaugurava un nuovo
giorno con l’insonnia sparpagliata tra le sue innumerevoli sfumature.
Molteplicità malsane. L’immobilità colpevole,
possibile soltanto se costretta allo strisciarsi dentro,
la scriveva per quelle iniziali che aveva eretto ad intero alfabeto di ogni giorno,
altare di marmorea inutilità,
scheletrico divenire…un tutto e nulla.
L’idiozia del vomitarsi addosso ogni senso,
radice zero che produce zero,
narciso ferito e colpevole di vita.
Ruotava,
in una domanda caleidoscopica,
riproduceva la stessa risposta.
“Vuoto”.
Tutti sillogismi sbagliati,
perché la grammatica della sua anima non filosofeggiava due lancette più tardi dell’ora esatta.
“È tardi in me…”, pensava riboccheggiando alcol mischiato al miele del suo sangue.
Infetta, era una vita che aveva dolore.
Acida e intensa, come le sole poche cose piccole agli angoli di un buon sentimento e dello sguardo distratto di un passante.
Lei accadeva, nel mondo, nel sobborgo di un equilibrio sottile…
Nulla più.”
(Erica Donzella)
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