Emil M. Cioran Idea Grafica di Nino Federico
Emil M. Cioran, idea Grafica di Nino Federico



Un approccio che prefigurasse un atteggiamento analitico nei confronti di un uomo che ha fatto dell’attacco ad ogni forma di sistema uno dei cardini del proprio pensiero zigzagante costituirebbe un tradimento troppo marcato dei suoi modi e del suo stesso spirito. Propongo dunque al lettore qualcosa di più simile ad un pudico schizzo, ad un’immagine fuggevole, qualcosa che possa lasciarci intravedere la profonda umanità celata dietro la maschera da misantropo che il “pensatore privato” rumeno, come amava definirsi, indossava. Cioran è faro, è lanterna nella tenebra, è voce, spesso terribile nella sua incoercibile lucidità, che guida attraverso il rumore assicurandoci che non siamo soli. La sua “parola inzuppata di silenzio” (E. Jabès) è insperato pharmakon, unguento caritatevole. Scrivo al presente poiché i grandi spiriti sempre sono presenti e mai cadono nel “furono”. Una lettura distratta dei suoi testi porta molti a rilevare un effetto depressogeno degli stessi, voglio qui invece sostenerne la potentissima carica terapeutica con esiti che non di rado sfociano in un irresistibile umorismo, sebbene connotato dall’amarezza. I libri di Cioran sono vere e proprie ancore di salvezza, da aprirsi, secondo lo stesso autore, in modo asistematico. Leggere “a caso” è forse l’approccio più illuminante anche perché mette in luce la totale incuranza di Cioran per il principio di non contraddizione. Sì, perché soltanto i cadaveri non si contraddicono, la vita invece procede per cambi violenti di luce, di posizione e di sensibilità. Forzare le parole affinché esprimano un qualche assetto coerente di pensiero è annullarne la vitalità, è condannarle alla sterilità e renderle del tutto inadatte a lenire la sofferenza. Allo scopo di tentare di fornire una possibile chiave di lettura dello straordinario potere terapeutico della parola cioraniana vorrei ora introdurre una delle sue espressioni più chiarificatrici: “silenzio melodioso”. Agganciandoci a questo ossimoro possiamo rimanere prossimi a un dire evocativo e poco circostanziato che ci consente di proporre Cioran come colui che inietta massicce dosi di silenzio melodioso all’interno della parola, un’iniezione che porta a un inaspettato aumento della capacità espressiva, e per ciò stesso terapeutica, della parola stessa. Cioran rivela una stupefacente abilità nel metterci a disposizione una possibilità di ascolto del silenzio mediante ciò che sembra essere il suo opposto, appunto la parola. Essa è, tuttavia, costruita sulle macerie di ciò che resta di una parola che pretenda di catturare il mondo attraverso un atto di significazione univoca.

Dapprima il filosofo rumeno mette in mora le parole: “C’è qualcosa che rivaleggia con la battona più sordida, qualcosa di sporco, di logoro, di sfatto, che eccita e sconcerta la rabbia – un vertice di esasperazione e un articolo buono per tutti i momenti: è la parola, ogni parola, e più precisamente quella di cui ci si serve. Dico: albero, casa, io, magnifico, stupido – potrei dire qualsiasi cosa, e sogno un assassino di tutti i nomi e di tutti gli aggettivi, di tutti questi rutti decorosi…” (Sommario di decomposizione, p. 197), poi attua una vivificazione delle stesse trasfondendovi sostanziose porzioni di silenzio melodioso. A un’occhiata sfuggente potrebbe sembrare che la creazione di porosità pregne di silenzio all’interno delle parole possa portare a una loro morte per asfissia; sono invece proprio tali cavità che le possono rianimare, dando loro un vitale apporto di ossigeno-silenzio. Attraverso una parola intrisa di silenzio, è forse possibile recuperare un rapporto più autentico con la nostra condizione. Un dio potrebbe fruttuosamente impiegare una parola piena e luminosa, l’uomo non può che rimanere in una zona intermedia, in una penombra che illumini nell’atto stesso di oscurare. Cioran è un promotore della “disfatta” della parola. È tuttavia interessato non tanto a una sua capitolazione definitiva quanto piuttosto ad un suo depotenziamento; depotenziamento che, in ogni caso, la rende più vicina alla possibilità di rapportarsi all’essenziale, parola silenziosa, parola muta ma che proprio nell’essere silenziosa coglie nel segno pur senza colpire il proprio bersaglio. Si tratta, è innegabile, di una parola che vive in una condizione paradossale ma che nella paradossalità trova la propria efficacia comunicativa e l’effetto corroborante che il lettore alla ricerca di un amico autentico prova nel trovarsela di fronte. Le sue sono parole caleidoscopiche, moltiplicano il proprio senso in un continuo gioco di specchi riflettentisi l’uno nell’altro, commerciando con il silenzio fino a risultarne impregnate, le parole di Cioran, lungi dal voler mostrare chiaramente, dal far vedere nella luce vivida, lasciano piuttosto intravedere realizzando, proprio grazie a questo, tutte le loro potenzialità; la sua parola terapeutica è in perenne movimento, disegna traiettorie in entrata e in uscita, tra superficie e profondità, tra aria e asfissia; è silenziosa o urlante, è in combutta con il silenzio o con l’esplosione. L’aforisma, la massima, la formula, di cui Cioran è maestro impareggiabile, paiono essere espressioni in grado di caricarsi di silenzio. Nell’aforisma ogni parola sembra comportarsi come una sorta di eritrocita linguistico, assume in sé ossigeno-silenzio e lo veicola senza fornire ulteriori spiegazioni, rimanendo nel segno della suggestione e, proprio per questo, rivelandosi massimamente efficace nel farci scorgere un senso fecondo. Questo è l’unguento lenitore che Cioran ci regala. In conclusione, segnalo qui due recenti pubblicazioni edite dalla casa editrice Mimesis: L’intellettuale senza patria. Intervista con Jason Weiss (a cura di Antonio Di Gennaro) e Il nulla. Lettere a Marin Mincu 1987-1989 (a cura di Giovanni Rotiroti). Tali volumi, inediti sino ad ora in Italia, hanno il merito di proporre al lettore italiano, originali testimonianze di un Cioran acuto osservatore della realtà e quindi autentico pensatore del Novecento. Grazie a lavori come questi, la voce “in-audita” di Emil Cioran può gradualmente affermarsi nel panorama editoriale italiano, dandoci la possibilità di confrontarci con un “classico” della storia della filosofia contemporanea.

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