Salvatore Quasimodo (Tutte le poesie).

L’intera produzione lirica di Salvatore Quasimodo, dagli esordi (i primi versi, poi confluiti in Acque e terre, risalgono agli anni dell’adolescenza) all’ultima raccolta, Dare e avere, pubblicata due anni prima della morte. In questa edizione ampliata e arricchita di apparati di commento che offrono nuove interpretazioni è presente, inoltre, una folta appendice di poesie disperse o non ripubblicate dall’autore e di inediti giovanili, che accresce in maniera significativa il corpus finora noto. Ciò che in tal modo si disegna è un itinerario di assoluta originalità che attraversa tutto il Novecento, dalle prime prove di sapore dannunziano-pascoliano e crepuscolare ai testi ermetici, fino ai componimenti strettamente legati alle drammatiche vicende storiche del secolo e ai versi dell’ultima stagione caratterizzati da una forte dimensione narrativa. Punto cruciale di snodo il “laboratorio poetico” costituito dalla versione dei lirici greci, qui per la prima volta presentati non in posizione liminare, come semplice traduzione, ma come vero e proprio libro autonomo, un atto creativo nel quale Quasimodo ha trovato l’autenticità della propria voce, dando vita a testi di assoluta bellezza.

 

 

cinque poesie

 

Già vola il fiore magro

Non saprò nulla della mia vita,
oscuro monotono sangue.
Non saprò chi amavo, chi amo,
ora che qui stretto, ridotto alle mie membra,
nel guasto vento di marzo
enumero i mali dei giorni decifrati.
Già vola il fiore magro
dai rami. E io attendo
la pazienza del suo volo irrevocabile.

Dormono le cime dei monti
Dormono le cime dei monti
e le vallate intorno,
i declivi e i burroni;

dormono i rettili, quanti nella specie
la nera terra alleva,
le fiere di selva, le varie forme di api,
i mostri nel fondo cupo del mare;

dormono le generazioni
degli uccelli dalle lunghe ali.

 

Al modo delle foglie

Al modo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell’età,
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dèe ci stanno a fianco,
l’una con il segno della grave vecchiaia
e l’altra della morte. Fulmineo
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d’un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.

 

Lettera

Questo silenzio fermo nelle strade,
questo vento indolente che ora scivola
basso tra le foglie morte o risale
ai colori delle insegne straniere…
forse l’ansia di dirti una parola
prima che si richiuda ancora il cielo
sopra un altro giorno, forse l’inerzia,
il nostro male più vile… La vita
non è in questo tremendo, cupo, battere
del cuore, non è pietà, non è più
che un gioco del sangue dove la morte
è in fiore. O mia dolce gazzella,
io ti ricordo quel geranio acceso
su un muro crivellato di mitraglia.
O neppure la morte ora consola
più i vivi, la morte per amore?

 

Oggi ventuno marzo

Oggi ventuno marzo entra l’Ariete
nell’equinozio e picchia la sua
testa maschia contro alberi e rocce
e tu amore stacchi
ai suoi colpi il vento d’inverno
dal tuo orecchio inclinato
sull’ultima mia parola. Galleggia
la prima schiuma sulle piante, pallida
quasi verde e non rifiuta
l’avvertimento. E la notizia corre
ai gabbiani che s’incontrano
fra gli arcobaleni: spuntano
scrosciando il loro linguaggio
di spruzzi che rintoccano
nelle grotte. Tu copri il loro grido
al mio fianco, apri il ponte
fra noi e le raffiche
che la natura prepara sottoterra
in un lampo privo di saggezza,
oltrepassi la spinta dei germogli.
Ora la primavera non ci basta.

 

Natale

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

 

 

Salvatore Quasimodo – Modica, Ragusa, 1901 – Napoli 1968. Premio Nobel nel 1959, poeta e autore di finissime traduzioni di testi classici dal greco e dal latino, esordì nel 1930 con Acque e terre. Esponente dell’ermetismo prima e del neorealismo poi, amico di Vittorini e Montale, ha pubblicato numerose raccolte tra cui Ed è subito sera (1942), Giorno dopo giorno (1947) e La terra impareggiabile (1958).

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