Sara Bini, “Cristalli”, un anelito alla luce, versi verso la “nostra natura trascendente, incorruttibile e immortale”.

tre domande, tre poesie

 

“Cristalli” è un distillato poetico, un appassionato omaggio alla Luce che, in un estremo slancio di amore, s’imprigiona nella materia più densa: lo stato minerale. In queste silloge si celebra l’abbraccio infinito di Spirito e Materia, il paradosso dello splendore che sboccia dalla più cupa disperazione. Quasi ogni poesia canta un dolore depurato, un composto pesante che viene lavorato, raffinato e reso trasparente. Il cristallo diventa emblema di una musica silenziata, di una sonorità arrestata e tuttavia capace di riflettere i raggi luminosi da cui è permeata. La parola poetica aspira dunque a recuperare quel potere redentore, quella trasmissione vitale che ridesta l’anima sinfonica del creato, rendendolo capace di manifestare bellezza aldilà di ogni apparente imperfezione.

Laureata in Lingue e Letterature Straniere, Sara Bini si è sempre sentita attratta dalla poe-sia, dalla scrittura e dalla musica. Si è formata inoltre come operatrice di Biomusica e come Counselor a mediazione artistica. Fin da bambina si è appassionata al violino, alla chitarra e al canto suonando e cantando in varie band, in cui componeva e arrangiava an-che musica propria. Nel 1997 pubblicò la silloge di poesie “Sehnsucht –Nostalgia dei Senza Terra”, con cui vinse il primo premio al Concorso Internazionale di Poesia e Narra-tiva “Cinque Terre”, nel settore Silloge Edita. Nel 2013 pubblica “Variazioni Su Tema”, una raccolta di sillogi poetiche e di racconti, con la casa editrice Evoluzione del Cuore. Ha sempre affiancato il suo percorso interdisciplinare con un percorso di ricerca spirituale e crescita interiore. Nella sua esperienza, l’arte e la cultura sono considerate trasfigura-zione e nobilitazione della vicenda umana e canali di contatto con l’essenza più profonda del vivente. Nel 2019 pubblica il suo libro “I figli di Lilith. Un tributo a Isolde Kurz e al Divino in ogni donna.”. Nel 2022 è uscito esce il suo saggio “Suono, Scrivo, Creo e Can-to”, focalizzato sul potere terapeutico della creatività e sul songwriting. Sempre lo stesso anno, con la Delta 3 Edizioni, ha pubblicato la silloge poetica “Ultrafania”. Nel 2024, con Interno Libri, è uscita la sua raccolta poetica “Cristalli”. È autrice del blog “Nostalgia dei Senza Terra”, e sul suo omonimo canale YouTube si possono ascoltare le sue poesie e canzoni.

Partiamo dal titolo: qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Cristalli”, meglio: in che modo la (tua) vita diventa linguaggio?

È toccante che, in questa domanda, si parli proprio di ‘scintilla’, dato che “Cristalli” ha rappresentato il mio anelito alla luce in un periodo di massima sofferenza e oscurità. Le poesie di questa silloge sono state in maggior parte scritte tra il 2020 e il 2023, quindi co-prono un lasso di tempo abbastanza cruciale per la storia dell’umanità. La dedica è per tutti gli uomini e le donne che, in anni così critici, hanno sublimato l’orrore e la desola-zione nel loro ‘atomo di eternità’, trasformando il male in bene, la morte in resurrezione. Dal punto di vista letterario, invece, il titolo richiama una delle ultime poesie di Paul Celan, un celebre poeta di origine ebraica e lingua tedesca. Scampato all’olocausto, in una delle sue ultime liriche definisce la parola poetica un “Atemkristall”, cioè un “cristallo di respiro” che, nella “screpolatura dei tempi”, resta come “irrevocabile testimonianza”. Questo titolo ha anche altre valenze, prima fra tutte il cristallo come emblema dell’estremo abbraccio tra Spirito e Materia. Ciò che è più libero, rarefatto e puro, la luce, per amore s’imprigiona e si riflette in ciò che è più pesante, denso e refrattario: la pietra. Cristalli è la storia di tutti i bodhisattva in incognito, gli angeli visitatori che sono venuti in questa dimensione tragica, piena di sofferenza, guerre e squallore a portare la testimonianza di una luce e di un amore che sarebbero il diritto di nascita dell’umanità. Tali ani-me non sdegnano di sporcarsi le mani, di farsi uomini e donne apparentemente fragili e vulnerabili, di sperimentare la passione, il conflitto e il rifiuto allo scopo di mostrare che non sono la nostra realtà ultima e che esiste una pace possibile nel cuore della tempesta.

Ad oggi, dove sei stata condotta dalla poesia, (qual è stato l’insegnamento), la poesia è (forse) un destino?
Nella mia esperienza, la poesia è sempre stata una pratica di vita, un esercizio di carattere quasi alchemico. Si tratta di imparare a trarre l’oro della bellezza dal piombo del “male di vivere”, tanto per citare Montale. La poesia mi ha insegnato e mi insegna a trovare quel barlume d’eterno, quel “varco” che ci “infinita”, riportandoci alla nostra natura trascendente, incorruttibile e immortale. Inoltre, per me, la poesia è azione, una forza dinamica che trasforma colui o colei che scrive così come il mondo che vive e osserva. Come afferma Dylan Thomas, “una bella poesia è un contributo alla realtà. Il mondo non è più lo stesso dopo che gli si è aggiunta una bella poesia”. La parola poetica, rinnovando la percezione del reale, possiede una carica rivoluzionaria che travalica di gran lunga il campo dell’estetica. La poesia non è innocua, anche se insegna l’innocuità. Nel mio caso, forse la poesia è stata davvero un destino o un talento innato, poiché ho scritto la mia prima poesia a otto anni, contemplando la fiamma di una candela. Eppure, per gli animi sensibili, la poesia diventa un imprescindibile passaggio iniziatico allorché si trovano faccia a faccia con quelle che Jasper definirebbe situazioni-limite, che richiedono un linguaggio fuori dall’ordinario. In primis, mi viene in mente l’amore: secondo Platone, “tutti diventano poeti al tocco dell’amore”, soprattutto quando tale sentimento è autentico e abbiamo i canali emotivi abbastanza puliti da ospitare il sacro fuoco di Eros.

Le parole bastano alla poesia?
Dipende. La bella forma resta un puro gioco intellettuale o vuota retorica, se priva del so-strato vitale e viscerale dell’esperienza vissuta, dell’emozione pulsante, del pensiero in-carnato e manifestato. D’altro canto, la maestria di catturare e nominare l’innominabile attraverso la parola poetica è altrettanto necessaria per poter parlare di ‘arte’, altrimenti assisteremmo a una serie di scritture emotive di carattere puramente soggettivo. Il lavoro di lima sul linguaggio e sulla forma è dunque fondamentale in poesia, forse ancor più che nella prosa. A mio avviso poi, c’è una certa interazione tra linguaggio e vita: se ci apriamo a parole nuove, con ogni probabilità sperimentiamo realtà nuove. Nei miei seminari sulla scrittura poetica e creativa, consiglio infatti ai partecipanti un gioco chiamato il ‘cattura parole’. Li invito ad acuire i sensi e a prestare ascolto alle parole fuori dal loro ordinario campo lessicale. Li esorto a lasciarsi colpire da qualche espressione nuova e a verificare se possono trasporla poeticamente nel loro mondo. Quando le persone allargano il proprio campo del dicibile e del poetabile, spesso espandono il loro orizzonte mentale e vitale, disponendosi così a nuove possibilità di esperienza.

Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro. Di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere (nel contesto del libro che l’accoglie).

Lascio due poesie della mia silloge ‘Cristalli’: la prima, ‘Iridi’, è legata al tema degli oc-chi, intesi come correlativo oggettivo dell’anima. Rappresentano esotericamente l’archivio delle nostre memorie ancestrali e sono l’inconfondibile tratto distintivo di ognuno di noi. La seconda, ‘Incanto serale’, è una lirica sentimentale, che coglie un momento d’intimità tra amanti sull’ora del crepuscolo. Si sottolinea come l’amore, citando gli U2 nella can-zone ‘Walk On’, “non è una cosa facile, è l’unico bagaglio che puoi portare con te” ed è tutto ciò che, in questa dimensione terrestre, “non puoi lasciare indietro”. Infine, riporto la prima e l’ultima stesura della poesia ‘Caffè’, sempre dalla suddetta raccolta. In origine anche il titolo era diverso, infatti si chiamava ‘Appuntamento’. Tuttavia, la modifica formale e sostanziale più significativa riguarda il finale, poiché nella stesura definitiva assistiamo a un cambiamento di prospettiva. È vero che talvolta possiamo aver l’impressione di sprecare il nostro tempo, tuttavia è impossibile mancare un appuntamento con la propria anima. Essa troverà comunque altre vie e altri tempi per completare il suo percorso di esperienza e di evoluzione.

scelti per voi 

 

IRIDI

Rimbalza attraverso i secoli
il grido della mia anima
disperato
       tacitato
             dilaniato

Nelle limpide iridi
               – diamante scheggiato

 

INCANTO SERALE

Perfetta imperfezione
disciolta in tenerezza.

È il silenzio cristallino
delle cose scontate
velate
         sfilate
               a malapena
udite

Queste membra intrecciate
tra le coltri
                  all’imbrunire:
sei la dimensione terrestre
                 a cui non so
rinunciare

 

APPUNTAMENTO (prima versione di ‘Caffè’)

“Perché
non ci prendiamo un caffè?”

Tazze, tavoli e tedio
col cucchiaino giro
lo schianto e il vuoto

Ho incrociato mille occhi
preso mille caffè
tra una chiacchiera e l’altra
su te e me

Ma sono sfinita
e in una goffa poesia
l’appuntamento mancato
con l’amore
la vita
e l’anima mia

CAFFÈ

“Perché
non ci vediamo per un caffè?”

Tazze, tavoli e tedio:
col cucchiaio ricamo
lo schianto e il vuoto

Ho incrociato mille occhi
preso mille caffè;
tra una chiacchiera e l’altra
di te e di me

Ma sono sfinita.

In una goffa poesia
l’appuntamento mancato
con la vita.

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