Tra post-impressionismo e Sol Levante
Tsuguharu nasce a Tokyo nel 1886 e sempre nella città nipponica frequenta la Geidai, la Scuola Imperiale di Belle Arti. Agli inizi del XX sec. si trasferisce a Parigi per continuare i suoi studi. Entra così in contatto con i più grandi artisti dell’epoca, tra cui: Amedeo Modigliani, Juan Gris, Pablo Picasso e Henri Matisse. Diventa uno dei pochi artisti dell’epoca a guadagnare somme importanti e non solo in Francia ma anche in America Latina, viaggia infatti tra Brasile e Argentina dove le sue opere furono apprezzate notevolmente. Rientrato in patria nel 1933, dove fu accolto come una celebrità, entra a far parte del gruppo artistico giapponese Nikakai, che basava le proprie teorie sul superamento del tradizionalismo nipponico in funzione di una commistione tra le due culture, occidentale e orientale. Dopo una breve parentesi cinese, passati circa sei anni, ritorna a Parigi fino al giugno 1940 con l’occupazione tedesca della capitale francese. Fugge qualche anno più tardi dalla Francia per rientrarvi solo nel 1955 ed ottenere la cittadinanza d’oltralpe; dopo una profonda elaborazione spirituale si converte al cattolicesimo e sceglie il nome di battesimo Léonard, in onore del genio italiano. A Reims, nel nord-est della Francia, inizia la costruzione della sua cappella: la Chapelle Notre-Dame-de-la-Paix, che ospiterà i suoi resti solo a partire dal 2003. Tsuguharu muore infatti a Zurigo di cancro: il corpo verrà prima seppellito a Reims, poi a Villiers-le-Bâcle (a circa 30 km da Parigi) e infine nella sua cappella. L’arte di Tsuguharu è la perfetta mescolanza del grafismo delicato e minuzioso dell’arte nipponica con il realismo occidentale. Una delle opere che meglio rappresenta la sua arte è Ragazza nel parco (1957). Si tratta di un olio su tela, ora in una collezione privata, che ritrae una bambina con un gattino in braccio. I contorni sono realizzati con una linea continua di inchiostro nero e poi riempiti con pochissimo colore. La resa cromatica non risulta quindi “pastosa” come nell’arte occidentale, ma realizzata quasi ad acquerello. Le sottili linee nere rimandano immediatamente all’arte orientale dell’inchiostro nero, “sumi-e”. L’arte giapponese è infatti essenzialmente grafica e Foujita, fedele alla tradizione, amplifica l’uso della linea e, contemporaneamente, supera la stessa tradizione con influenze occidentali, come nella tecnica della stesura del colore, in particolare nei panneggi.
7 risposte