Yari Lepre Marrani, tre poesie tratte da “I canti di un pellegrino”.

“Lo specchio dell’anima è un prisma dove i raggi di luce che incidono su di essa emergono da un’altra parte, con un nuovo colore. Nell’infrangersi dei sentimenti con le gioie e i tormenti della vita quotidiana la poesia manifesta diversi colori e, come il prisma, restituisce i moti più profondi e complessi dell’anima. Ma sentimenti e pensieri possono anche essere frutto di visioni. La poesia è figlia di questa necessità vitale di esprimere il proprio pensiero attraverso la più nobile delle arti. Così il pensiero si fa voce e la voce si fa scrittura. Se la poesia è figlia delle emozioni e queste della vita, ogni componimento lungo o breve è una visione emotiva che si è fatta concreta sulla bianca pagina di un foglio muto, dando a questo foglio la scintilla della creatività. Le emozioni s’intersecano e si inseguono come i colori che illuminano il cielo dopo una tempesta. Le poesie nascono da un pensiero o da un attimo ma sono tutte collegate da un filo conduttore: il bisogno di scrivere per creare. Se l’autore dovesse sintetizzare in una frase la genesi di questa silloge non potrebbe far altro che ripetere il motto della sua vita: creare è sinonimo di vivere.”

 

Scelte per voi dall’autore

 

Israele

Sulle rive insanguinate dei tuoi fiumi
e sul colle di Sion
grida ancora Isaia d’animo inquieto
per i tuoi figli perseguitati e persecutori.
Egli cantò come Omero il poema del suo popolo,
sfogò come Dante la sua nobilissima passione
patriottica,
dischiuse le porte del cielo come Milton
e scandagliò come Shakespeare i misteri del
cuore.
Oggi la sua voce si dissolve in polvere
né potrai vedere negli occhi dei secoli
schiuso il mistero del tuo popolo
che ancor racchiude pianti e sangue
nel seno di un destino arcano.
Nel cuore dolente di Mosè e Aronne sei nato
né il malvagio cuore ti ha leso o soggiogato
e a nuovi lutti ti condanna un ignoto fato.
Ma le tue insanguinate rive di sangue ancor
sazie non sono
e i profeti oggi chiamano il tuo popolo a nuove
virtù già incise
sul petto d’Elia il selvaggio uomo
né pace avevi o avrai
perché il cielo ti darà guerra se chiederai pace
e guerra se chiederai guerra
allora, ieri, oggi o domani:
questo è il ricatto che dà alla tua sventura
una linfa vitale tanto lunga.

Al plenilunio

Quella musica delle stelle
che s’incontrano
l’ho già ascoltata dai tuoi occhi
piangenti che guardavano il plenilunio
e le lacrime suonavano teneri rintocchi.
Quel plenilunio piangeva con me
e rideva con te,
in su verso cieli tempestosi e iracondi.
Una notte di luce
non cercai che ristoro e paesaggi sereni,
avevo bisogno di luce e di accendere
un cuore rosso su gemme di pietra
e di condividere una candela
in memoria di chi non c’è più.
Grazia mi fu un Angelo senza nome
e senza ali ma traboccante di dolcezza e virtù
come quella musica al plenilunio
che raccoglieva le tue lacrime
cosparse tra le costole delle stelle.
L’Angelo della notte mi rivelò d’esser nato
il mio giorno e di avere ricevuto il mio spirito
ma non seppe chi gliel’aveva donato
né mai si vide in Terra altro campo fiorito
sì placido
ove la tenerezza baciava
le lucciole sui fiori
baciati dalla musica delle stelle.

Tenebra

Non basta una vita intensamente vissuta
né una morte ardentemente temuta
per comprendere che il dono della ragione
rende l’uomo cattivo più temibile
di un lupo feroce.

Tremo innanzi al dolore del mondo,
al tradimento dell’uomo sull’uomo,
al basso raggiro dell’amico sull’amico,
al bambino orbato tra le macerie bombardate,
al povero che maledice vita e indigenza,
al malato tradito dalla speranza,
all’emarginato ingiustamente reietto,
al vecchio languido segregato
sulle rive del fiume del suo sangue derelitto,
tremo all’apoteosi del sole arso
che arde la pelle incolpevole delle creature
terrestri,
tremo innanzi ai tormenti di chi ha pregato
Iddio
ma ne è stato vilipeso e tradito
e vive all’ombra dell’afflizione.

Misericordia e comprensione
ai malvagi appaiono malvagi
e fratellanza e virtù agli stolti paiono stolti.
Un solitario incedere in foreste lontane
è ormai solo un miraggio ma la fiammella
della speranza ancor non si è estinta.

Tutto si cangerà nella valle di Giosafat

Yari Lepre Marrani – Maturità classica e formazione giuridica conseguita con una laurea a pieni voti in Giurisprudenza all’Università degli studi di Milano-Bicocca. Nato e cresciuto a Milano, ha sempre lavorato in questa città come Legal credit collector e consulente legale. La sua prima silloge è nata dal suo sentimento di sinergia e amore per la Natura che è la protagonista principale del libro, nelle sue differenti manifestazioni (dolci o brutali). Tra il maggio 2021 e l’aprile 2022 ha pubblicato due sillogi: “Quel sentiero in mezzo al bosco” (Altromondo editore) e “Liriche crepuscolari” (Giulio Perrone Editore). Entrambi i libri sono stati promossi e presentati nei più rilevanti circoli letterari e in numerose emittenti radiotelevisive. Nel 2022 ha iniziato a scrivere contributi su numerose testate nazionali e locali. Da settembre 2023 è presente tra i poeti contemporanei di WikiPoesia. Collabora con diverse testate giornalistiche tra cui l’Avanti, il Corriere Nazionale, il Pensiero Mazziniano e Stampa Parlamento.