Zairo Ferrante, “Lockarmi” e curarmi con te, poesia per scoprire l’umanità “ri-scoprendosi”.

tre domande, tre poesie

“Lockarmi” e curarmi con te è l’ultimo libro di Zairo Ferrante, medico radiologo e noto poeta salernitano, nato nel corso degli ultimi mesi, nel pieno della pandemia. Gli sono particolarmente grato per avermi concesso di leggerlo in anteprima, nella forma di bozza, a cui aggiungo la viva speranza che presto possa venire alla luce. Soprattutto perché ravviso in questa opera, della quale cercherò di dire qualcosa a continuazione, una grande forza vitale. Pur contenendo materiali che sono il frutto di riflessioni sul Coronavirus e della competenza professionale all’interno della Medicina che riguarda l’autore, l’opera non ha nulla di cronachistico e, dunque, – in questo periodo così carico di notizie – di pesante. Tutt’altro. Dal punto di vista formale vi si ritrovano poesie, ma anche componimenti prosastici, vere riflessioni, ampliamenti critici nei quali si evidenza il piglio elucubrativo e la speculazione attenta di Ferrante. Scopriamo l’autore – fondatore della poesia dinanimista – nella sua double face di medico e di poeta. Di scienziato e di letterato. […]

 (dalla prefazione di Lorenzo Spurio)

 

In che modo la (tua) vita diventa linguaggio, qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Lockarmi” e curarmi con te”?

“Lockarmi e curarmi con te” rappresenta la sintesi tra le due mie passioni; la Medicina (con la Radiologia) e la Poesia. Pertanto, la scintilla che ha portato all’idea e poi alla costruzione di questa raccolta è scoccata quando ho realizzato che in me, le due cose, non viaggiavano su binari paralleli, ma su rette convergenti. Strade diverse per raggiungere la stessa meta: l’uomo. Perché, in fondo, il mio lavoro di medico radiologo e il mio tentar di “fare poesia” si pongono lo stesso obiettivo, ossia quello di osservare e indagare “l’Essere-umano” in tutti i suoi aspetti. “Essere-umano” che diventa collettività quando si tenta di coglierlo nella sua essenza più profonda e universale; i sentimenti e le emozioni. Un “lavoro” faticoso che, tuttavia, riesce a regalare sorprese inaspettate; una di queste risiede nel fatto che scoprendo l’umanità riesci a ri-scoprire e comprendere anche te stesso; perché, anche se non sempre ne siamo consapevoli, anche noi siamo quell’umanità. Nello sforzo di comprendere l’Altro noi, inevitabilmente, diventiamo quell’Altro e, così, riusciamo a comprenderci con maggior lucidità e verità. Ad ogni modo, nessuna nuova scoperta sotto questo cielo; credo semplicemente di aver realizzato meglio quello che altri prima di noi avevano già sostenuto e scritto; basti pensare al “Tu” di Aldo Capitini:

“La mia nascita è quando dico un tu.
Mentre aspetto, l’animo già tende.
Andando verso un tu, ho pensato gli universi.
Non intuisco dintorno similitudini pari a quando penso alle persone. […]”

 

Riporteresti una poesia (di altro autore) nel quale all’occorrenza ami rifugiarti, rivelandoci cosa “muove” la tua “preferenza”?

Domanda cattiva … anche perché non ho una sola risposta. O meglio, la risposta cambia in base ai giorni; forse anche in base ai minuti; in relazione agli stati d’animo. Potrei riportarti dei versi di Octavio Paz, di Cesare Ruffato, di Maria Luisa Spaziani e altri ancora… ma oggi, in questo momento (anche storico) ti rispondo con:

“Il Poeta è un Operaio” di Majakovskij

Gridano al poeta:
«Davanti a un tornio ti vorremmo vedere!
Cosa sono i versi?
Parole inutili!
Certo che per lavorare fai il sordo».
A noi,
forse
il lavoro
più di ogni altra occupazione sta a cuore.
Sono anch’ io una fabbrica.
E se mi mancano le ciminiere,
forse
senza di esse,
ci vuole ancora più coraggio.
Lo so:
voi non amate le frasi oziose.
Quando tagliate del legno, è per farne dei ciocchi.
E noi,
non siamo forse degli ebanisti?
Il legno delle teste dure noi intagliamo.
Certo,
la pesca è cosa rispettabile.
Tirare le reti,
e nelle reti storioni, forse!
Ma il lavoro del poeta non è da meno:
è pesca di uomini, non di pesci.
Fatica enorme è bruciare gli altiforni,
temprare i metalli sibilanti.
Ma chi
oserà chiamarci pigri?
Noi limiamo i cervelli con la nostra lingua affilata.
Chi è superiore: il poeta
o il tecnico
che porta
gli uomini a vantaggi pratici?
Sono uguali.
I cuori sono anche motori.
L’anima è un’abile forza motrice.
Siamo uguali.
Compagni di una massa operaia.
Proletari di corpo e di spirito.
Soltanto uniti
abbelliremo l’universo,
l’avvieremo a tempo di marcia.
Contro la marea di parole innalziamo una diga.
All’opera!
Al lavoro nuovo e vivo!
E gli oziosi oratori,
al mulino!
Ai mugnai!
Che l’acqua dei loro discorsi faccia girare le macine.

Questa poesia mi ricorda che, mai come in questo momento, c’è bisogno di mettersi al lavoro per ricostruire. Mattone su mattone, parola su parola. Occorre ripensare e riformulare un’idea di futuro diversa dal presente, ma anche dalla stessa idea di futuro che avevamo ieri. Tutti insieme; ognuno in base alla propria inclinazione personale e in relazione alle personali competenze. L’umanità ha bisogno di una strada alternativa da seguire; di una pace, sia interiore che tra popoli. C’è necessità di una coscienza nuova, illuminata. E questa coscienza la si costruisce innanzitutto “costruendo pensiero”. E cosa c’è di meglio della poesia e dell’arte per “costruire e fare pensiero”?!

Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro, “Lockarmi” e curarmi con te; di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere.

D’INFINITO AMORE

Ad Erika

Vestito di luce fioca
di candela arsa, nuda.
In ginocchio in questa stanza.
Vita nei tuoi occhi stanchi
che frugano nel mondo,
tra notizie ed ultim’ore.
Aspetti
prima di stendere il sipario
come palpebre di seta.
Svestito dell’infinito
amore ultimo, brandelli di cuore
povere ricchezze da donare
nel caldo abbraccio di questo letto
– anch’esso stanco – che resiste ancora.

LA MACCHINA

Mi dicono essere precisa
perfino intelligente.
Rapida, nello sbrogliare
il filo ed il quesito.
Ti risponde a tono.
Qualcuno suggerisce,
addirittura, senza forzatura,
che presto ci sostituirà.
Forse già domani, non appena
l’algoritmo sarà risolto.
Quando pure lei riuscirà
a scrutar negli occhi,
dove vive Dio e ronzano i dolori,
dove s’aprono schiusi misteri
e sparse briciole d’amore.
In fondo è cosa fatta
questa macchina è già qui
e presto ci sostituirà.
Non appena saprà piangere.
Anche ora che la luna, vuota,
in questo cielo si nasconde
e gioca a rincorrere le nubi.

LA PAROLA

Piccolo gesto fluttuante
nell’essenza dell’attimo,
sospeso ad un filo.
Fermo al bivio ultimo
tra via Vita, Morte e corso Malattia.
Flusso perpetuo di gente,
di fisiologica e di morfina.
La Parola trova spazio
s’attacca al muro grigio,
l’uomo poi s’aggrappa.

Tra le tre scelgo “La Macchina” … il mio personale inno e richiamo all’uomo nell’era delle macchine; nell’epoca dei sistemi complessi e dell’Intelligenza Artificiale. In questo periodo, fatto di grandi rivoluzioni tecnico-scientifiche e culturali, non possiamo permetterci il lusso di rilegare l’Uomo in un angolo. E questo vale per tutti i campi dello scibile; dall’arte alla medicina, passando per l’economia e l’architettura. Oggi, alle soglie di un possibile “Metaverso”, non possiamo permetterci il lusso di naufragare nella de-umanizzazione selvaggia; non possiamo pensare di delegare tutte le nostre responsabilità alla “Macchina”; occorre scongiurare – citando il Filoso Luciano Floridi – l’Agere sine Intelligere.

 *

Zairo Ferrante, medico radiologo, poeta e scrittore, è originario di Aquara, un paese del Cilento in provincia di Salerno, ma vive a lavora a Ferrara. Autore di diversi libri di poesia e di prosa, nonché di pubblicazioni scientifiche, anche in ambito etico e deontologico.  Attualmente è Segretario Regionale per l’Emilia-Romagna del Sindacato Nazionale Radiologi (Snr) e consigliere in carica della “sezione di Etica e Radiologia Forense” della Società Scientifica Italiana di Radiologia Medica ed Interventistica (Sirm). In campo letterario ha pubblicato le raccolte di prosa e poesia: D’amore, di sogni e di altre follie (Este Edition, 2009); I bisbigli di un’anima muta (CSA Editrice, 2011), Come polvere di cassetti (David and Matthaus, 2015), Itaca, Penelope e i maiali (Edizioni Il Foglio Letterario, 2019) e Lockarmi e curarmi con te (Bertoni editore, 2022). Dal 2009 è il promotore del DinAnimismo, movimento poetico/artistico, che segue insieme ad altri Artisti e Scrittori. Suoi scritti figurano su diverse riviste e periodici culturali, sia on-line che cartacei. È inserito in numerose antologie collettive ed alcune sue poesie sono state tradotte in inglese, spagnolo, francese e cinese. 

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