#1Libroin5W
Chi?
Il protagonista di questa storia è Filippo, un ragazzo di trentadue anni come tanti, che ha lasciato casa e affetti alla ricerca di un futuro migliore. Un futuro che però sembra non arrivare mai, rimanendo un miraggio, mentre il presente, fatto di lavoro, lavoro e ancora lavoro, è tutt’altro che felice. Incapace di dare un senso al suo presente, per il quale ha comunque lottato, ma deciso a trovare un significato alla sua vita, o almeno il tempo per rifletterci, molla tutto e parte. Il protagonista di questa storia è chiunque si senta stanco e deluso dalle promesse non mantenute della vita e provi a riprendere in mano il proprio destino, cercando la felicità anziché rassegnarsi a un’esistenza che, pur essendo razionalmente giusta, non è la migliore. Nel suo viaggio, Filippo incontrerà diverse persone che, a modo loro, hanno conquistato la propria libertà, ma saranno i cani e il loro vivere spensierato a insegnargli le lezioni più importanti.
Cosa?
Il tema centrale è la ricerca della libertà e la paura che questa comporta. La libertà assoluta implica infinite possibilità di errore, e l’errore, in tempi in cui rimediare sembra sempre più difficile, spaventa più della perdita della libertà stessa. Viviamo in una società che ci impone tappe obbligate e tempi sempre più stretti, portandoci a pianificare ogni singola mossa per sperare di ottenere una vita sicura. Tuttavia, ci viene anche detto che per essere felici bisogna vivere il presente. Questo è il cortocircuito in cui Filippo si dibatte: seguire l’istinto e vivere senza certezze, o seguire la ragione cercando di minimizzare gli errori? Ma ridurre tutto al lavoro sarebbe limitativo. La libertà è una combinazione di tanti aspetti che influenzano le vite delle persone e la percezione che hanno di ciò che dovrebbero essere agli occhi degli altri. Abbandonare i pregiudizi, allontanarsi dagli stereotipi e accettare se stessi sono parte integrante della ricerca di libertà, tanto per il protagonista quanto per ognuno di noi.
Quando?
L’idea è nata in una serata non proprio felice (e non proprio lucida), quando ho cercato la parola “vivere” sul dizionario. I risultati, soprattutto alcune citazioni di testi antichi, mi hanno fatto sentire preso in giro dall’esistenza stessa. Nessun accenno alle difficoltà che il vivere comporta, come se queste non fossero parte integrante della definizione. In particolare, una citazione dantesca sulla ragione come manifesto della vita umana ha acceso in me la scintilla per questa storia.
Dove?
Dentro una vecchia Clio bianca, con un contratto di lavoro appena firmato tra le mani e il cuore nero. Il contratto a tempo indeterminato, il Santo Graal per cui dovremmo essere grati a Dio e tutti i santi, ma che a me non dava alcuna gioia. Il testo si è sviluppato in giro per l’Italia, la sera, in camere d’albergo, dopo avere smesso i panni del consulente, mentre il collega di turno mi malediceva perché, per colpa di questa storia, doveva andare a cena da solo. La prima parola è stata scritta in Campania, l’ultima a Milano.
Perché?
Perché siamo sommersi da storie di successo di chi molla tutto e cambia vita. Per quanto belle e ispiratrici, queste storie non servono a nessuno, come gli amori perfetti del cinema: vendono un’idea astratta, irraggiungibile per la maggior parte delle persone. La realtà è che non tutti sono eroi o geni, e spesso queste storie generano solo un senso di fallimento in chi prova ma non riesce. Non è vero che “se vuoi, puoi”. Per poter fare qualcosa, bisogna volerlo, ma questo spesso non basta. Quindi, perché non raccontare la storia di una persona comune, senza particolari talenti o coraggio, che prova a cambiare vita ma si ritrova a pensare di aver fatto una gigantesca stronzata. Questa storia vuole dire a chi si sente immobilizzato che non c’è fallimento nel non riuscire, nell’avere paura. La vita è incerta, anche nelle scelte giuste, quindi non resta che provarci, questa è l’unica libertà che abbiamo, ognuno a modo suo, senza seguire regole o manuali.
Scelti per voi
Da piccolo, quando mi si chiedeva che lavoro volessi fare da grande, rispondevo l’astronauta. La stanzetta era piena di disegni di me in tuta spaziale tra le stelle. E adesso? Adesso aspetto, niente stelle, con indosso una divisa che dovrebbe farmi sentire importante, ma che sa solo di sogni infranti. Aspetto, e non cambia niente, eppure tutto scappa via. E aspetto il weekend, le ferie, la pensione, una promessa, aspetto, sempre pronto, sempre al limite, sempre up to date, e nel frattempo accumulo cose che dovrebbero dare un senso a questa esistenza che sto pisciando via controvento.
«Esatto, per caso. Il caso è la vita. E la vita capita, sempre e comunque». Dopo qualche istante di silenzio aveva aggiunto: «Facci caso».
Bisogna sentirla l’onda, ascoltare la sua energia, lasciarla scorrere dentro, sincronizzarsi con essa, e poi lasciarsi andare. Fossi Keanu Reeves e lui Patrick Swayze e stessimo girando Point Break gli darei ascolto, ma non è così e quindi gli occhi li uso eccome.
Ma la verità è che io me la faccio sotto, non me ne faccio niente dell’ammirazione altrui, all’inizio ha aiutato, ma adesso è inutile. Che faccio poi? Boh. Io non lo so che fare, pensavo che viaggiare, vivere, bastasse, in fondo è quello che ho sempre sognato.
L’unica cosa che il viaggio mi ha insegnato è che la libertà non esiste, che a infinite possibilità di scelta corrispondono infinite possibilità di errore, e il tempo è sempre meno per rimediare. E quindi ora sto come quando apri Netflix o Amazon Prime o Disney+… Insomma quello che ti pare. Miliardi di film e serie tv, tutto lì, a portata di mano, niente più serate senza qualcosa da guardare, altrimenti che ti abboni a fare. E invece tempo niente ti rendi conto che era più facile trovare qualcosa quando non si poteva fare. Accedi, inizi a cercare, e cerchi cerchi cerchi ma non riesci a scegliere. C’è talmente tanta roba che è come se non ci fosse niente, altro che serata sistemata, caos, e intanto il tempo passa e la sveglia al mattino rimane sempre alla stessa ora, non puoi permetterti di perder tempo, è così poco, devi scegliere, e se sbagli? Non puoi buttarlo via con la scelta sbagliata.
Non c’è niente da decifrare, c’è solo da scommettere, seguire l’istinto è andare avanti.
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Giuseppe Nobile nasce a Ragusa nel 1989. Laureato in Economia, è da sempre appassionato di scrittura, rap e cinema. Guinzagli è il suo romanzo d’esordio. © foto in copertina di Alma Fotografia