Al “Palazzo Murgo Scammacca” da domani, a Catania, la mostra “Atelier svelati” a cura di Giuseppe Cona.

A Catania, l’eleganza di “Palazzo Murgo Scammacca” ospita, da domani (22 marzo, vernissage alle ore 18.30, inebriati dai vini di “Murgo 1860”) al prossimo 13 aprile, la mostra “Atelier svelati”, concepita e realizzata da “Scalamatrice33”, curata da Giuseppe Cona, scortata da un testo critico di Pippo Pappalardo. “Atelier svelati” è, sottolinea Cona, «un entusiasmante viaggio nel mondo dell’arte contemporanea che, attraverso il medium fotografico, ci permette di entrare negli atelier e conoscere i segreti e le intime pulsioni dei sei speciali artisti che si sono concessi alla nostra istanza di conoscerli più intimamente, ulteriormente avvantaggiati dal prezioso contributo esegetico scritto da uno dei maggiori esperti di fotografia che abbiamo in Sicilia: Pippo Pappalardo».

Protagonisti: Antonio Vacirca che firma trenta brillanti stampe fotografiche e, con altrettante opere, dodici artisti siciliani Giovanni Blanco, Maria Buemi, Carmelo Candiano, Giovanni La Cognata, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro. “Chi ha avuto il privilegio di frequentare artisti, e lo spazio fisico dove l’ispirazione prende forma e diventa opera, si rende subito conto che l’atelier d’artista è molto di più di un semplice luogo di lavoro: è rifugio personale, laboratorio di idee, archivio di esperienze, diventando esso stesso estensione dell’anima creativa dell’artista. Sono luoghi carichi di contenuti magici e alchemici dove oggetti, odori, luce e colori, in continuo equilibrio tra materiale e immateriale, compongono una complessa teoria di informazioni dalla sorprendente narrazione, generando una misteriosa energia nella stessa opera”, dichiara Giuseppe Cona.

Cosa Significa conoscere lo studio di un artista?

«Significa creare una relazione intima con lo stesso, entrando in profondo collegamento con lo spazio fisico che ha generato “l’accadimento artistico”, e solo grazie ad una esplorazione visiva e olfattiva è possibile indagare la complessa e poliedrica personalità dell’artista. Queste solo alcune delle riflessioni che c’hanno condotto ad indagare il fascino che ancora oggi viene generato dagli e dagli atelier nei quali, come esseri che si muovono nel liquido amniotico, vivono e si nutrono di tutto ciò che quello spazio, a volte angusto e circoscritto, a volte luminoso e ampio, riesce ad offrire loro», Giuseppe Cona.

“Atelier svelati”, per creare, svelandolo, un “dialogo” tra policrome creatività?

«Per creare un ponte tra chi ama l’arte e chi la “genera” è un desiderio che, grazie alla sensibilità e alla capacità espressiva del fotografo Antonio Vacirca si è riusciti a realizzare. Ciò è stato possibile anche grazie alla generosa disponibilità, affatto scontata, degli stessi artisti che si sono “mostrati”, anzi svelati, senza preclusione alcuna. Giovanni Blanco, Maria Buemi, Carmelo Candiano, Giovanni La Cognata, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro ci hanno affidato la loro preziosa immagine accostandosi con curiosità e fiducia a questo esperimento espositivo che certamente non mancherà di affascinare il visitatore», Giuseppe Cona.

**

«(…) Adesso, volendo allestire una sequenza fotografica che dialogasse con i nostri pittori, si intendeva mantenere le domande di cui sopra, e proporre la possibile comprensione dei due fenomeni/esperienze da tempo contrapposte e che pure invadono i pensieri dei nostri giorni: da una parte, in fotografia, la constatazione di una ricerca che va verso l’occultamento dell’autore, quasi un timore ossessivo per la sua presenza autoriale, tutta a favore di una sua scomparsa (vedi gli ultimi esempi di applicazione della cosiddetta Intelligenza Artificiale della fotografia digitale); e, dall’altro, l’orgogliosa  riaffermazione dell’individualità artistica, romanticamente e titanicamente (ri)proposta quale espressione di autonomia identitaria, di  individualità creatrice, di  libertaria risoluzione espressiva del genere umano.

Ed allora? Si è preferito prendere lo strumento in mano (quello fotografico), portarlo all’altezza degli “occhi, del cuore, del cervello”, e farlo interloquire con le persone, con gli strumenti, con gli ambienti che con altrettanta dovizia tecnica ed altrettanta passione continuano a dare una forma al tempo, una nuova matematica allo spazio, una nuova figura alla fantasia.

Badate bene: l’esperienza è assai vecchia. Conosciamo infatti lo scambio tra le due avventure visive praticato già con disinvoltura dai pittori del secolo scorso fino all’eclettico Picasso; ed a tutti è nota l’epocale mostra “Combattimento per un’immagine”, 1973 – GAM Torino, curata da Carluccio e Palazzoli; e non possiamo prescindere dal magistrale contributo di Ugo Mulas che ci ha lasciato con “New York, arte e persone” un corretto, onesto, criterio per sciogliere ogni contrasto rifuggire ogni polemica.

Pertanto, andando a casa dei nostri artisti, nei loro studi,  e guardando i loro attrezzi, sbirciando i loro progetti e catturando i loro gesti , il documento fotografico che è emerso dalla loro visione si è fatto motivo di emozione, causa di espressioni diverse ed oggi è qui accanto alle opere pittoriche per parlare con il linguaggio differente non di un “attimo fuggente” ma di un laboratorio di idee e di sentimenti affidato pur sempre a superfici confinate, a colori creati, a linee connesse non dal caso ma da un pensiero a lungo meditato; molto a lungo.

Questi accessi ci hanno riportato gli scambi tra fotografi e pittori come Degas, Cézanne Matisse, Duchamp e agli scultori come Brancusi, Messina, Pomodoro, Ceroli, Alik, Paladino. E con loro, la convivenza artistica e l’arricchimento reciproco scaturito da sodalizi stupefacenti come quello tra Giacomelli e Burri, tra Berengo Gardin e Nespolo. Straordinario, aggiungo io, l’incontro dei fotografi con l’opera di Morandi e, quasi una lezione d’arte per tutti, la visione di Piero della Francesca.

Ma cosa significa fotografare un’opera d’arte pittorica, un gesto pittorico? Certamente è cosa assai diversa riprendere un momento teatrale: in studio la tela sta ferma, la statua non si muove e riceve una luce spesso assai costante. Ma davanti ai tagli di Fontana, tra gli equilibri sospesi di Calder, tra le “colature” di Pollock, dentro l’obbiettivo del fotografo non passa forse il dinamismo di un pensiero, di una ricerca, di un incontro, di una partecipazione? Non diciamo sempre che “dietro l’obiettivo c’è un’idea, e davanti c’è il reale”?

Ebbene, proprio queste sensazioni ci hanno guidato ad una comunione. Una comunione che come racconta Scianna, riportando il suo incontro con Mulas, è una sfida: “troppo facile fotografare il barbone affamato; prova a puntare la macchina da un’altra parte, scegliti il “tuo” punto di vista e fattene una ragione”.

In effetti queste sequenze sono come delle “tracce, delle tappe”, attraverso cui la nostra coscienza di visitatori della Galleria abbatte le distinzioni, le categorie enciclopediche e converge sulla condivisione, sulla partecipazione.

Non pensiamoci, allora, come due rive opposte: noi siamo il fiume (Borges)», conclude Pippo Pappalardo.

gallery 

Al “Palazzo Murgo Scammacca” da domani, a Catania, la mostra “Atelier svelati” a cura di Giuseppe Cona.
Al “Palazzo Murgo Scammacca” da domani, a Catania, la mostra “Atelier svelati” a cura di Giuseppe Cona.
Al “Palazzo Murgo Scammacca” da domani, a Catania, la mostra “Atelier svelati” a cura di Giuseppe Cona.
Al “Palazzo Murgo Scammacca” da domani, a Catania, la mostra “Atelier svelati” a cura di Giuseppe Cona.
Al “Palazzo Murgo Scammacca” da domani, a Catania, la mostra “Atelier svelati” a cura di Giuseppe Cona.
Al “Palazzo Murgo Scammacca” da domani, a Catania, la mostra “Atelier svelati” a cura di Giuseppe Cona.

 

Potrebbero interessarti