«Si sa che, forse, il fine ultimo della poesia è il paradiso, e che un’esperienza paradisiaca, il “paradisiaco”, è il miraggio più o meno confessato di ogni poeta, miraggio dalle più diverse coloriture, ma terribilmente uno nel suo carattere. Pochi toccarono questo non-luogo dell’esperienza, anche se ogni testo, perfino il più “infernale”, ha un qualche rapporto con questo non-luogo». Trovo calzante la riflessione di Andrea Zanzotto per introdurre Dichiarazione giurata dell’attrice, edizioni Novecento, di Maria Gabriella Canfarelli: silloge distinta dalla specularità tra vita e morte. Il “sentimento del tempo” nella sua grigia / granulare consistenza, attraversa versi epigrammatici che incombono per chiarezza rivelatrice, incisività e discernimento.
per sempre
non fa mai caldo
a certe latitudini
e scongiuri
di uscire dagli occhi
pesanti
ostruiti
dai battiti del mondo,
da certe strade segnate
dalle ferite
ai bordi
dell’ultima lettera,
in cui non leggerai
dell’infanzia
saltata
a piè di pagina
– per sempre chiusa.
Sin dal titolo ossimorico (Dichiarazione giurata dell’attrice) è chiara la strada che percorreremo leggendo la raccolta: manca / del tutto / la voglia / di indossare parole a decoro, / vestiti dal taglio / perfetto / che un poco faccia / bella, / meno male / la vita. (da “meno male’); altresì, nella poesia omonima alla raccolta, e dunque torniamo a ricollegarci alla citazione iniziale, non sfugge l’implicito riferimento alla ricerca del “paradisiaco”. In tal senso troviamo inequivocabili i versi: di mano in mano / incontro all’inverno / tessuto doppio, / con l’ago grosso / di cruna larga.
La minuscola iniziale, la quasi assenza di punteggiatura, le dissonanze della quotidianità – pensiamo ai vermi nella farina, i discioglimenti della luce come dell’esserci (‘la luce in fondo’ e ‘per l’assenza’), le sfasature un sogno storto / un cuore sghembo / un foglio stropicciato, edificano spazi abitati da quiete scomposta (‘la ressa nell’udito’). La Canfarelli, con accenti aspri e taglienti che (certamente) omaggiano l’amato Bartolo Cattafi, richiamato anche dalla scelta di alcuni lemmi (pensiamo alle raccolte poetiche “Qualcosa di preciso”, “L’osso, l’anima”, “Nel centro della mano”) innesta una riflessione sulla condizione dell’essere umano. Interpreta il reale per mezzo di una poesia nuda. Una poesia senza corrosioni, ne incertezze che tocca (o forse è meglio dire impugna) l’essenza delle cose. Indicativa in tale senso la poesia ‘bucato’ (una perfetta sintesi del libro) che evidenzia il legame esistente tra il tempo, la natura di tutto ciò che è temporale, effimero, come il corpo, il dolore e l’amore profuso in un milione di abbracci.
bucato
lo specchio d’anni
riempito,
la lavatrice
che gira
riavvolge
un mondo minato
lustrato
da litri d’acqua,
deterso ogni dolore
dai panni
un milione di abbracci,
di passi
distanti andati
da un’altra parte.
Anche quando non utilizza la forma impersonale, la Canfarelli mantiene un’atmosfera universale.
lettera dal tempo
da questa stanza
rabberciata
a mano
scrivo di te
che non ci sei,
di queste occhiate da ripulire
scrivo,
in assenza compilo
ogni ora
del giorno rimasta
ad aspettare
la memoria di noi
quando eravamo,
e sono
figura piegata nel sonno
da un certo punto
in poi.
a parlare del tempo
davvero
hai passato
e non tornano
gli occhi
dall’altra parte del mare,
davvero
poche lettere
scambiate
a parlare del tempo,
di quando e come,
le mani aperte,
si stava
in equilibrio
sul filo di voce,
si parlava di cuore
separato da giorni
e da chilometri.
Lo straordinario della poesia è l’inesauribilità del testo, è la possibilità di presagire (sentire) oltre il visibile. La Canfarelli, lo scrivo usando i versi di Emily Dickinson, è poetessa che “distilla un senso sorprendente da ordinari significati”. Ancora qualche esempio in versi: il mattino che sveglia / allineato, / in riga all’abitudine / l’orario di partenza; con pazienza affidarsi / al corrimano usurato / quando si scendono / e salgono le scale; a braccia conserte / più sola / di fronte alle cose; posate, / piatti, bicchieri / alzati brillanti / – adatti / ad un brindisi / al mondo.
La poetessa plasma immagini loquaci. Distilla sensi che dilatano nuovo senso, di foglio in foglio come in tutte e tre le sezioni del libro (“Sia dura la prosa”, “Soltanto il tempo”, “Il non risolto il circoscritto”) introdotte dalla scrupolosa scelta di altrettanti esergo: veri e propri grimaldelli della comprensione (ce ne fosse bisogno). Sebbene sembra non conti / la verità dei giorni, sebbene l’osso che conserva / del dolore / il ricordo perfetto, sebbene la cristallina consapevolezza del nonrisolto, siamo in presenza di una poesia che non smette di credere al messaggero / d’un più gioioso / e ripulito regno. Colui che vorrebbe ricomporre l’infranto (citando la lettura di Walter Benjamin al quadro Angelus Novus di Klee).
Maria Gabriella Canfarelli è nata a Catania nel 1954. Ha pubblicato i libri di poesia Domicilio (1999), Cattiva educazione (2002), Zona di ascolto (2005), L’erborista (2010) e Dichiarazione giurata dell’attrice (2015). Scrive anche racconti e per il teatro, e collabora a riviste di letteratura.