MELANCOLIE
Avvenne ciò che doveva avvenire:
il freddo
silenzioso e fermo
fu azzannato
da una raffica
di raggi infuocati.
Si accompagnò
l’invadente fogliame
a ogni ramo
e profumo organico.
Frutti saporosi
stuzzicarono le labbra
con modi da guantaio.
Da dove giunse,
allora,
questa malinconia?
Cette mélancolie
féroce comme la marée.
Cette mélancolie
humide comme un baiser
sur le cou.
***
SINTESI
Una lusinga m’incanta.
Una carezza mi solletica.
Ma una traccia,
secca
come ruga sulla mano,
assimilata
e mille volte trascurata,
sgretola
a ogni istante
il solco
e il tornante.
Un verso mi esalta.
Una parola m’incendia.
Ma un pensiero
denso come terra,
s’impone.
Confluenza d’eventi e desiderio
è l’esistenza.
E la distruzione è progetto.
Implicanza destinata
da necessità retrostante.
Urgenza
che ingoia ogni ragione.
Rapace balsamo lunare
d’entropia cerebrale.
***
RICORDO
Sottile falce
ruota intorno
tra l’esilio e il sonno
come segreto inconfessato,
indiscreto.
S’aggira tra la specie
ora pietra ardente
ora nube lontanissima
d’estrema ombra
singulto sempiterno,
solo un palpito,
fugace come il soffio di Timeo.
***
SUR L’AMOUR
Come argomento
che mai vacilla
ne furon scritte
le righe più audaci:
-“Sostenne il cielo,
tenne in basso la terra”-
E al momento in cui si realizzò?
L’assedio fugace
molti ne uccise.
Bien-aimé,
forse che avevi un così
gran talento da poter dir:
“Je ne peux pas mourir?”
***
SOFFIO
“Un giorno,
un giorno ancora
o una notte …
mia signora!”
A un tratto
era comparso.
“Nuovamente accadrà?”
“Accadrà”
Ma fu un soffio da nulla,
un alito di vento:
giacque il canto
il grido
e il verso.
***
PARADOSSO
Non più rapace sulla preda,
torrente che s’infrange su macigno
o pugnale dal manico d’argento:
sei una lama sgangherata di coltello,
soldato che torna stremato
col suo vecchio, scarno palafreno.
Ora puoi morire
come un uomo:
sfinito,
condannato.
Alla prima luce,
l’usignolo
sorvola la stanza,
la curva del cielo
ricorda un sorriso,
i narcisi
si schiudono ancora.
Come un’allodola dentro il cervello
ti tocca una nuova follia.
Ecco, la senti:
risuona,
rimbomba,
dice:
“Non puoi ancora svanire”.
Trafitto agli occhi
alle orecchie
alla testa
ti aggrappi alla terra,
dichiari guerra alla guerra.
Dannato a durare,
vaneggi di cose che potrai ancora fare.
È più di quanto un uomo dovrebbe sopportare.
***
DESIDERIO
Bere è un atto che tradisce.
Non appaga l’assetato
linfa
o vino delicato
né si placa
il labbro ingrato
con acqua che fluisce
dal cavo di una mano.
Desiderio si rinnova.
Spietato ricompare
dietro cauta bautta
e dichiara autoritario:
“Sei perduto … a dirla tutta!”
***
VENUTA AL MONDO
Mi destai.
Ovunque
foglie agonizzanti
e salici piegati
e vigne.
Ci fosse stato un poeta
avrebbe camuffato
il dolore.
Ci fosse stato un poeta
avrebbe mescolato ogni cosa
e finto
che il mondo non lo avesse tradito.
Quel giorno c’era solo un bel sole …
***
PATIBOLO
Dissero che penetrò in te,
leggera e crudele,
una lama di ghiaccio,
amico mio.
Tentato dall’informe,
ti fermasti sull’orlo dell’abisso
come un bandito,
come un dannato.
Ma il tuo sguardo,
dissero,
di collera,
d’orrore,
scosse il patibolo
e una larva d’amore.
***
ANAMORFOSI
L’ultimo colpo
curvò
la cupola bassa del cielo.
Un lampo.
Carezzò l’ondata di freddo
e cadde sull’asfalto
scuro d’acqua
come su cuscino di pietra.
Guardò un istante:
le palpebre
divorarono
tutti i granelli di sabbia,
la città,
lo sfacelo.
Null’altro.
Il favore di Giano
con duplice lama
chiuse
la fiamma del sole
e il giorno tardivo
come i fiori di sera.
Dalla clessidra
gocciò
ancora un filo di vita.
Le forme
corsero al buio
come radici sotterra.
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