“Finestra” di Angelo Sturiale (Algra, 2021)

anteprima

Una Finestra priva d’antropocentrismo, messa lì, pare guardare fuori, ma è questione di punti di vista. Già, perché, cos’è una finestra, quella finestra? È un confine, una separazione, o piuttosto un punto d’incontro? Se stai alla finestra, coi gomiti appoggiati al davanzale, stai dentro o stai fuori? A che panorama appartieni? La finestra è aggregante o estraniante? Ti avvolge o ti proietta? È un input o un output? 
Certamente è una metafora, l’arma per eccellenza del poeta. Certamente sfugge ai principi per cui è stata costruita, per diventare punto d’origine di escursioni indifferentemente rivolte all’esterno come all’interno del prospetto a cui è appoggiata. C’è un al di là della finestra, e un al di qua della finestra. E in mezzo c’è la finestra, non la si può ignorare. Fa da perfetta cornice ai voli pindarici, aulici, spericolati, fra i più diversi panorami, si tratti di planare fuori fra montagne di lava incandescente, affogato nella nebbia, vecchi quartieri, Messico e nuvole, Cina dorata, chiese che odorano d’incenso e muffa, o di volgere all’interno, fra viscere e ricordi, nella disperazione di non poter condividere quell’universo con nessuno. Tanto rumore, un gran brusio di fondo ma, nessuno! A parte la finestra. 

Questo e molto altro contiene questo prezioso scrigno. Le sole apologie musicali (Pianoforte, Organo, Clavicembalo) valgono il prezzo di copertina. Anche lì, c’è un fuori, il mondo dei fruitori della musica, e un dentro, quello di chi la musica la fa, di chi va in risonanza con lo strumento che suona, quasi fosse anch’egli, in qualche modo, suonato. La finestra? E’ capace di orchestrare siffatti miracoli col suo appartenere a un mondo di mezzo?

E ancora ci sono travestimenti e ricordi, parole dolorose di una figlia a una madre in Figlia, e un’intensa elegia messicana, in México, che mi ricorda i Detectives selvaggi di Bolano per quel modo di far scorrere gente e paesaggi intorno al proprio io, quell’io incerto, volubile e cangiante, quell’io che Sturiale mette a nudo nei versi per dargli una forma, una faccia, qualcosa che possa farglielo afferrare. Inutilmente. Ogni poesia ti restituisce un frammento, e mai l’intero. 

Padrone dei suoi versi, Sturiale, riesce a essere elegiaco anche quando morbosamente attinge al desiderio, quando gioca a farti credere che l’osceno sia solo nella mente di chi legge.

(dalla “prefazione” di Sal Costa)

 

AMNESIA

È vano affannarsi a ricordare la vita, quando la
vita sfugge ogni secondo, quando si sgretola
come un biscotto al passaggio di una carezza,
dopo un’emozione fugace o un ricordo, una
brezza o un tramonto. È vano voler rammentare
esistenze e amori, quando i dolori cancellano
tutto ciò che ci si illude di portare dentro, di
conservare nelle borse dei denari, delle conquiste,
o battaglie, o sacrifici. Perché il nostro corpo è
involucro vuoto e bianco con mille aperture
verso l’infinito, come un imbuto o colapasta: da
un lato lo colmiamo di vita e materiali, dall’altro
lui si perde e ci fa perdere ogni cosa, appena si
pensa anche solo minimamente di poterlo o
volerlo possedere. È un’amnesia continua questa
passeggiata tra andirivieni lungo la battigia della
crescita e degrado dei nostri arti e pensieri. La
storia è una menzogna, il passato che glorioso e
presuntuoso esaltiamo come medaglia al petto,
è una scatola vuota che dopo un po’ marcisce o
si osserva sorridendo: la vita è già andata via da
qualche altra parte a riprendersi il suo posto.
È come musica, arte che nel tempo si dissolve
appena la si ascolta: va via senza chiedere
permesso, si dirige laddove le briciole di suono
come vetro che sconquassa, si disperdono ai
quattro venti, cinici e indifferenti agli affetti e ai
poteri. E agli abbracci che hanno protetto per
tanto tempo un precario ottimismo, una falsa
conquista, un illusorio tepore.

 

NEBBIA

Nebbia bianca e trasparente di suoni e
diademi nascosti, odorosi di nulla e di
ogni cosa. Nebbia grande e solitaria: il
mondo ti avvolge e ti pensa da questa
mia terrazza tenue o finestra aperta come
fosse mare, una valanga di bianco tutta
nostra e tutta tua questa musica soave e
mesta che sorveglia e seduce dall’alto di
oceani e montagne: questo girovagare
tra mente e carezze che si inseguono e
proteggono. Nebbia che accogli e respiri,
che sai di panna o di cotone, che colori
il mio universo nascosto dall’alba lenta e
nervosa che stamane mi chiama e sussurra
parole imbevute di fiori e inquietudini, di
verde e lilla, di domande e punti sospesi
come foglie o uragani da ascoltare in silenzio.

 

D’AMORE, DI VETRO, DI METALLO

(dall’omonimo “madrigale” per quattro percussionisti)
È come il vetro, l’amore: tanto chiaro e vero,
ma trasparente e fragile. Visibile poi nel suo
concedersi, e soave o levigato come la pelle
che da lì ci inonda senza riserve il cuore, è
pure fragile il suo abbraccio che si infrange
e taglia amaro come rapido coltello. E come
lama di metallo o pugnale imbestialito, ferisce
e spezza, aggredendo fatalmente senza accenno.
Sa proprio di cristallo quest’amore di metallo,
leggero alla vista forse, ma di improvviso incauto.
Sono campane le sue parole ariose, sospese ai
venti come bottiglie di luce. Ma quando l’aria
muta, appaiono acide e crudeli come lava nera,
come pietre sui tamburi e pelli, come frecce
che di sorpresa annientano e divorano ogni cosa.
Ha odore di musica questo scritto silenzioso che
vuole dire qualcosa su te, amore vero e chiaro, che
come zero trasparente, o poema o madrigale, si
veste questa notte d’amore, di vetro, di metallo.

Angelo Sturiale

Angelo Sturiale è compositore, artista visivo, poeta. Dopo le lauree in Pianoforte e in Lettere moderne, incomincia a viaggiare e risiedere in vari paesi grazie al sostegno che le sue ricerche in ambito musicale e le sue composizioni ricevono da parte di fondazioni, istituzioni artistiche ed educative internazionali (Rockefeller Foundation, Unesco-Aschberg, Ministero degli Affari Esteri Italiano, Swedish Institute, Canon Foundation Japan, Pépinières Européennes, Zeitklang, Bogliasco Foundation). È stato compositore invitato e artista-in-residenza presso il Conservatorio Trinity Laban di Londra, il Conservatorio Superiore di Musica di Zaragoza, il Conservatorio de Las Rosas di Morelia (Messico), la Tokyo National University of Fine Arts and Music (Giappone), i Darmstadt Ferienkurse für Neue Musik (Germania), l’EMS Studios di Stoccolma (Svezia), l’OMI Summer Residency di New York (USA), il Bellagio International Village (Italia), il Wellington College Tianjin (Cina). È stato visiting professor in teoria e composizione musicale presso l’Istituto Tecnologico di Studi Superiori di Monterrey (Messico). Nel 2011 fonda il Seibutsu Art Studio, atelier di creazione e promozione della sua opera grafica strettamente relazionata al mondo dei suoni e del segno musicale. è autore del libro di tecnica pianistica Ergonomic piano exercises (Dinsic, Spagna, 2017), Tempeste di te (Algra Editore, 2013) e Catalogo d’amore (Edizioni Le Farfalle, 2016).

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