tre domande, tre poesie
Il poeta, diversamente da quanto è sedimentato nell’opinione comune, prima delle parole sceglie un punto da cui guardare il mondo. È da lì che comincia il suo verbo. Gabriella Grasso, che è poeta colta e discreta, elegge a origine della sua poesia lo “Sciottu”, ovvero la piazza di forma geometrica non ben definita – tra il quadrato e il cerchio – di un paese alle pendici dell’Etna, Linguaglossa, che per inciso ha avuto già dignità letteraria grazie a Santo Calì, gigante della poesia siciliana (e non solo) del secolo scorso. Dallo Sciottu l’autrice vede il mondo, e il mondo si guarda (e si riconosce) in Sciott. Tale punto di osservazione è privilegio, presenza, interstizio tra l’esserci e la memoria, tra il ringraziamento per quello che è e le possibilità mai realizzate; è una Soglia dalla quale Grasso può dire: «sono qui / e sono stata altrove». Sciott quindi è costruito come un «ordito» di storie quotidiane, familiari, minime e senza tempo se confrontate alla grande ora del mondo («allo Sciott l’orologio si è sciolto»). Per certi versi questo spazio ristretto il cui etimo siciliano rimanda al “fango”, al “pantano”, ricorda per contrasto le grandi distese dell’epos americano dove i fatti minimi di una biografia assurgono a emblemi edificanti e universali dell’esistenza.
(dalla postfazione di Pietro Russo)
Qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Sciott”, meglio: in che modo la (tua) vita diventa linguaggio?
Nel caso di Sciott non saprei cogliere una vera e propria scintilla, quanto una “cottura a fuoco lento” di immagini, echi, sovrapposizioni, fughe dell’immaginazione, sagome che tornano alle spalle, più o meno riconoscibili, suoni e odori che si offrono, oggetti che parlano. Tutto ciò lungo un filo del tempo che, nel momento della scrittura, diventa cortocircuito. La vita diventa linguaggio attraverso questi elementi e attraverso la loro sintassi, che è diacronia e sincronia allo stesso tempo, come accade in poesia e nell’arte in genere.
La poesia è un destino?
L’idea di destino mi evoca una direzionalità, una teleologia, e quindi quasi un procrastinare. No, penso piuttosto che sia una necessità e un’urgenza del presente. La poesia agisce ora e, sia da lettore che da autore, ti cambia. Che questi cambiamenti poi portino a nuove consapevolezze, in se stessi e nella collettività, è auspicabile.
Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro; e di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere (nel contesto del libro che l’accoglie).
Ho scelto la poesia di apertura, che introduce alla piazza chiamata appunto Sciott (toponimo arabo che significa palude), nel mio paese di origine, Linguaglossa, attorno e dentro la quale si muovono uomini, donne e bambini, con il loro vissuto spesso problematico, ma colti anche in momenti ‘luminosi’, come nella seconda poesia che ho scelto. Infine la terza poesia è significativa di quella doppia prospettiva con la quale il paesaggio può essere visto e vissuto, dagli abitanti da un lato, dai turisti dall’altro, come ci accade, del resto, quando ci accostiamo a quel prisma che è la realtà.
Sciott
Sciott era il nome più bello
palude all’incrocio
delle vie delle Esperidi
e pantano di tutte le vite
baldanzose o malmesse
Era piazza, bordello, agorà
chianu
approdo di tutte le navi
senza rotta nel ronzio
della notte
Se la osservi
da una qualsiasi delle sue finestre
questa piazza rotonda e quadrata
quasi inganno di strada
che da vicolo diventa estuario
capirai perché per tutti noi è stata
culla e guado
a un passaggio impervio di fango
che ribolle sommesso
di immagini e fiato
—
Gli innamorati
Al centro esatto
della rosa dei venti
al convoglio
di tutti i possibili raggi
di una Sciott circolare
incontriamoci lì questa notte
perché noi non apparteniamo
a nessuna delle direzioni
né all’avversa, né alla tenue sodale
perché noi siamo alberi di nessuna
nave
solo intreccio di sagome e rami
in un serto lunare
—
Zoom
(I turisti)
O beauty beauty
beautiful view
un visibilio
nel camper tra i tanti
stanziati oltre la siepe
candidi, in riga tra sterpagli
come pecore pigre
nel campo di nessuno
oltre il confine della piazza
al riparo dal suo chiasso
Jim e Olfa
alla soglia della prossima partenza
commentano gli scatti
Volcano’s a deity!
(Ha inghiottito la mia vigna
reimpiantata
con gli ultimi risparmi)
This cave is a womb!
(Ho un figlio, là dentro,
che si è perso)
Ashtoning waterfall here!
(quel fragore
ha soverchiato la voce
di chi è andato)
Bellezza
che si para dinnanzi
e che nasconde
la scontiamo
con l’attimo
che è azzardo
e anticipazione del contrario
Acconto magro
alla vita
che qualcuno ha già pagato
—
Scott si presenta domani a Linguaglossa, i dettagli nella locandina.
Gabriella Grasso – nella foto di Carla Pellicori – (Catania, 1971) vive ad Acireale e insegna lettere. Si è occupata di linguistica della LIS, Lingua Italiana dei Segni (Zanichelli, 1998, Del Cerro, 1999), di cui è interprete. Scrive per diversi spazi letterari, nazionali e internazionali. La sua opera prima, Quale confine, pubblicata nel dicembre 2019 per le Edizioni Kolibris (Ferrara), ha ricevuto un attestato di merito al Premio Lorenzo Montano 2020 e il premio della critica nell’edizione 2020 dell’Etnabook. Un suo inedito ha vinto il primo premio al Sonetto d’argento-Premio Jacopo da Lentini 2020. Nel novembre del 2021 è uscito il suo secondo libro di poesie, Il Generale Inverno (ed. Il Convivio, Castiglione di Sicilia), con prefazione di Dario Talarico. Nel febbraio 2024 viene pubblicato il suo terzo libro, Sciott, dalla casa editrice Puntoacapo (Pasturana), con postfazione di Pietro Russo. Suoi testi sono stati inclusi in antologie e tradotti in inglese (trad. di Gray Sutherland, di Ana Ilievska, di Chiara De Luca, di Gregory Spis), in spagnolo (trad. di Emilio Paz, di Antonio Nazaro) e in cinese (trad. di Yin Xiaoyuan). In Secolo Donna 2021 (ed. Macabor, 2021) sono presenti sue poesie e un contributo critico sulla sua poetica, a cura di Davide Zizza. Alcuni suoi testi, tradotti in inglese da Ana Ilievska, fanno parte di Guide to Contemporary Sicilian Poetry: an Anthology, a cura della Stanford University (Italica Press, 2023).