Giuseppe Calì e le “Poesie d’un vagamondo”.

[…] Nuvole d’acqua, e immense cascate […] Cosa si potrebbe chiedere di più ad un poeta di questo nuovo millennio? Difficile dirlo, perché come direbbe Manganelli, ad un poeta non si dovrebbe chiedere biracchio. Anzi, proprio nulla. Un poeta dice già tutto, prima che gli si chieda- desiderosi- un verso: ed è come se un fiume di verità subito, in quel momento, si distendesse nell’anima dell’orecchio che viene baciato da quei versi pronunciati, ora scritti, ora sospirati, ora letti. Una verità comprensiva ed infinita, un periplo col sapore di rivoluzione del “voler” vivere pazzamente.
È questa la possibile o impossibile premessa a “Poesie d’un Vagamondo”: una verità comprensiva, che comprende tutto, e un ritrovarsi nel mare dell’immensità dell’umano, con le sue emozioni, le sue sensazioni palpabili, talvolta incomprensibili, un umano che scalcia e scorrazza, finché non si intravede, di vedetta, quella allettante libertà bambina, quell’irresistibile follia che l’adulto sembra voler cucirsi addosso con tutto se stesso per sfuggire alla verità quotidiana routinizzata. […] Perché in questo viaggio, il Poeta lascia scoprire il suo mondo, il quale è un invito ghiotto ed ideale ad un mondo quasi oggettivo o reale, o alla James Matthew Barrie, “fantastico”, ed ideale, perché troppo bello per essere vero! […] Il poeta infatti si fa Aedo, ma si fa anche Bardo. Quale impressione può tirarci avanti, e ancora avanti, verso un altro respiro poetico? Una poesia tira l’altra, qua, sì, sì!, proprio come una cascata di ciliegie assaggiate eroticamente durante i preliminari di un amplesso nel boudoir d’una alcova. Perché v’è Eros. Tanto Eros! […] È una scoperta costante. Un ramingare: ramingando infatti, il poeta diviene consapevole, del mondo, dell’universo, della città, dell’attimo, e chissà se Garcia Lorca a New York avrebbe visto ciò che ha visto Giuseppe Calì, perché il peregrinare poetico diviene ad un certo punto proprio carne e poi ossa, che si possono subito toccare, leggendolo.

(dalla prefazione di Dario Matteo Gargano)

 

Scelte per voi

FIORDLAND

Nuvole d’acqua
immense cascate
e fumo di velluto.
Foche, pinguini e il paradiso che si schiude in terra.
E mentre qui fa notte,
il cielo si riempie di stelle.
Così che tra cascate d’azzurro e vapori di verde
io mi dissolvo in vento per toccare il mondo.

Fiordland/Queenstown, Nuova Zelanda, 2014

 

SALINA

C’è una rima in ogni onda di questo mare,
un verso che si infrange sulle sponde,
un sonetto che naviga a vele spiegate,
mille parole a precipizio dai tuoi monti incantati.

Scolpita dai cinque elementi,
adagiata su un mare in cristalli,
t’è specchio la luna.
T’è respiro il sole,
i tuoi capelli sono stelle.

Indossi bellezza ad ogni sospiro,
seduci, conquisti, rapisci.
Sei sogno alla deriva,
timone d’oriente,
perla dei quattro venti.

Le mie parole sono barche,
fatte d’ebano ed emozioni,
l’ancora è gettata.

Non si riparte più.

Salina, 2014

 

L’ATTESA DI UN AMANTE

Meriggi infocati
consumavano attese proibite.
L’attimo fermava il suo corso
su ogni battito del cuore.
L’immobilità delle cose
celava memoria dei travolgenti sospiri.
La casa, tutta, inspirava l’aroma del piacere.
I sensi e le ansie danzavano tremanti.
Arsa la gola, avida di baci,
palpitava incerta.
Aspettavo scorgere le amate forme all’angolo della via
le ombre sinuose oltre i cristalli del porticato,
e attendevo un suono, un gesto, un rintocco d’uscio.
Quando giungeva smoveva viscere e tumulti.
Il ventre sospendeva il respiro,
l’emozione non fiatava.
Il mio nido segreto si schiudeva
e gli oceani mugghiavano lontani,
mentre le maliziose muse varcavano la soglia.
Vin moscato e cioccolata
accendevano il desiderio e rapivano parole dalle bocche ansimanti,
il sole carezzava tremulo gli splendidi corpi.
Navigavamo così tra le lenzuola
avvinti, rampicati e folli di passione.
Stringendo il tempo tra le dita,
violavo l’incantato scrigno
alle cui dorate sponde
naufragavo sfinito.
Era un vortice di gemiti e respiri,
di silenzi e grida,
un ballo lento, inesorabile, infinito,
un cielo senza nuvole in cui poter entrare.
Ci scambiavamo baci, amore, pelle, ossa e destino.
Miei meravigliosi fiori ebbri e sgargianti di sensualità,
Mie voluttuose ed eterne stelle,
or che la vita pone impietosa il declino della gloria,
scosto la ruggine dai miei ricordi.
chiudo gli occhi
e vi rivivo, una per una.
Dall’attesa all’inevitabile addio.

Motta Sant’Anastasia, 2011

 

A QUANTI PASSI

Io non so a quanti passi sta il tuo cuore.
Non so quanti soli intrecciare ai tuoi capelli,
quante stelle alle tue labbra.
Non so a quante rime dalle mie albe trovare i tuoi occhi,
a quanti battiti delle tue palpebre perdermi in te,
sui tuoi seni, alla tua bocca.
Io non so delle tue braccia,
se le tue mani muteranno in carezze,
se i tuoi respiri danzeranno su di me.
Avrò mai la tua voce alla mia pelle?
Suonerai note con le tue parole?
Quale melodia per te?
E intanto ti penso
ad ogni passo del sole,
e ti sogno come cadenza di stelle.
Chissà se sarò falco, tempesta o eterno canto…

Acitrezza, 2014

 

MADRE

È tempo di dirti addio madre,
è tempo che il tuo spirito voli leggero,
fluttuando sui nostri cuori,
è tempo che nella luce
risplenda il tuo sorriso.
Per te è forse la pace,
per noi che restiamo qui
continua la guerra,
adesso che non sei più accanto,
non più la tua bella voce,
non più i tuoi occhi,
non più il tuo amore e le tue carezze,
È così vuota la mia vita,
è vuoto il mio essere,
vola spaurita la mia anima
cercando la forza di imitarti,
la forza di eguagliare il tuo coraggio,
la tua grandezza,
la tua bellezza.
Gema l’universo,
tremi il mondo,
tacciano i boati,
io ti troverò.
Ma tu dove sei adesso?
Ascolti i miei versi?
Senti le mie parole
che vibrano forte,
e che adesso invocano te
e solo te?
Ti cerco ancora sulla Terra,
ma sei già in cielo
carezzata dalle nuvole,
brilla più forte da lassù
mamma,
che nessuna stella in tutto l’infinito splenda più di te,
che si sottometta la luna,
che si inchini il sole,
che si fermi l’immenso.
A te,
che mi hai dato la vita,
a te madre,
donerò tutti i fiori del mondo,
a te donerò tutti i colori dell’arcobaleno,
a te donerò il mio amore,
risplenderai in ogni mia lacrima
e quando chiuderò gli occhi,
mi lascerò cullare ancora una volta
dal tuo eterno abbraccio.

Caltanissetta, 2004

*

Giuseppe Calì nasce a Gela (Cl) nel 1969. Tra gli otto e gli undici anni ha i primi approcci con la scrittura attraverso la stesura di alcuni racconti. A quindici anni inizia a scrivere le prime poesie. Nel 2000 partecipa al Premio Eugenio Montale e nel 2001 raccoglie alcune sue liriche nel libro-strenna “Scritti e Poesie”. Nel 2002 pubblica per i tipi di Aped Editore il libro: “Racconti brevi, brevissimi e microscopici”. Dal 2006 in poi, partecipa a diversi reading di poesia e dal 2007 inizia ad organizzarli in prima persona esordendo a L’Aquila con “Note e Poesia”. Un anno dopo, nel capoluogo abruzzese, organizza anche lo spettacolo teatrale “A Carnevale ogni racconto vale”. Frequenta in seguito dei laboratori teatrali a Roma ed un seminario in regia teatrale tenuto da Luca Ronconi a Spoleto nel 2008. Nel 2009 mette in scena un suo testo teatrale tratto dal “Faust” di Goethe al Piccolo Teatro di Catania: “Cumpari Faust”. Successivamente abbina alla stesura delle poesie l’organizzazione di eventi culturali, in giro per Italia, Spagna e Messico. Paese nel quale si trasferisce per la prima volta nel 2015 e dove nel 2019 esce il suo libro: “Etereo y Carnal”, quartine in rima bilingue, italiano e spagnolo, pubblicato da Arando Letras. Produce musica strumentale digitale, crea poesie audio visuali, ha tradotto testi e poemi di autori spagnoli (Fernando Sarria) e messicani e scritto la prefazione per il libro di poesie “Sórtilegio” del poeta messicano Amando Aguilar. Ultimamente si dedica a studio, cultura, storia e produzione del cioccolato secondo antiche tradizioni messicane.

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