Léon Spilliaert, Bridge near Zandvoorde, 1930.

rubrica, inediti d’autore

Seguitano le lune a confondere
come seguono i pesci le lampare.

La morte? Darsi una definizione.
Darsi pace è questione di indulgenza
definita in chiusa – l’ultima stanza
che manca di una porta sempre aperta
da cui tutto, qui, ha una conseguenza
parola che annulla la precedente
dalla successiva viene annullata.

Ci sono cose che esistono
proprio perché non si vedono,
così ti sono sconosciuto
non meglio di quello che voglio
io solo sono il burattinaio
dalla cifra corrispettiva al taglio
sì esanime nemico anemico
del triste teatro – il capocomico.

Non c’è commiato né ameno né laido
ovunque il cuore – non ha domicilio,
non una sola assenza è mai mancata
inganna Rorschach una parte bianca
– vestito fatto solo di parole
tramandate da lasciar (ac)cadere
senza parlare per farsi capire

di verità in prigione il passo è breve
cambiano solo i sintomi in agguato,
l’ottimo spunto di un pessimo esempio
possiede e al contempo è posseduto

dal mo(n)do approssimato per difetto
tolto il valore aggiunto al caso, tutto
dopo l’infanzia diventa maschera
tronco di un feretro, la saldatura
– piroetta della chiave di volta
verso sud-ovest proietta l’ultima
prospettiva di libeccio negata

per conto di mano poco sicura
forma una parola che cambia forma
come uno di quei libri di poesia
che aperti a caso mettono paura.

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