Laura Giordani, “avevo nove anni quando decisi di fare l’attrice”.

“Le sorelle Macaluso” film, diretto e co-sceneggiato da Emma Dante, per ragioni facilmente intuibili, è l’ultimo che ho potuto vedere al Cinema. Doloroso sì, doloroso, certo, eppure di una bellezza folgorante che ti attraversa come la lama luminosa dell’assenza. Ed è proprio pensando al taglio dell’assenza, che ferisce e porta luce (chiarezza) sul significato (qualcuno lo chiama valore) di quello che non abbiamo più e di quello che vogliamo (che non dobbiamo smettere di volere), che mi percorre il “male” incalcolabile (e che voi tutti ben conoscete) per l’assenza di libertà cui, nostro malgrado, siamo obbligati! Viviamo in ginocchio, possibile non esista una soluzione intelligente (competente e coerente) per “riaprire” (prima che non ci si possa più rialzare?) e, con tutto quello che significa e ne consegue, anche le porte di cinema e teatri? Me lo domando di continuo e ho scelto di domandarlo a voi, che state leggendo, come all’eccellente attrice catanese Laura Giordani (nella foto di Elisa Franco) che ho apprezzato molto, per “nudità” e naturalezza espressiva, nella suddetta pellicola. 

Ci racconti un aneddoto legato alla tua scelta professionale?

Ah beh allora partiamo da molto lontano! Avevo nove anni quando decisi di fare l’attrice, ma proprio con caparbietà, eh? Lo dissi ai miei: “Mamma, papà, da grande farò l’attrice!”, e loro mi sorrisero dicendomi che avrei potuto fare quello che volevo. Poi, a diciannove anni, feci il provino per la scuola di Avviamento al teatro dello Stabile di Catania, e da li cominciò tutto!

Dal teatro al grande schermo con una impeccabile partecipazione in qualità di co-protagonista della fortunata pellicola “Le sorelle Macaluso”. Di questo film, diretto e co-sceneggiato da Emma Dante, cosa hai amato maggiormente? Cosa ti ha insegnato questa esperienza? Cosa non dimenticherai mai della “direzione” della Dante?

È stato il mio primo vero “treno” essere tra le protagoniste di questo film, come ben si sa il teatro non porta quasi mai ad avere tanta visibilità ed un pubblico così ampio, a fare il salto, ecco. Fortunata pellicola, sì, poiché la scelta del cast, delle maestranze tutte, della troupe, è stata piena di grazia, oltre che frutto di competenza e professionalità. Emma Dante, nonostante la sua durezza durante le prove, è una “creatrice di bellezza”, tutto ciò che fa ha in sé verità e tensione, estetica e incanto, le sue creature lasciano sempre a bocca aperta, e lo spettatore si porta appresso, anche per giorni, dolori e meraviglie di quanto percepito durante la visione delle sue opere. Lavorare con Emma mi ha insegnato ancor più a stare calma, ad osservare, a concentrarmi su quanto mi si chiedeva, per conoscere, capire, accogliere e fare mio il personaggio di Katia, il mio esatto opposto, difficile da digerire i suoi silenzi, la sua apparente pacatezza, il suo trauma inespresso. Ed infine noi “sorelle” ci siamo amate per davvero, sul serio: i nostri dolori, le nostre risate, la vita in comune è diventata realtà, a tutt’oggi ci scriviamo, ci mandiamo foto, gioiamo, assieme a mamma Emma, per il gioioso consenso che questo film sta avendo ovunque!

 Ancora, guardando il film si scorge, sin dalle primissime scene, il protagonista maschile: il mare. Il mare che come la vita prende, sorprende, rende, pretende e offende dolorosamente. Qual è il tuo rapporto con il mare e quale il tuo rapporto con la vita (tutta)? Quest’ultima domanda è nata pensando alle belle letture riportate sulle scena, e, peculiarmente, al passo tratto dal libro della Ortese “Le piccole persone”.  

Bellissima questa tua considerazione del “protagonista maschile”, il mare… il mare è in noi, per noi isolani soprattutto, per noi siciliani. Se domandi a un siciliano che vive fuori qual è la cosa che più gli manca della sua terra, il più delle volte risponde: il mare. Adoro il mare, ma non riesco più a viverlo d’estate, non amo molto il sole, in realtà, e nemmeno gli schiamazzi della gente e la musica terrificante che mettono ovunque! Quindi mi piace fare passeggiate sulle rive anche d’inverno, m’incanto a guardarlo quando è in tempesta, certo a distanza, trovo che sia il massimo della sua magnificenza, così come quando l’Etna è in eruzione. Ed è pregevole, per noi catanesi, “stari a moddu ‘ndo mari e, ‘ndo frattempu, ‘a Signura taliari ” (l’Etna). E, come ogni cosa sulla Terra, noi – umanità – dovremmo avere più rispetto per gli elementi che ci ospitano, perché se li offendiamo, e sfruttiamo, si ribellano, hanno un loro ordine preciso, un po’ come noi abitanti. Il mio rapporto con la vita, mi chiedi… diciamo che sono alla costante ricerca del “giusto”: la cosa giusta da fare, la cosa giusta da dire, provo sempre a mettermi nei panni di, è anche il mio lavoro che mi aiuta, in questo. Sono alla ricerca disperata della pazienza e della diplomazia, virtù che sconosco, sono poco riflessiva e questo mi porta a reazioni sincere, sì, ma a volte inadeguate. Insomma provo ad essere come chi vorrei incontrare sul mio cammino.

Dovendo scegliere: più il cinema o più il teatro? Come li vivi come le relative differenze? Qual è il tuo rapporto con il pubblico?

Il mio rapporto col pubblico è stupendo, mi piace da impazzire, lo tratto come tratto i miei amici, e non riesco mai ad essere distaccata, seria: finita la rappresentazione, commedia o tragedia che sia, torno ad essere me stessa. Cinema o teatro, teatro o cinema? Cosa mi piace di più? Non lo so! Partiamo dal presupposto che la mia formazione è teatrale, il mio primo amore, ma è fuor di dubbio che fare cinema è bellissimo! Quindi io voglio fare assolutamente sia cinema che teatro, certo la ripresa non sarà semplice, dopo questo periodo difficile ed anomalo, di cui si sa l’inizio ma ancora non possiamo prevedere la fine.

Il momento che stiamo vivendo penalizza fortemente entrambi, cinema e teatro. Come commenti le decisioni governative sul fronte culturale? E, potendo, quale soluzione consiglieresti affinché si possa dare respiro agli addetti ai lavori come, altrettanto, ai potenziali fruitori che senza vengono privati di un “bene” che certamente possiamo definire essenziale?

Come più volte si è detto, da marzo 2020 ad oggi, i luoghi di cultura NON sono luoghi di contagio: teatri, cinema, musei, potevano benissimo continuare le loro attività, nel rispetto di distanziamenti e accorgimenti vari, come stavano già attuando questa estate; voglio ricordare che tali strutture avevano già speso del denaro per l’adeguamento e le sanificazioni. È proprio in questa occasione di pandemia che “son venuti i nodi al pettine”, come si suol dire: Cultura, in Italia, è erroneamente sinonimo di perdizione, non di libertà, e da qui bisogna ripartire, sin dalle basi, dall’accettazione, cioè, della importanza fondamentale che la cultura DEVE acquisire nella vita di ogni singolo cittadino, qualsiasi professione faccia, chiunque egli sia, dovrebbe desiderare un posto in prima fila, esigerlo, e in questo, indubbiamente, abbiamo una certa responsabilità anche noi operatori culturali.

Progetti futuri?

I progetti sono tanti: in primis riprendere ciò che è rimasto in sospeso, tra debutti e repliche di spettacoli vari. Continuare a portare in giro il mio spettacolo su Rosa Balistreri; riprendere a fare provini; aprire il cassetto e rispolverare due testi, in particolare, che non vedo l’ora di portare in scena, grandi personaggi femminili, quali Clitennestra e un’idea tratta dalla vita di Alda Merini, che non vedono l’ora di farsi ascoltare e di donarsi al pubblico.

Spazio in libertà…

Desidero rivolgermi a tutti i giovanissimi che si vogliono affacciare al mestiere dell’attore.

Non pensate che basti il talento…

Non pensate che sia giusto avere le conoscenze o le raccomandazione dei parenti…

Non pensate che sia tutto dovuto…

Non pensate che per fare questo lavoro bastino avvenenza bellezza spudoratezza…

Non pensate che se va bene la prima volta avete raggiunto il successo…

Dovete studiare, credere, avvertire dolore e stanchezza, sudare, amare e odiare, cadere, farvi male, sopportare, ribellarvi, stare in silenzio, disciplinarvi, e molto molto molto altro.

Ma soprattutto dovete esser pronti a sacrificare tempo e spazio.

È questa la SACRA FIAMMA.

Laura Giordani (nella foto di Elisa Franco), attrice, cantante e regista, nasce a Catania il 25 febbraio del 1974. Dal 1993 frequenta la Scuola di Avviamento al Teatro “Umberto Spadaro”, del Teatro Stabile di Catania, così diplomandosi nel 1996, data in cui avviene il suo primo debutto prendendo parte al musical di Tony Cucchiara “La Baronessa di Carini”, con la regia di Angelo Tosto. Marzo-aprile 2019, ha finito di girare, da protagonista, il film: Le sorelle Macaluso, di Emma Dante, Elena Stancanelli, regia di Emam Dante. Il film è stato presentato in concorso al Festival d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia 77 e ha vinto il premio Pasinetti, all’intero cast al femminile, e al Miglior Film. Dal 1996 ad oggi innumerevoli sono le esperienze teatrali: ha partecipato come coreuta nelle tragedie “Prometeo,Baccanti, Rane” dirette da Luca Ronconi al teatro greco di Siracusa nel 2002, nel 2011 nel coro dell”Andromaca” con la regia di Luca De Fusco e nel “Donne al Parlamento”, regia di Vincenzo Pirrotta; nel 1999 va in scena con “Lisistrata”, regia di Mario Prosperi, in tournèè nazionale, con il Teatro Politecnico di Roma; nel 2000 affianca Pippo Franco ne “L’Anfitrione”, tournèe nazionale; nel 2003 recita nel “Sistema Ribadier”, con Manlio Dovì, per la regia di Miko Magistro. Nel 2018: Penelope, l’Odissea è fimmina, testo e regia di Luana Rondinelli, prima nazionale al Festival delle Dionisiache 2018, Segesta. Nel 2017 fa parte del cast de  I Promessi Sposi di A. Manzoni, regia di Gisella Calì e Alessandro Incognito.Save the Cotton’s, musical inedito di Fausto Monteforte e Daniele Caruso, regia di Gisella Calì, con Raimondo Todaro. Arricchiscono il curriculum importanti e numerose partecipazioni a operette e fiabe per bambini.  

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