C’è una pronuncia alta, profetica, visionaria, sciamanica che rende questo libro di Carmelo Panebianco un libro di antica e attualissima grandezza. L’autore inscena, celebra, canta un suo mondo poetico finissimo di presenze e di ombre. Il lettore conoscerà il Kutik, giardino, memoria, infanzia, inferno, paradiso perduto, nodo centrale della poetica di pane bianco, si imbatterà in un linguaggio da classico greco e in inserti di un siciliano popolaresco e fiabesco, in momenti lirici stupendi: “la notte è un recinto di giada/uno spoglio colibrì”, “le tue mani dove germogliano/betulle giaciglio delle stelle”
E incontrerà figure come la Sfinge, Hermes, Psiche, Salomè, Orfeo, Medusa, in un percorso sapienziale dentro il mistero dell’anima e del cosmo. Ma. A rendere questo libro ancora più mirabile, si affianca a quello tragico e simbolico, un tono familiare, domestico, dolcissimo in cui un vecchio nonno si rivolge alle sue nipotine chiedendo di essere preso per mano e di essere protetto “dalle intemperie del reale”. C’è un leitmotiv che innerva in sé tutto il libro: la coscienza che tutto ciò che appare svanisce, e poi risorge. E finisce ancora: tutto “tranne la morte e il canto”.
(dalla prefazione di Giuseppe Conte)
Alice
Altro il tempo diverso lo spazio
uguale lo stupore lo stesso mistero
della nascita del mondo delle cose
distesa dormivi supina sulle ginocchia
della mamma attenta al canto
melodioso di una antica ninnananna
salentina “a ritornella…”
la nonna ti diede nei primi tuoi
mesi di vita l’attributo “camomilla”
smentito puntualmente qualche
tempo dopo da una dionisiaca
energia … tuppetturu danzanti
can un hai abbentu
Sulle spalle del nonno a cavalluccio
per le strade nere di sabbia nella piazza
a giocare con Sofia altri bimbi
a salutare Salvo ringraziare Gaetano
“Al parco! Al parco! Nonno”
sull’altalena più veloce della luce
al di là degli alberi sopra il sole
la visita quotidiana alle ochette
l’erba sminuzzata le briciole saporite
profondi gli occhi risplendono
della gioia marina del tauro
della bontà che non conosce il male
e appreso il vero che ci porta al sogno
Sofia
Etna-Sofia bum bum
melodia del vento la tua voce
si fa verbo nell’ora prima
della creazione sacri
sussurri di fronde estive
alba del grande tempo
I tuoi occhi hanno lo stupore
della laguna l’estasi fragile
di misteriose galassie
scivolano i piedini
sul suolo lunare della piazza
danzano nel gioco scanzonato
delle perpetue possibilità
Vedo incamminarti nei sentieri
Luminosi della verità verso
La bellezza che salverà il mondo …
Le parole di un vecchio nonno
Ora che con incerti passi
siamo giunti nei luoghi di confine
tra le ore che sono già trascorse
dai giorni che ancora devono
venire porgetemi le manine vostre
affusolate sicure e proteggetemi
dalle intemperie del reale
mentre vi narrerò la favola
aurea del kutik… “Quando gli dèi
dimoreranno sereni nelle terre
fertili tra la Gorna e il Dittan
e Sama e Zaris giocavano a rincorrersi
nei campi opulenti della volpe
e il nonno del padre vostro
trasformò la terra in giardino
e profumati scorrevano i giorni
tra la polvere sollevata dai cavalli
e il lento frusciare dei ramarri sulla menta …
voi la continua metamorfosi
rinascita continua
rimanete sempre fanciulle
salvateci dal pantano dell’ovvio
e non dimenticate di rendere
azzurri il cielo e il cosmo
perché celesti sono i sogni e dolce il sapore
del grano e della zolla gnam …gnam!”
—
Carmelo Panebianco è nato a Catania nel 1951. Dopo le plaquette di esordio dal titolo Nostalgie e trasfigurazioni (1983) e Apparizioni (1986) ha pubblicato per le Edizioni Amadeus (Montebelluna, Treviso, 1992) il libro di poesia Angelo dei gigli, presentato da Giuseppe Conte, cui ha fatto seguito, nel 2007, Giardino celeste, edito nella raffinata collana “Palinuro” dell’editore Salvatore Sciacca di Caltanissetta, diretta da Aldo Gerbino, con prefazione di Giorgio Ficarra. Ha scritto articoli di critica cinematografica e pubblicato versi su riviste letterarie. È coautore di spettacoli multimediali tra i quali Maravigliosamente un amor mi distrugge (1995), In latitudine di luce (1996), I canti di Gebel (1996). Alcuni suoi testi tradotti in spagnolo sono apparsi sulle riviste on-line latino americane “Palavreiros”, nel 2004, e “La fuente de las siete virgenes”, nel 2006. È presente nell’antologia Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea n. 1, Raffaelli Editore, Rimini 2013.