Rossella Renzi, “Disadorna”, una dichiarazione di poetica per chiari “gesti di esplorazione attraverso la parola”.

Rossella Renzi (nella foto di Giacomo Alessandrini) vive in provincia di Ravenna, insegna materie letterarie negli Istituti superiori. In poesia ha pubblicato: I giorni dell’acqua (L’arcolaio 2009), Il seme del giorno (L’arcolaio 2015), Dare il nome alle cose (Minerva 2018), Disadorna (Italic Pequod 2022) e il saggio in eBook Dire fare sbocciare. Laboratori di poesia a scuola (Pordenonelegge 2018). È redattrice di «Argo» e di «Poesia del nostro tempo». Per la casa editrice Argolibri dirige la collana «Territori» per cui ha curato il volume Argo 2020 L’Europa dei poeti. Con altri autori ha curato L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie e numerosi Annuari di poesia. Lavora per approfondire il dialogo tra la poesia e le diverse forme artistiche. Collabora con l’Associazione Independent Poetry attiva nell’organizzazione di eventi sul territorio romagnolo. Si è laureata nel 2003 all’Alma Mater di Bologna col Professore Alberto Bertoni, scrivendo la tesi «Eugenio Montale e la poesia del secondo Novecento».

“Essere luce nel fragore/ nel desiderio, nella speranza/ quando la vita si schianta”, versi scelti dal libro “Disadorna” di Rosella Renzi (edito da “peQuod”, collana “Portosepolto” a cura di Luca Pizzolitto), per introdurre la nostra intervista.

Qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Disadorna”? 

Disadorna nasce da un modo diverso, distante e se vogliamo disforme, di guardare le cose. Osservare – ma anche ascoltare – da una prospettiva differente, che pone attenzione alle anomalie, che vuole prendere distacco dal pensiero e dallo sguardo comune, cercando i punti discontinuità… tale gesto mi ha portato a scrivere un nuovo libro. Disadorna è dunque una dichiarazione di poetica: a mio avviso fare poesia si ricollega in modo significativo con lo sguardo che poniamo sul mondo, con la disposizione a scrutare le cose da una prospettiva marginale, che sia anche spoglia di sovrastrutture, ornamenti, distrazioni. Disadorna indica anche il mio rapporto con il sacro: nel libro scrivo di un “tempio disadorno”, in cui per meditare, pregare, mettermi in contatto con Dio, con la Natura, con i miei Morti, non servono accessori, artifizi. Il tempio – fisico ma anche mentale – deve essere puro, silenzioso, fatto di sola pietra e luce.

“Siamo stati stranieri/ e non lo sapevamo.”, con i tuoi versi per chiederti: dove sei stata condotta dalla poesia?

La poesia mi conduce in luoghi e tempi misteriosi e sconosciuti. Con lei si approda nelle situazioni più impensate: è un continuo movimento, gesto di esplorazione attraverso la parola, con l’immagine, con il suono. Il suono dei passi è molto presente nel mio immaginario, spesso sono i passi dei migranti che bussano alle porte dell’Europa. O sono i passi dei pellegrini medievali, che si mettevano in cammino per periodi lunghissimi, senza nessun tipo di conforto, senza sapere quando e se avrebbero raggiunto la loro meta, il luogo sacro, il tempio, il sepolcro.  

In che modo la vita diventa linguaggio? 

La vita diventa parola dal momento in cui prendiamo le distanze da essa, e riusciamo a ripensarla, a manipolarla, a rielaborarla; anche a reinventarla, perché non ne facciamo più parte. La parola è uno strumento potentissimo: può creare mondi, può farci piangere, sorridere, soffrire.

La poesia è (anche) la lingua dell’invalicabile? 

Sì, concordo con questa definizione, perché c’è sempre una soglia che non è possibile varcare, in poesia. Nel mio pensiero, la poesia non è comunicazione, ma creazione che comprende un insieme di sensazioni, percezioni e significati che giungono a chi legge attraverso canali differenti. E rimane sempre un piano di discrezione, di mistero impenetrabile all’atto della lettura, e che deve restare tale.

La forma quanto incide sulla “verità” della parola poetica?

La forma incide moltissimo, perché una questione di forma è anche una questione di contenuto. Tutto il labor limae che impegna il poeta sulla materia grezza disposta sulla pagina è questione di forma, di faticoso lavoro, di scavo, selezione, rinuncia, attesa per poter giungere a quella verità. Essa è racchiusa anche (soprattutto in poesia) nel suono, quindi è fondamentale lavorare sulla forma per raggiungere quel suono in grado di trasmettere quel significato. Che si palesa in immagine, sensazione, silenzio, spazio bianco, evocazione, riflessione, illuminazione, verità.

Immagina di dover dare delle “istruzioni” essenziali per scrivere una poesia, quali daresti?

Leggere. Ascoltare, ascoltarsi, scrivere, scegliere, aspettare, cancellare, rinunciare, riprovare, aspettare…

Qual è stato, ad oggi, il dono più prezioso ricevuto dalla poesia?  

La scoperta di grandi poeti e poetesse che non conoscevo: leggere certi libri mi ha spalancato mondi, procurato sofferenze e gioie, condotto a riflessioni profonde sulla vita, mi ha imposto di ripensare e di rivedere molte convinzioni sulle cose, mi ha cambiato lo sguardo… Credo di dover percorre ancora tanta strada, nei libri, nelle letture, in quell’arte sconfinata e inafferrabile che è la poesia. E poi ho conosciuto creature luminose, menti generose che hanno arricchito la mia vita e il mio quotidiano.

Per concludere salutando i nostri lettori, ti invito a scegliere una tua poesia dal libro “Disadorna” e, nel contempo, ti invito a portarci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere. 

Resistere come un piccolo insetto

essere pura cosa viva impazzita

che sbatte contro l’inganno del vetro

bellezza che si spegne nel bagliore.

*

 

Questo testo – che non è tra i miei preferiti – l’ho scritto osservando e ripensando alle falene: insetti che volano di notte, cercano la luce, sbattono ripetutamente contro il vetro magari di una lampada. Spesso muoiono in questa estenuante ricerca.

A volte credo che questo loro modo di fare somigli a quello degli uomini, che cercano incessantemente la salvezza, la luce, la felicità… a volte inseguendo solo un bagliore. A volte impazzendo, senza un motivo apparente. Capita che cercare in modo insistente questa luce, possa portare alla fine della vita… ma cosa è giusto e cosa no? Il tema della luce mi affascina molto, per questo ho deciso di porre all’inizio del libro una citazione della filosofa Maria Zambrano, che amo molto. Tocca addormentarci in alto, nella luce.  

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