Valentina Di Cesare, “L’anno che Bartolo decise di morire”.

Ho da poco letto il secondo romanzo di Valentina Di Cesare, “L’anno che Bartolo decise di morire”, Arkadia editore, un testo bellissimo, senza mezzi termini, che cattura nettamente l’attenzione del lettore come se fosse un giallo, ma non lo è. Non ci sono commissari o carabinieri all’opera, in questo che non è un romanzo d’intreccio; o meglio l’intreccio è dato dalle discussioni dei personaggi che, come in un dialogo platonico, vengono maieuticamente condotti alla verità dal loro Socrate, in questo caso il maestro Nino, nel sorprendente finale. Ed ogni volta essi sono costretti a scoprire un angolo di verità della loro esistenza nel loro dialogare, a volte fitto, che ne scarnifica le coscienze mettendole a nudo. A un certo punto l’autrice compie quello che negli scacchi si chiama “sacrificio di deviazione”, che distoglie l’attenzione dal vero obiettivo, anche questo un mezzo narrativo tipico di un giallo e la bravura della Di Cesare sta proprio nel non scadere nel solito cliché scontato già visto e già letto tante volte. I personaggi, così come nel precedente romanzo, non sono descritti fisicamente, né i luoghi indicati chiaramente, così che il lettore può immaginarseli come vuole, in una sorta di atemporalità simbolica laddove ognuno di essi potrebbe condurre chi legge a una identificazione con sé stesso o con persone reali da lui conosciute. Oltre tutto l’autrice è in grado di far venire fuori la loro psicologia con poche pennellate grazie a una sapienza narrativa che si intuisce innata, anche se comunque curata nel tempo con lo studio e le letture cui la scrittura di Valentina Di Cesare con uno stile personalissimo, riconoscibile, rimanda. La sua prosa mi fa pensare a Tabucchi, un’osservazione che feci già per il suo primo romanzo, “Marta la sarta” (Tabula fati 2014), e ancora per il racconto lungo “Le strane combinazioni che fa il tempo”, un e-book uscito l’anno scorso da Urban Apnea, ma anche per altri racconti che ha pubblicato sul web. Il desiderio di allontanarsi per sempre da un luogo, di cambiare radicalmente vita è un tema ricorrente nella produzione di questa autrice. Solitudine, disperazione, rabbia estreme: queste sono le parole chiave di questo romanzo. Temi attualissimi come è facile capire legati anche a problemi sociali che ogni giorno sono sotto i nostri occhi, come quello della perdita improvvisa del lavoro con tutto quel che ne consegue dal punto di vista morale e materiale, che la nostra scrittrice affronta senza indulgere a facili pietismi. Credo che sentiremo ancora parlare di Valentina Di Cesare, una scrittrice di razza.

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