da “Foresun” (Scalino, 2016) edizione in English, Sofia, Bulgaria.
Traduzione di Francesco Tomada (dalle versioni inglesi d’autore).
ALL THE IMMORTALITY WE HAVE
I want to preserve this sharp line
dividing the sun from the shadow
on the sand between the grapevines
at the bottom of my eyes
like a purple groove
and in the hot memory of my feet –
like the sweet scar of an old wound.
Something tells me
that immortality is in it –
all the immortality we have.
That is why we must not let it wriggle
and slip away
with the lizard’s tail,
as it does every summer evening,
while we look aside and pay no attention,
because we are so rich
that we let all the immortality we have,
ground into innumerable golden moments,
run between our fingers like sand.
TUTTA L’IMMORTALITÁ CHE ABBIAMO
Vorrei conservare quell’acuto confine
che divide il sole e l’ombra
sulla sabbia tra le vigne
sul fondo dei miei occhi
come un solco purpureo
e nel ricordo caldo dei miei passi –
come la cicatrice dolce di una vecchia ferita.
Qualcosa mi suggerisce
che in esso sta l’immortalità –
tutta l’immortalità che abbiamo.
Perciò non dobbiamo lasciarla guizzare
e scivolare via
insieme alla coda della lucertola,
come fa ogni sera d’estate,
mentre guardiamo altrove e non siamo attenti,
perché siamo così ricchi
che lasciamo tutta l’immortalità che abbiamo
cadere a terra in innumerevoli attimi dorati,
scorrere fra le nostre dita come sabbia.
—
KINGDOM OF SHADOWS
In the subway, under the discount-clothes hangers,
shadows are lying like stray dogs.
The sales-girl with the deep shadows under her eyes
is too tired to look up and out.
A young man with an intelligent face wakes up his flute
the way the prince wakes the sleeping beauty – with a kiss.
I pass by without noticing a thing.
I should have dropped my nickel chime
into the emptiness of his cardboard box.
But this is a subway. Let us, for as long as we can,
keep climbing out back into that upper world,
whose music erupts
in silver fountains under gold chandeliers,
and in our slumbers only – like a silent netherworld –
darkly heaves up the kingdom of shadows.
IL REGNO DELLE OMBRE
Nel sottopassaggio, sotto le grucce dei vestiti da discount,
le ombre si allungano come cani randagi.
La commessa dalle ombre profonde sotto agli occhi
è troppo stanca per guardare e prestare attenzione.
Un giovane dall’espressione intelligente risveglia il suo flauto
come un principe risveglia la bella addormentata – con un bacio.
Gli passo accanto senza rimarcare una cosa.
Avrei dovuto deporre il mio tintinnio di moneta
nel vuoto della sua scatola di cartone.
Ma questo è un sottopassaggio. Cerchiamo, finché si può,
di risalire di nuovo in quel mondo di sopra,
la cui musica erompe
in fontane d’argento sotto candelabri dorati,
e solo nei nostri sonni – come un inferno silente –
oscuro si innalza in regno delle ombre.
—
RAVISHMENT
You undress the apple gently,
turning her in your hands
over and over.
Your knife is sharp.
The dress falls down in coils
at her feet.
The denuded whiteness
is dazzling.
First you take in her freshness
with your lips.
Then the teeth sink
into the crispy flesh
and her sweetness gushes out
over your palate.
Now you are in a hurry,
out of your mind,
biting and swallowing,
going deeper and deeper,
turning and biting,
biting and turning –
until you’ve reached the heart.
The heart is husky
and seedy –
useless leavings.
Throw it away.
PRENDERE
Spogli la mela dolcemente,
rigirandola fra le mani
ancora e ancora.
Il tuo coltello è affilato.
Il vestito cade in serpentina
ai suoi piedi.
Il candore denudato
è abbagliante.
Dapprima accogli la sua freschezza
fra le tue labbra.
Poi i denti affondano
nella sua carne vivace
e la dolcezza zampilla
sul tuo palato.
Ora vai di fretta,
fuori di te,
penetrando e inghiottendo,
sempre più in profondità,
rigirando e mordendo,
mordendo e rigirando –
finché non hai raggiunto il cuore.
Il cuore è fibroso
e pieno di semi –
scorie inutili.
Gettalo via.
—
AUTUMN PROMENADE
WITH SYLVIA PLATH
Through the autumn park,
where you never were
in your lifetime,
the existence of which
you never suspected,
now I walk with you –
with all that’s left of you
(which is all) –
a skinless woman,
naked, naked
like a wounded soul,
blue white with cold,
with poppies for lips
and no eyes –
with eyes turned inwards.
I walk with you
in this work-a-day morning,
made festive by the sun
and the gold scattered
under our feet.
I glance at you
out of the corner of an eye –
naked,
and frightfully vulnerable,
distant.
Through you light seeps.
I pace along the alley,
and you,
you tread beside it
over the grass tips
as on the tips of knives.
Then there’s the pond.
Beyond’s the rumble
of traffic –
a thunderstorm.
You wince
and like a vertical cloud
slide over the water
I remain behind
trudging along the shore,
and my way is
so endlessly roundabout
that I will never
catch up with you again.
PASSEGGIATA IN AUTUNNO
CON SYLVIA PLATH
Attraverso d’autunno il parco
dove
tu in vita non sei mai stata,
e di cui
neanche sospettavi l’esistenza;
cammino con te,
con tutto ciò che è rimasto di te
(e questo è tutto) –
una donna senza pelle,
nuda-nuda
come anima ferita,
livida di freddo
e con papaveri
al posto delle labbra,
e senza occhi –
dagli occhi
volti verso l’interno.
Cammino con te
in questo mattino di metà settimana,
festoso
di sole
e d’oro sparso
sotto i nostri piedi.
Ti guardo
con la coda dell’occhio –
nuda
e terribilmente vulnerabile,
e lontana.
Attraverso di te filtra la luce.
Io seguo il sentiero
e tu –
sul ciglio
calpesti le lame dell’erba
come se camminassi sui coltelli.
Ed ecco il lago.
Più avanti –
il rumore delle automobili –
un rombo di temporale.
Tu tremi
e cammini sulle acque
come una nuvola verticale.
Io resto indietro.
Continuo sulla riva
e la mia strada
è così tortuosa
che non ti raggiungerò più.
—
AN UNROMANTIC VISIT
TO WORDSWORTH’S COTTAGE
What is left of the immortal poet
except the home, in which with friends
he dined many years ago
and caressed his wife—
the home assaulted now by tourists
like hordes of barbarians,
storming the stairways,
rummaging in corners,
fingering the walls—
in search of what was stolen long ago—
like the unknown stuff
that once clothed the bare bones
of the dinosaur
in the Royal Museum of Natural History?
What is left of the poet
except that chair he sat on once
and the old-fashioned overcoat flung on it,
and the top hat, and the walking stick,
with which he used to stroll
along the shore of the great lake
in the damp wind,
looking at faraway clouds
and at the reeds near his feet?
What is left of the poet
except the spectacles in the showcase—
with that same wire frame
that once cut red marks behind his ears
but has no eyes behind them now?
And then there’s his verse of course—
his verse.
UNA VISITA POCO ROMANTICA
ALLA CASETTA DI WORDSWORTH
Cosa è rimasto del poeta immortale
a parte la casa, in cui cenava
con gli amici molti anni fa
e accarezzava la moglie –
la casa oggi assalita dai turisti
come orde di barbari,
che irrompono sulle scale,
rimestano negli angoli,
tastano i muri –
in cerca di ciò che è stato rubato da molto –
come la materia sconosciuta
che una volta rivestiva lo scheletro spoglio
del dinosauro
nel Museo Reale di Storia Naturale?
Cosa è rimasto del poeta
a parte la sedia su cui si sedeva
e il soprabito fuori moda gettatovi sopra,
e il cappello a cilindro, e il bastone da passeggio,
con cui era solito passeggiare
lungo la riva del grande lago
nel vento umido,
osservando le nubi lontane
e i canneti vicini ai suoi passi?
Cosa è rimasto del poeta
a parte gli occhiali nella bacheca –
con le medesime stanghette che una volta
incidevano impronte rosse dietro alle sue orecchie
ma adesso non hanno alcun occhio dietro?
E poi c’è la sua poesia ovviamente –
la sua poesia.
*
Alexander Shurbanov, nato a Sofia (Bulgaria) nel 1941, è un poeta, traduttore, saggista, critico letterario e professore universitario, dottore honoris causa delle Università britanniche nel Kent e nel Surrey. È il traduttore bulgaro dei Racconti di Canterbury di Chaucer; delle tragedie di Shakespeare; del Paradiso perduto di Milton; delle poesie di Dylan Thomas e di numerosi altri poeti inglesì. Per oltre quarant’anni, Shurbanov ha insegnato letteratura Inglese all’Università di Sofia e ha pubblicato numerosi libri di critica sia in patria che all’estero. Come scrittore, studioso e traduttore è stato insignito di numerosi prestigiosi premi. Le poesie del libro Foresun edito/pubblicato da Scalino in agosto 2016 in English a Sofia, Bulgaria sono scritte prima in bulgaro e succesivamente tradotte in inglese dall’autore stesso. Mail.: a.shurbanov@gmail.com
Francesco Tomada è nato nel 1966 e vive a Gorizia. I suoi testi sono apparsi su numerose riviste, antologie, plaquettes e siti web in Italia e in altri paesi. Recentemente un’antologia monografica dal titolo “Questo è il mio tempo” è stata edita dalla casa editrice Scalino di Sofia (2016).
La sua prima raccolta, “L’infanzia vista da qui” (Sottomondo), è stata edita nel dicembre 2005 e ha vinto Premio Nazionale “Beppe Manfredi” per la migliore opera prima. La seconda raccolta, “A ogni cosa il suo nome” (Le Voci della Luna, 2008), e la terza, “Portarsi avanti con gli addii” (Raffaelli, 2014) hanno ricevuto riconoscimenti in diversi concorsi a carattere nazionale. Per la collana “Autoriale” (Dot.Com Press) è stata pubblicata nel 2016 una sua antologia ragionata con testi scritti dal 1995 in poi. Il lavoro più recente è “Non si può imporre il colore ad una rosa” (Carteggi Letterari, 2016).
Un ringraziamento, per la segnalazione di questa pubblicazione ad Emilia Mirazchiyska e Giovanna Iorio. Ph di Alla Georgieva