#1Libroin5W.: Connie Mannella, “Storie della Terra Laggiù”, illustrazioni Daniela Abatematteo, Algra.

Chi?

Niente orsi bruni o teneri coniglietti, ma creature dall’aspetto bizzarro, inconsueto, che popolano l’altra parte del mondo, l’emisfero australe. Un’echidna, un emù, una volpe volante, un opossum pigmeo, un gigantesco boab e tanti altri. Così distanti dal nostro ordinato, rassicurante immaginario collettivo favolistico. Eppure, il loro aspetto bizzarro e inconsueto si presta mirabilmente a rappresentare la caratteristica più bella della natura umana: la diversità. L’ho percepito immediatamente, un pomeriggio estivo di qualche anno fa. Rassettavo la camera di uno dei mei due figli ed ecco che tra le mani mi capita un manuale illustrato sugli animali del Bush australiano. Un regalo dei miei cugini di Melbourne, dimenticato su uno scaffale, tra decine di libri. Credo avesse deciso di venir fuori da solo, avendo colto che rimuginavo su una storia che parlasse di un paese lontano, di una cultura “diversa” e poco conosciuta. Ho iniziato a sfogliarlo e mi è sembrato perfetto come punto di partenza! Un manuale che mi ha riportato alla cultura aborigena e alla sua babelica narrazione orale. La mia epiphany, direbbe Joyce.

Cosa?

Temi e sentimenti universali che ci contraddistinguono da sempre. In “Come Echidna mise gli aculei”, un tipico laghetto australiano, il billabong, fa da sfondo alle vicende di una piccola comunità. I suoi abitanti restano incastrati nel gioco della catalogazione in “modelli” del Regno Animale che non riesce, ovviamente, ad essere inclusiva della particolare natura dell’echidna. Seguono la mancanza di autostima, l’invidia, la ricerca della bellezza, il bisogno di sentirsi accettati.  Ma c’è anche l’amicizia vera, quella incondizionata, che riesce a sanare le ferite e a riportare la spensieratezza. In fondo che importanza ha se si è a metà strada tra rettile e mammifero se persino un emu non sa volare? A scavare nella natura di ognuno di noi si trova sempre qualcosa che è solo nostro e che ci distingue, e costituisce una ricchezza a patto che si superi la diffidenza. “L’albero a testa in giù” è ambientato nei selvaggi Territori del Nord e ai piedi della montagna sacra Uluru. Qui molte creature affrontano l’egoismo e il narcisismo di un albero.  Vince la generosità e la condivisione perché il gigante Gadawon comprende che a volte bisogna considerare la vita da un altro punto di vista. Entrambe le storie si concludono con un cambiamento improvviso ed eccentrico che non è esclusivamente fisico, ma riguarda anche il carattere dei protagonisti e il loro stare bene insieme agli altri. Il cambiamento diventa, allora, una risorsa. Mi riesce difficile catalogare il genere di questi due racconti, proprio come i suoi personaggi. L’impianto segue sicuramente quello della tradizione favolistica perché è animato da una morale, ma il tema fondante è certamente la metamorfosi e questo rimanda al mito classico. Poi ci sono i versi finali in rima. Un po’ di sana, genuina poesia. Filastrocche, per divertire i lettori più piccoli con la musicalità delle lingue e per far tornare bambini gli adulti che si prendono troppo sul serio.

Quando?

Al Tempo del Sogno, il Dreamtime delle narrazioni mitologiche delle tribù aborigene australiane. Una dimensione surreale. Una Genesi che inizia proprio con una metamorfosi: gli Spiriti Ancestrali scendono sulla Terra assumendo la forma di un meraviglioso e coloratissimo Serpente Arcobaleno che crea i paesaggi e la vita stessa. Ho immaginato poi che andasse a dormire per centinaia di anni dentro la montagna sacra Uluru, per poi risalire in cielo e riassumere la sua forma primordiale. Gli aborigeni non raccontano questo. Ma mi affascinava l’idea di un serpente che sonnecchiasse dentro il monolite.

Dove?

Un villaggio nei pressi di un billabong, un laghetto tipico dell’Australia che si forma quando un fiume “muore”. Poi il Northern Territory e il luogo più sacro agli Aborigeni: Ayers Rock, Uluru nella lingua indigena. Questo antichissimo monolite, patrimonio dell’UNESCO, ha un colore cangiante per effetto delle albe e dei tramonti. Ancora la metamorfosi: nei toni del rosso, dell’ocra, dell’arancio, del rosa e del nero quando si fa notte. Questi paesaggi avevo negli occhi, per settimane, seduta nel giardino d’inverno. Poi ho iniziato improvvisamente a buttare giù qualche rima delle filastrocche. Cominciare a scrivere dalla “fine”! Sembra assurdo, ma del resto l’ispirazione nasce sempre in un momento inaspettato e con contenuti imprevedibili. Non c’è niente di ragionato a tavolino nella stesura di un mio testo. Solo un’idea centrale, uno scheletro narrativo che mi accompagna per settimane, mesi. Non so perché. Forse le filastrocche mi davano il senso del tutto, un canovaccio che ho memorizzato e che mi ha aiutato nella coesione dei testi e dei vari blocchi narrativi. Poi ho scritto l’introduzione e infine il resto. Ricordo di avere chiesto alla mia migliore amica di leggere il primo racconto alla figlia. Questo perché i bambini sono lettori esigenti e si fanno domande sul dove, sul come e sul perché di ciò che leggono. Si interrogano più di molti lettori adulti. Avevo bisogno di un feedback innocente e senza sovrastrutture, un giudizio senza pregiudizio e diverso dai miei occhi. Quando è arrivato è stato illuminante. Una domanda su come Echidna subisce la sua metamorfosi e ho capito di avere saltato una sequenza fondamentale per la comprensione del testo, un passaggio narrativo che mi sembrava scontato.

Perché?

Le tribù aborigene hanno tramandato per secoli i loro miti, le Dreamtime stories, in centinaia di lingue. I loro racconti intrattenevano e istruivano le nuove generazioni. Questo libro vuole essere una finestra sul loro mondo lontano e affascinante, vuole ribadire che la diversità in ogni sua forma (fisica, culturale, spirituale) è ricchezza, vuole auspicare la metamorfosi nell’animo dei lettori perché il cambiamento è risorsa. La Terra Laggiù? Questo nome non è farina del mio sacco. Così chiamavano l’Australia i primi esploratori. Niente di più azzeccato per indicare una terra così lontana dall’ Europa, ai loro occhi sembrava essere posizionata proprio alla fine del Mondo. 

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Prima nasce l’immagine o la parola? Ci racconti cosa accade?

Neanche le illustrazioni sono farina del mio sacco. Preferisco che risponda la mia metà artistica, Daniela Abatematteo.

Spesso si pensa che chi “sa disegnare” riesca a dar vita ad un personaggio o ad un luogo in poco tempo, quel saper mettere su un pezzo di carta una matita che pian piano si colora e si trasforma in luoghi incantati e in  personaggi fantastici o realistici che siano ,non è invece sempre stato parte di noi ma proprio quel particolare disegno, quel luogo o quel personaggio, lo diventa, dopo essersi documentati, dopo aver progettato, dopo aver messo a fuoco l’idea e soprattutto dopo aver ascoltato e riascoltato, letto e riletto attentamente quello che chi scrive volesse dire con il suo racconto…il disegno nasce dopo che la penna ha preso vita, dopo che l’autore è riuscito a farmi immedesimare nei protagonisti della storia ed è così che immergendomi  completamente nella realtà descritta, si concretizzano i luoghi così come I personaggi. Entrambi nascono dalle emozioni che le parole suscitano in me. Ed ecco che “Emu”, lo strepitoso struzzo, protagonista della prima storia, è nato dopo diverse ricerche sul comportamento e sull’anatomia stessa dell’animale tipico dei luoghi descritti, a cui poi si sono aggiunte le emozioni dettate dal personaggio che a loro volta si sono concretizzate per mezzo di luci, ombre, colori, nei suoi grandi e dolci occhioni; così come “Vecchio gufo saggio”, come poteva non essere raffigurato, tronfio di cultura,  se non con due occhialoni e con un libro tra le ali?

scelti per voi

Connie Mannella, “Storie della Terra Laggiù”, illustrazioni Daniela Abatematteo, Algra.

Tanto tempo fa, nella Terra Laggiù, gli animali parlavano la stessa lingua e condividevano ogni cosa. Era il Tempo del Sogno … In un villaggio, vicino a uno dei tanti specchi d’acqua che ora gli indigeni chiamavano billabong, vivevano Emù e Echidna. Emù era veloce, schizzava come una saetta, correva come il vento. Echidna era forte, saldo come una roccia, solido come una montagna.

In the Dreamtime the Great Spirits Ancestors came down from the sky under the shape of the Rainbow Serpent. It slithered and waved on the Land Down Under, thus shaping the waters, the landscape and creating life: the tribes of men, plants and animals. It gave them thought and the same language so that they could guard and share everything of that land. Then the Rainbow Serpent went to rest in the sacred mountain Uluru. It slept there for thousands of years before going back into the sky…

Gadawon era un albero maestoso che si stagliava, solitario, nei territori del nord. Era nato al Tempo del Sogno da una scaglia del Serpente Arcobaleno che era rimasta conficcata nel terreno. Il terreno era generoso e la scaglia aveva messo radici salde e profonde. Da esse era spuntato un alberello, il cui tronco continuò a crescere a dismisura, lento ma inesorabile, per centinaia di anni.

Connie Mannella, “Storie della Terra Laggiù”, illustrazioni Daniela Abatematteo, Algra.

 

 

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Note biografiche

Connie Mannella, all’anagrafe Concetta Adele, è nata a Catania nel 1971. è laureata in Lingue e letterature straniere moderne e insegna Inglese nella scuola secondaria di primo grado “P.G.M. Allegra” di Valverde (CT). Nel tempo libero si dedica al teatro, alla scrittura e allo studio della letteratura mitologica.

Daniela Abatematteo, nata a Mottola (TA) nel 1976, è laureata in Architettura. Dedita alla libera professione e al disegno artistico, interessata all’arte, alla pittura e alla costante ricerca di nuove tecniche da sperimentare. Attualmente professoressa di Tecnologia presso la scuola secondaria di primo grado “Vittorio Alfieri” di Taranto.

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