“Nature umane” di Marco Balzano. “La poesia è una restituzione di meraviglia”.

Osservare la vita in tutte le sue sembianze, dalla «nidiata di tartarughe sulla riva», ai «cani dagli occhi impolverati»; dagli «alberi sulle sorgenti», alla «mosca testarda [che] tira colpi alla finestra»; dalle «nuvole che insaponano il cielo», a «quella goccia di rugiada», agli «elefanti [che] camminano da soli / verso un cimitero che nessuno trova». Osservare e (fatalmente) scrivere una preghiera, «come uno straniero sgomento d’avvenire». Diciamo di “Nature umane”, irradiante silloge di Marco Balzano (nella foto di Cristina Traversi), pubblicata da Einaudi. Occhi come passi che attraversano il mondo, cancellano ogni distanza con l’arditezza delle vere favole (quelle attingono al reale). Un volume costellato da quesiti, attese, «tempi segreti/ che vanno al di là delle esistenze», e omaggi, più o meno espliciti, come quello a Pier Paolo Pasolini dal quale riportiamo pochi versi per introdurre la nostra intervista, «Tutta colpa del sole la razza. Se la merita l’erba/ la luce. Il mare che scintilla, il frutto che matura».

Qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Nature umane”?
Forse la poesia è solo in apparenza una scintilla. Lo è quando un’immagine, una voce, una parola ti sorprendono cariche di un senso ulteriore che non avevi mai ascoltato; quando risuonano in te in una maniera nuova e più ampia. Ma è poi un eterno labor limae: la poesia, infatti, è una restituzione di meraviglia che il poeta dona agli altri. Per farlo ha bisogno di trasformare quella scintilla originaria in una trama di parole che arrivino nella loro trasparenza e, nello stesso tempo, senza perdere l’accensione primordiale che l’ha spinto a creare.

La poesia può giovare a comprendere (specie in questo tempo odierno, buio e refrattario all’ascolto) che “La terra, per esempio, non può volere male all’albero.”?
La poesia presenta connessioni inedite, espresse in un linguaggio più denso, carico di senso e di metaforicità. Dunque non solo può aiutare a comprendere il significato letterale, ma qualcosa di più ampio perché un verso o una frase, in poesia, sono sempre sé stessi e altro ancora, significato linguistico e simbolo. Il compito della poesia è valicare il linguaggio, non praticarlo in modo inerte.

In che modo la (tua) vita diventa linguaggio?
Dostoevskij dice che uno scrittore è tale quando le cose vengono percepite prima come parole e solo successivamente come oggetti o sentimenti. Per me il linguaggio è come una precondizione senza la quale l’esistenza è monca o addirittura priva di un senso profondo. Sono processi che hanno anche dei limiti, ovviamente: sono consapevole che molti messaggi e molti sentimenti possono essere comunicati in modi extraverbali, ma per me se una cosa non accade anche nelle parole è come se fosse dimezzata.

La poesia è (anche) la lingua dell’invalicabile? Cosa può “in questa faccenda delle relazioni”?
È invalicabile la sua ricchezza, perché non esiste un linguaggio dove più si accumulano i depositi del tempo, della lingua, della storia e della fantasia. La poesia prevede di valicare sempre la banalità della comunicazione, obbligandoci a cercare il senso ulteriore che ne sprigiona. Nelle relazioni la poesia è quindi un atteggiamento di ascolto e di allargamento del proprio sentire, ma è anche una dichiarazione d’amore per la parola, che esiste soltanto nella misura in cui esiste l’altro, che la ascolta, la comprende e la rilancia.

La forma quanto incide sulla “verità” della parola poetica?
Non riesco a distinguerle, nemmeno volendo. La poesia richiede la forma, altrimenti non andrebbe a capo. Semmai la poesia conferma una volta di più che il modo in cui possiamo comunicare è sostanza.

Immagina di dover dare delle “istruzioni” essenziali per scrivere una poesia, quali daresti?
Non amo dare questo genere di consigli, nemmeno quando insegno scrittura creativa. Per fortuna non ci sono ricette preconfezionate o percorsi prestabiliti. Bisogna leggere tanto e mai sfoggiare ciò che si è letto, bisogna ascoltare e fare a pugni con le parole fino a quando siamo al tappeto. Quando non riusciamo più ad alzarci abbiamo portato a casa la nostra piccola vittoria. È un modo diverso di vincere, anche doloroso se si vuole, ma più umile di quello che ci viene continuamente proposto dalla comunicazione.

Pensando ai tuoi versi “Non si possono dire le cose/ che le poesie cercan di dire”, ti chiedo: qual è stato, anche da lettore, l’insegnamento sostanziale ricevuto (ad oggi) dalla poesia?
Sono stati tanti, e spero molti altri ne arriveranno. Credo che si raccontino quasi sempre le stesse storie. Ciò che segna la più importante delle differenze è la voce con cui si parla a qualcuno.

Riporteresti (spiegandoci le ragioni) una poesia (di altri autori) nella quale sei solito trovare “rifugio”?
Il mio poeta più caro è Giovanni Pascoli, alcuni suoi versi sono carichi di un’inquietudine senza eguali. Il finale de La mia sera, in apparenza così semplice (lo si studia già alla scuola media) ribadisce nel modo più suggestivo e “maledetto” come tornare indietro (“che fanno ch’io torni com’era”) sia solo un’illusione. La poesia dà questa illusione, facendoci arrivare più pronti ai limiti della realtà, in cui non si torna mai indietro. Per me questa è una consolazione.

Per concludere salutando i nostri lettori, ti invito a scegliere una tua poesia dal libro “Nature umane” e, nel contempo, ti invito a portarci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere.

se la vita è un fiocco di neve
che nessuno è uguale ad un altro
prova della natura mortale
perfetta nella sua inconsistenza.
Se la vita è un fiocco di neve
imparare si deve a restare senza
a capire che tempo vuol dire cadere
morire finire sopra altra neve.
Nessun segreto, nessuna congettura:
il fiocco, il mucchio, lo specchio di luce.

Guardavo la neve cadere e mi è parso che quel moto silenzioso rivelasse chiaramente, molto più di tante congetture filosofiche il percorso dell’esistenza umana. Ne è uscita una poesia quasi metafisica e, benché la cosa mi abbia sorpreso, mi sembrava compiuta così. Nella sua asciutta assenza di spiritualità.

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