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Chi?
Io e la mia compagna come camminanti di un Camino ben noto, che in tanti hanno fatto e che anche noi abbiamo deciso di fare, io non senza qualche diffidenza per la mia abitudine mentale di evitare al massimo i così fan tutti. Diffidenza che mi faceva pensare al Camino come a una specie di moda, di esperienza indotta, di cedimento al conforme. Non avendo una spinta religiosa che mi movesse, non volevo nemmeno trasformare la mia diffidenza in una sorta di simulazione. Tutti pensieri che sono poi stati sconfitti nel corso del Camino, che per me è stata un’esperienza davvero profonda.
Cosa?
Aereo fino a Lourdes, trasferimento con altri cinque pellegrini a Saint-Jean-Pied-de-Port, e poi da lì, dopo l’accoglienza e la prima notte passata in un ostello di non poco disagio, partenza per Roncisvalle e da Roncisvalle, tappa dopo tappa, l’arrivo a Santiago, toccando molti villaggi e due grandi città come Burgos e Leon. Pirenei, Rioja, Castiglia e Leon, Galizia, Santiago, il cosiddetto cammino francese. Più di ottocento chilometri in tappe più o meno impegnative anche di quaranta chilometri e più. Una liturgia di passi che mettono a prova il fisico (una cura speciale da riservare al massaggio ai piedi per evitare le temibili vesciche), ma soprattutto che mettono in movimento una quantità di pensieri che sprofondano nel tempo e fanno venire a galla necessità di verifiche interiori, che a poco a poco si ramificano e incalzano inducendo a esami di coscienza, a bilanci morali. Un vario e mosso paesaggio esteriore che si riverbera in un vario e mosso paesaggio interiore.
Quando?
Nel luglio del 2023, ventitré giorni da “pellegrini” e tre giorni da turisti. Una buona stagione, anche perché il caldo non è mai stato soffocante, e spesso si cammina su discrete altitudini che attenuano un clima per lo più secco. Certo, è meglio mettersi in cammino sul presto, specie nel tratto, in ogni caso non proibitivo della Meseta (noi quasi sempre alle cinque-cinque e mezza). Colazione in cammino e arrivo quasi sempre intorno alle due del pomeriggio, avendo poi agio al riposo, alla cura del corpo, ad annotare le cose notevoli, e magari a conversare con le persone incontrate, spesso degne di essere ascoltate. Il Camino, infatti, è anche un incontro di persone e personalità. Noi abbiamo fatto spesso tappa con persone che non hanno quasi mai camminato con noi, ma con cui abbiamo condiviso più di un momento nelle nostre soste.
Dove?
Il dove è un luogo geografico, ma come ho già detto è insieme e forse soprattutto uno spazio interiore che si consolida via via andando. Non un solo dove, più dove, ma il dove dei dove sicuramente Santiago. Arrivare a Santiago è un’emozione unica. Noi ci siamo arrivati il giorno successivo alla grande festa annuale. Siamo arrivati sulla piazza antistante al santuario scoppiando in un pianto incontenibile. Certo perché arrivare a una meta programmata è sempre un’emozione, specie se si tratta di una meta che è costata determinazione e fatica. Ma non solo. Anche perché l’atmosfera giovanile, festosa e accogliente ha fatto il suo. E infine perché dentro, come ho detto passo dopo passo, qualcosa in noi era cambiato. La nostra prova non era più soltanto la riuscita di un impegno fisico, ma si era a poco a poco trasformata, almeno in me, in un recupero di memorie affettive, di ricordi lontani, un dissodamento di fatti interrotti, incompiuti, che parevano ritrovare qui un compimento, una collocazione finalmente consapevole. Cosa che si è poi confermata nella grande messa del giorno dopo.
Perché?
Perché che vengono tutti dopo, e non prima, come di solito dovrebbe accadere. I perché del prima erano poca cosa, non comportavano motivazioni decisive. I perché del dopo, del compimento, sono stati invece rivelatori. Perché il Camino è solitudine di fratellanze. Perché il Camino è silenzio condiviso. Perché il Camino è liturgia di passi (ridà coscienza del corpo). Perché il Camino è marcia interiore. Perché il Camino è coscienza di lotta (con sé stessi). Perché il Camino accende sentieri, o in ogni caso viottoli, di spiritualità anche in chi non ha fede. Perché il Camino è speranza. Perché il Camino è affiatamento, accordi di fiato, gioia segreta, desiderio di farne parte, di vivere meglio – più fruttuosamente – la nostra vita a vantaggio nostro ed altrui. Ecco. I perché del dopo, che sono i perché che chi ha percorso il Camino porta con sé per la vita. I perché culminanti nella gioia di un’esperienza che magari non rovescia una vita, ma aiuta di certo a “convertirla”.
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