#1Libroin5WPoesia.: Giulio Maffii, “Atletico sull’Atlantico”, Marco Saya Edizioni.

#1Libroin5WPoesia

 

 

Chi?
In “Atletico sull’Atlantico” primeggia la scrittura sottotraccia che assolve i ruoli di protagonista, coprotagonista (molto spesso si tratta di luoghi geografici), deuteragonista e antagonista. La letteralità svolge, nell’intreccio del progetto, l’opera di collegamento fondamentale. Quindi il “verso” si rende multiprotagonista, nel bene e, al contempo, nell’invettiva contro se stesso, abbandonando il poeta e lasciandogli un ruolo assistenziale, aiutandolo a dismettere i panni dell’ “egocentro” della scrittura.

Cosa?
Fondamentale è il tema della lingua, del suo porsi in maniera non icastica ma soprattutto ironica, in un mondo, letterario e non, popolato dal niente e da versi-fotocopia. C’è una ricerca, ovviamente, e tanta necessità che il lettore sia lettore “non passivo”. Si prosegue, in parte, il lavoro iniziato con “Sequenze per sbagliare il bersaglio”, invertendo, però, l’impatto visivo e passando da una poesia concreta-visuale a una esclusivamente lineare.

Quando?
La nascita di un’idea è sempre qualcosa di speciale, ad esempio in “Sequenze per sbagliare il bersaglio” c’era l’intuizione di mischiare il linguaggio tecnologico e grafico del mondo industriale, con la frammentazione in blocchi della parola. In questo libro tutto nasce dalla sedimentazione di anni di viaggi, di studi, e dall’amore per il substrato geografico che emerge dai testi, i quali sono collegati uno all’altro e non sono componimenti casualmente affiancati per scopi editoriali. La rappresentazione di un mondo e di una costa atlantica, con i significati umorali che comporta, è ben delineata. Dai Paesi Baschi, Euskadi, luogo per me unico e fondamentale, a La Rochelle, per esempio. Questo è il contorno che accompagna la riflessione sulla poesia, con intagli ironici, paradossali e senza necessità di riferirsi a forme drammatiche e patetiche o a pienezze di senso. Nelle intenzioni di scrittura c’era quello mettere in luce alcuni meccanismi che di poetico hanno ben poco.

Dove?
Forse è più corretto dire “dove e come”. Il lavoro di scrittura non è certo l’immaginario dono delle muse o la sclerotizzazione di retorici topoi. Le prove di questa ricerca durano un non-tempo. Nel caso di “Atletico sull’Atlantico” c’è una genesi certa, che si può raccontare. La prima parte del testo – originariamente intitolata “Altitudine zero”, facendo esplicito riferimento a Jean Marie Gleize – doveva confluire come opera a se stante in una piccola, ma importante collana diretta da Andrea De Alberti. Successivamente ci sono stati dei cambiamenti: da piccola plaquette, il materiale è diventato un libro ed è stato deciso di farlo uscire, unitariamente e nella forma attuale, con Marco Saya Editore. Saya ha avuto la lungimiranza di pubblicare un’opera di scrittura di ricerca e, nel panorama italico, è sicuramente una gran cosa.

Perché?
Perché, perché, perché… Ho sempre pensato che le domande siano più importanti delle risposte le quali, in un certo qual modo, possono essere sempre corrette. La curiosità, la voglia di sperimentare, il non appiattirsi davanti alle parole e ai loro creatori: tutte risposte al perché oggi si può e si deve fare poesia ma, come ogni risposta, questa è soltanto UNA risposta e non LA risposta. Il titolo “Atletico sull’Atlantico” nasce come calembour linguistico davanti al porto di La Rochelle e calzante, come icona ironica, a tutto il libro che, ripeto, non accoglie lamentosi sospiri assertivi, ma qualcos’altro.

scelti per voi

 

Non si visitano i paesi quando piove
poi piove e non so perché
li ricorderai per le carie dei sassi
per i passaggi
per l’alternanza del presente
la strada del monte Igueldo
non si visitano i paesi quando piove
o quando il cuore fuori dalla retorica
è un cane nell’Urumea
prima che tocchi l’Atlantico
poi piove e non so perché
qualche pioggia fa
avrei provato a capire
ma so dove sono dove siamo

Morite sottovoce per favore
che devo fare tante cose
tipo fare delle cose
poi quello che non ho fatto
tipo quello che non ho fatto
Voi non fate rumore
che poi voi insomma
anche voi
non avete fatto molto

Nelle case dei poveri
ci sono i tarli
piccoli esseri che si nutrono
di legno
ci sono delle sedie usate
la gente dorme mangia (poco forse)
si riproduce
Nelle case dei poveri
ci sono televisioni
immagini che falsificano
ci sono pavimenti sporchi
un quintale di problematiche psicoanalitiche
ci sono liste della spesa
bestemmie ed acari
Nelle case dei ricchi
lo stesso

Mal sopporto i figliol prodighi
Ti sbatti ti curvi incassi
la quotidianità
Arriva questo ego riferito
e si prende tutto il meglio
Il figliol prodigo è spesso scelto come amante
a te restano i calzini pesanti
alzarti presto
preparare la colazione
la fila al supermercato
il lavoro opaco
Il figliol prodigo è nazista
i nazisti li sterminerei

 

la foto in copertina è di Paola Marcone

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