Sebastiano Grasso, nasce a Udine nel 1965, apprende i primi rudimenti pittorici dal carnico Arturo Cussigh (allievo di Morandi, Guidi e Saetti); in seguito si confronta con le lezioni dei lombardi E. Maiotti e S. Frigeni. Il suo bagaglio formativo si arricchisce con i corsi di fotografia, lo studio delle tecniche bonsai, bonkei, suiseki, la lavorazione del legno, del ferro, dei piccoli sistemi d’illuminazione. Inoltre, si cimenta nello studio delle scienze umane (con particolare riguardo alla psicologia, ovvero alla correlazione del colore e dell’emozione), dell’antropologia. Impegnato prevalentemente nella pittura, esplora anche, con risultati inediti, nuovi linguaggi estetici attraverso la realizzazione di strutture composite: Isole. È stato presente nei gruppi artistici denominati I dodici movimenti e I pittori della luce. Ha esposto in prestigiose collettive (tra gli altri, con P. Guccione, S. Alvarez, F, Sarnari, il Gruppo di Scicli. A. Forgioli. R. Savinio, A. Giovannoni, C.M. Feruglio). È presente in varie collezioni private e pubbliche (nel 2012 il Comune di Acireale acquista l’opera Study for Aci and Galatea – fragment for a prayer, olio su tavola).
Convocato per la 54^ Biennale di Venezia, padiglione Italia, Regione Sicilia. “Vincitore” della 12^ Biennale d’Arte di Roma. Vive e studia a Santa Venerina (Ct). Lo abbiamo intervistato in occasione dell’imminente personale “– 20 – istanti… per una preghiera”, a cura di Rocco Giudice e Giovanni Vecchio, che sarà inaugurata sabato 23 giugno, alle ore 18.30, nella Parrocchia di Maria Vergine, a Santa Venerina.
Nelle opere di Sebastiano Grasso abita l’intraducibile che ognuno potrà udire osservando. Piace introdurlo con una riflessione di Marco Aurelio (Pensieri, ca. 166-179): “[…] Cosa sia un raggio puoi vederlo osservando la luce del sole che penetra in una camera buia attraverso una fessura: si estende in linea retta e per così dire si appoggia sul primo oggetto solido che incontra e che gl’impedisce di proseguire nell’aria dall’altra parte; qui il raggio si ferma, senza scivolare o cadere. Ebbene, allo stesso modo deve scorrere ed espandersi la luce dell’intelletto, cioè il pensiero, distendendosi ma senza disperdersi, e quando incontra un ostacolo non deve urtarlo con violenza sfrenata, e neppure cadere, ma deve fermarsi e illuminare l’oggetto che la riceve, il quale, se non la riflette, resta privo di luce”.
Come nasce e come si alimenta “– 20 – istanti… per una preghiera”
“– 20 – istanti… per una preghiera” nasce dalla necessità di promuovere un progetto benefico (il recupero dei fondi necessari al restauro del Simulacro di Maria SS. Della Catena venerata presso la Parrocchia di Maria Vergine) e promuovere “modificare la percezione e l’atteggiamento della gente nei confronti della partecipazione comunitaria”. Da qui l’intuizione, l’idea di fornire alle 20 opere esposte un valore aggiunto, intrinseco, determinato dal significato simbolico dell’unico|insieme. Credo di avere raggiunto l’obiettivo sacrificando la consueta funzione indicativa/evocativa che il titolo fornisce al quadro, sperimentando in alternativa una sequenza strutturale. Pertanto, individueremo i lavori esposti con questa sequenza: “Istante 1 di 20”, “Istante 2 di 20”, ecc. sino ad “Istante 20 di 20”, ciò equivale a dire che il singolo è una parte di tutto… il tutto è nel singolo!
In che modo, per usare le tue parole, questo impegno, nato come contributo per la tua comunità, si è trasformato in un momento propedeutico, a livello artistico (stilistico/tecnico) e, soprattutto, umano?
Dall’esigenza di trovare nuove soluzioni stilistiche, ho “forzato” la mano su nuovi territori, sperimentando, anche con “leggerezza”. La mia pittura “classica” prevede lunghissime pause di “decantazione” ed i colori ad olio non agevolano di certo i tempi di realizzazione. Per questo evento i quadri sono stati realizzati utilizzando – per la prima volta – i colori acrilici. Distanti dalle esigenze della mia pittura, costruita su un fitto intreccio di velature, le alchimie acriliche soffrono in quanto a luminosità e trasparenze; tanti sono stati i quadri cancellati. Tuttavia, sono riuscito ad ottenere un risultato che mi ha, in un certo modo, soddisfatto, in termini di corposità materica, luminosità e velatura; laddove il risultato risultava impossibile, ho proceduto applicando i colori ad olio. I soggetti, questa volta, sono dichiaratamente riconoscibili: paesaggi; scelta dettata dalla volontà di scoprire la luce en plain air. Questo allenamento mi ha obbligato vedere altrove. Risultato, in itinere: ulteriore sperimentazione mi ha permesso di realizzare (abbozzare) “Collina” e “Radura”, dove la forma e il colore, rivelano una freschezza, una sintesi di esecuzione che ho scoperto grazie all’evento in parola. A livello umano l’evoluzione credo sia il risultato di un consueto (sperato) divenire.
Più genericamente, come nascono i tuoi dipinti, da “dove” nasce la pittura di Sebastiano Grasso?
Attratto dai colori, dalla loro luce, registro istanti (!) e li traduco in una sintesi: non necessariamente un fiore apparirà tale…eppure, non mi fermerò fino a che del fiore non restituirò la sua essenza il suo “calore”. La mia pittura non ha nulla di prestabilito, pianificato, non ha i consueti registri cromatici che contraddistinguono un colorista puro; piuttosto, è una deriva d’istinti, è il diario di un cammino, è la summa di un preciso vedere e… sentire, è, in definitiva, l’esigenza di emozioni nate sull’orlo di un precipizio, sulla riva di un infinito. «…Grasso, questo pittore di ex voto dedicati all’invisibile, che senza sforzi Giuliano Briganti avrebbe incluso in un ipotetico aggiornamento dei “pittori dell’Immaginario”, ne custodisca una scheggia autentica, una reliquia targata 2000 (…) proprio per questo possiamo apprezzarne il tono “contemporaneo”.» (Marco di Capua – Nel Silenzio di un Sole | Sebastiano Grasso). In genere, non mi rifaccio ad una corrente precisa, non seguo un modello, non mi identifico in una scuola, non mi sono formato in un’Accademia. La teoria o il manifesto non possono sostituire il talento. Tuttavia, concordo con Hugh Laidman quando sostiene che «…una certa teoria messa in pratica potrebbe svelare un talento nascosto o svilupparne uno che si è già manifestato o addirittura avere l’effetto contrario e soffocare un talento potenziale per sempre.» .
Puoi parlarci dei tuoi padri spirituali?
Con affetto, ricordo il carnico (Alto Friuli) Arturo Cussigh (allievo di Morandi, Guidi e Saetti), il mio maestro putativo, pittore duro e tenace, sensitivo e caldo, perfettamente aderente al tono e all’atmosfera dei soggetti che prediligeva, ma dai quali non si lasciò dominare, se non quel tanto che basti ad afferrare la sostanza. Piero Guccione, in chiara opposizione cromatica e stilistica rispetto al Cussigh, determina la sua “singolarità” attraverso la percezione di “luce”, quale elemento di dispersione dello spazio/tempo. Inoltre, l’uso del “suo” pastello fu una vera e propria rivelazione per me. Gerard Richter, perché «…è insopportabile ripetere sempre la stessa cosa. Sono troppo inquieto ed anche troppo insicuro, In quest’epoca è impensabile comportarsi in modo statico e ostinato. D’altra parte, sono alla ricerca di un atteggiamento piuttosto fermo, è una sorta di ricerca che si può ritrovare in tutti i miei dipinti …» (intervista a G.R. cura di Jonas Storvse, 1991) ed ancora «L’Arte è la pura realizzazione di un sentimento religioso, capacità di fede, desiderio di Dio.» (G.R. Note del 1988) – Hans Hartung, «Che la mia pittura non corrisponda all’immagine abituale che ci si fa del reale è un’altra storia; che essa arrivi ad essere una vera opera, ad esistere davvero, è ugualmente un’altra storia, ma no spetta a me parlarne, né, ancor meno, giudicare in proposito. » (H.H. – Autoritratto)
Qual è il colore che meglio sposa la tua interiorità?
Amo il celeste chiaro, velato dall’ocra gialla, quello che si vede sul primo imbrunire, che spesso accoglie il disco della Luna, che si perde nel bistro, infine, nel cobalto scuro. Tuttavia, so che per indole abiterò per sempre tra le brune terre di Kassel. Lì è facile cogliere ogni più impercettibile anelito di luce e per conquistarlo si deve lottare. Soddisfo l’incanto mutuo il dramma…
Cosa, di un tuo dipinto, mette meglio a fuoco la tua personalità artistica?
Spesso, l’assenza di dettagli e la puntualità nel ricostruire i punti luce attraverso la penombra; questo mi permette di restituire l’insieme, il significato, la forma; perlomeno, oggi questo è l’obiettivo, domani…è un altro discorso!
Assodata la libertà del fruitore, quali messaggi vorresti fossero colti dal tuo pubblico?
“La via dell’uomo è una lunga marcia attraverso la notte, circondata da nemici invisibili” sosteneva un romantico Bertrand Russel. Spesso i miei lavori trasmettono un messaggio (mi sia concesso il termine) “catartico”, sembra dire:- non avere paura del buio, c’è una via che conduce alla luce, lieve del silenzio.
Qual è la tua definizione di arte?
Sincerità, poesia. Davanti ad un’opera “devo” avvertire un’emozione. Per esempio, soffro davanti al concettuale, spesso vi trovo mistificazioni di comodo, invece, tollero l’iperrealismo se accarezzato dall’anima. L’Arte è per tutti, perché la bellezza, o il dolore, arriva al cuore anche dei semplici. L’Arte non è fisica quantistica (!).
Oggigiorno quali sono (o dovrebbero essere): funzione dell’arte e responsabilità dell’artista?
A tal riguardo mi piace citare Papa Benedetto XVI° durante incontro con gli artisti Cappella Sistina 21 novembre 2009, concluse il suo discorso dicendo: «… Voi siete custodi della bellezza; voi avete, grazie al vostro talento, la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e speranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza! Siate anche voi, attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità! E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhi affascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente. …». In queste parole mi ritrovo, in esse c’è il senso dell’“istante”. Ognuno di noi è una lucciola e può portare calore negli anfratti più impervi e distanti dei moti umani. Esistono realtà affermate. “AURA – Associazione Culturale Artistico del Friuli Venezia Giulia” (il cui presidente è l’amico e Maestro Claudio Mario Feruglio), che da anni agiscono secondo l’invito di Papa XVI°, organizzando importanti eventi a matrice cattolica/cristiana; ho avuto l’onore di essere invitato a partecipare, tra l’altro alla II^ Biennale di Arte Sacra e a Misericordiae Vultus.
Progetti futuri?
Risolvere nuove sintesi, ovviamente. Come sopra accennato, con i dipinti “Radura” e “Collina”, giungere ad una sorta di minimalismo, sacrificando (!) una parte importante di “romanticismo-visionario”. Inoltre, sviluppare ulteriormente il concetto di “ISOLE”, strutture composite, tridimensionali, che tendono a coniugare forme, colori e luce (anche fisica). Un progetto a cui lavoro da anni, con soluzioni inedite, originali. Conto di esporre un modello inedito a –“20” istanti –, “il fiordaliso”.
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