anteprima
Questa è la storia tra Elena e Crista.
Elena cresce orfana di madre, cantante lirica scomparsa nel darla alla luce. Per togliersi di dosso un inconscio senso di colpa comune a chi perde uno dei genitori nei primi anni di vita, azzera ogni tabù sentimentale e sessuale. Divora la vita, prendendo e rubando da tutti.
Crista, cresciuta in una famiglia cattolicissima, i cui principi sono stati fortemente contrastati da una nonna materna un po’ sopra le righe, non riesce a liberarsi dal peso di una madre in cui tutto è divieto. Le protagoniste si incontrano per caso, si innamorano e si trovano a dover fare i conti con una società che non accetta fino in fondo la possibilità di formare una famiglia e di avere figli tra persone omosessuali.
Il vero protagonista del libro è il pregiudizio interiore che ognuno di noi si porta dentro, il più difficile da estirpare.
da Prima dammi il pane, Catartica Edizioni, Collana In Quiete, 2018
Elena fece partire un cd. La musica, anche fuori lavoro, era
l’unica attenuante al conto salato dei pensieri. E la musica si
sparse, abbassò il volume, disse buongiorno alle cose che la
circondavano come se fossero i suoi ascoltatori.
Picchiettò ancora leggermente le tempie.
Era il suo secondo risveglio.
La mattina si svegliava più volte.
Non era alla radio, niente lavoro per quel giorno.
Non si può lavorare il giorno dopo.
Trattenne il fiato.
Non si può respirare il giorno dopo un matrimonio come quello
al quale aveva assistito.
La sposa era bella, però.
Le note placavano l’arsura della notte.
Dalle note la voce sbocciò come uno di quei fiori che si aprono
improvvisi sotto il sole.
Elena tentò di cantarci sopra ma la sua voce si spezzò lasciando
indifferente la musica nell’aria.
Stamattina è per me, pensò, solo per me. Fece un giro intorno al
pouf di pelle nera e senza fiato come dopo un giro intorno al
mondo ci cadde sopra.
La sua voce da viva mimava la voce di morta impressa per
sempre sui dischi. Nemmeno gli studi erano riusciti ad elevare
le sue ottave. Niente di quello che aveva immaginato per sé si era realizzato.
—
Crista rigirava tra le mani lo stesso biglietto di allora.
Il parrucchiere nervoso rispose alla telefonata della moglie, le
disse basta spengo così non rompi più.
Stupida donna gelosa, confessò a Crista, è convinta che io la
tradisca con tutte le spose che pettino e trucco.
Il parrucchiere non voleva nessuno tra i piedi, né parenti, né
amiche, durante i preparativi. Era un artista, diceva, e come tale
aveva bisogno di concentrazione e ispirazione. Chiudeva
dentro, nella stanza prescelta, se stesso e la sposa. Crista ne era
stata felice, quale migliore occasione per liberarsi in un colpo
solo, e senza doversi giustificare, di sua madre e intruse varie.
Crista lo conosceva da sempre, si sentiva tra le sue mani più al
sicuro che nel confessionale del prete. Con un ultimo gesto di
nervosismo l’uomo scacciò il fastidio della moglie spegnendo
definitivamente il telefono.
Anche Crista era nervosa, le spose lo sono sempre. Il biglietto
che stringeva, animatosi, cadde. Le mani all’improvviso vuote
si mossero senza direzione finché riuscì a domarle, raccolse il
pezzo di carta ed espirò sbuffando, poggiò la schiena contro il
dorso della sedia e fece finta di comporre il numero.
Il parrucchiere, per niente stupito, approfittando della sua distrazione
le spruzzò sui capelli una lozione luminosa che rilasciava
brillantini.
Come era arrivata fin lì. Continuava a chiederselo.
Quella volta il numero lo aveva composto sul serio.