Ho scritto questo monologo che precede la scrittura del romanzo Fuad delle farfalle, edito da Splen edizioni, per lavorare, ricorrendo al rilievo gestuale della parola scenica, sul personaggio di una ragazza egiziana in cerca della madre creduta morta, colpevole nell’innocenza di un attentato organizzato dal padre e dai cugini complici degli estremisti islamici. Ciò che caratterizza Fuad e ne alimenta il dramma, è il candore, il tocco lieve delle sue dita abili a catturare le farfalle senza sciupare loro le ali, in contrasto con la crudeltà e la pesantezza di un presente di orrori. La scrittura, ricorrendo alla poesia, assume il segno tangibile di una metafora che giova a svelare il senso più profondo e impalpabile della femminilità. Ogni farfalla nasce da una metamorfosi segreta come il cambiamento che conduce ogni bambina a scoprirsi donna. Nella società araba ciò comporta l’accettazione di una condizione di sudditanza nei confronti del potere maschile, ciò che invece Fuad proclama è il bisogno di poter vivere lo slancio più vero della libertà, godere in un privato incanto della fragranza emanata dai gelsomini.
Basilare in questo testo, come in ogni pagina per il teatro, è la conduzione dello spazio, dilatato dalla coralità di una lingua poetica che si fa voce nel vento, la voce di una madre che cerca la propria figlia, la voce di una figlia che insegue in quel vento le sue misteriose farfalle, uno spazio che alla fine di un percorso di narrazione ed evocazione di un passato che brucia ancora, si dissolve nell’erranza di Fuad nel deserto, spazio vuoto e nell’immaginario colmo di tutto, luogo dell’interiorità e dell’incerto che conduce questa creatura delicatissima a trovare la certezza di un riscatto.
Il rilievo della scena permette all’inchiostro, sangue della scrittura, di fluire vivo, ogni volta nuovo, nel momento in cui si apre un sipario e comincia la magia del teatro. Ho scritto molto in questi anni, provando la gioia di vedere “accesi” tanti attori, bravissimi e di mestiere. Nessuno di loro però era al contempo “piccolo e gigante”. Fuad, Federica Guglielmino, ha 14 anni, vive sulla scena le emozioni di una scrittura profonda e poetica con la forza dell’essere Donna, la leggerezza irripetibile della Fanciullezza. Questo spettacolo, raccontato da una regia magistrale per cuore, necessaria semplicità di gesti e segni, dal ricamo della musica e del canto, rappresenta uno stato di grazia, un dono unico, irripetibile, inimitabile, offerto dal talento e dalla giovinezza. Le ragazze del coro, anch’esse quasi-bambine, composte, commosse e intense, alimentano l’energia di un’emozione compatta che in 50 minuti, avvince, accarezza, esplode dentro di noi in un tonfo di verità e purezza. Per quanto mi riguarda è proprio questo tonfo di cipria e nuvola che servo e inseguo da sempre, per bisogno di mestiere, per senso di vita.
(sabato 17 marzo al Piccolo Teatro della Città di Catania, lo spettacolo “Fuad che toccava le ali alle farfalle” – tratto dal romanzo Fuad delle farfalle edito da Splen)