Niente ora per cui restare
– ho ricordato questo cielo
una copia di qualcosa
venuto nel sogno.
L’aria è tiepida
e mi sorregge, cammino
tra vecchi sonagli di erbe.
Su tutto questa libertà
che mi sta accanto
anche quando non voglio.
*
Ti hanno atteso nella lotta
in questo bolo di vento
che lancia il suo improvviso
e gira, in pieno giorno strappa
l’ombra ai davanzali.
Tutto resterà così, brucerà
in un respiro, le persiane chiuse
il bianco che splende ai muri
come una promessa
un foglio da riempire.
*
Oscuramente nel nitore della neve.
I nomi hanno trame d’erbe
slanci di palme, un catalogo
di mai cancellati sguardi.
Accanto alla volpe dormiremo
vicini ad una promessa.
*
La mano scrive il suono
di ciò che trascina, desiderio
o sperpero verde. Le ramaglie
si gettano contro il muro
per il poco ultimo che appare
nella misura dell’aria: scene
di falde celesti, il tepore dei nomi,
bordi dove la ruota ripassa
in continuazione.
Continuo a dondolare, seduto
girandomi verso una stella di rami,
le mani, le dita sporgendo
come un flagello nodoso.
*
Oggi scelgo il terrazzo
sorrido alle lucertole
mangio nel vento
seminando chiarori,
rapide chiazze qua e là
spostandomi con l’ombra.
Un giorno andrò altrove
contro il nuvolo,
via dalla certezza dei cassetti.
Un giorno zoppicando
resterò alle mie spalle
tra gli alberi che dondolano
che dondoleranno ancora
e ancora lentamente.
*
Sono fermo e questi fiori
fra le plastiche le pietre
questi fiori bruciano gli sguardi.
Vorrei essere un’altra volta
lontano, o solo, quando i colori
e l’aria sono obliqui
e io mi abbandono ai miei nomi
ai valichi delle correnti
dissolto in ceneri di vite non mie.
Ma non potrei essere altrove
oggi che il desiderio mi incontra
e i passi suonano
bianchi come ossa.
Più grido, più le felci
scuotono la luce.
Sono in piedi sul tetto di Cuma.
Gli alberi volano
come sposi di Chagall. Gli sguardi
non sono indispensabili,
ogni giorno è affidato
a questo silenzio
che la memoria ingrandisce.
Marco Conti, biellese, è giornalista culturale, poeta, saggista. Ha pubblicato in poesia Stellato chiaro (Crocetti 1986), L’ospitalità dell’aria (Campanotto 1999), Via delle fabbriche (Viennepierre 2007) e ha concluso un quarto libro, La mano scrive il suono (Archinto 2021). Ha curato e tradotto l’antologia poetica di Joyce Mansour, Blu come il deserto (Terra d’Ulivi edizioni 2019). Si è occupato della poesia di Samuel Beckett, Pierre Reverdy, Augusto Blotto, Eliza Macadan, Eric Sarner e altri autori. Nel 2017 ha pubblicato Breviario di dissidenza (Mimesis 2017), dizionario di critica culturale. In etnologia ha scritto Una processione illuminata dai mignoli (2000) e Il volo della strega (2004).
la foto in copertina è di Emiliano Cribari