Mi chiamo Paolo Aldrovandi. Sono nato a Mantova nell’agosto afosissimo e pieno di mosche del 1974. Da allora, credo, non ho mai più sopportato il caldo. Da buon essere invernale, ho scritto la mia prima poesia a tredici anni per un amore non corrisposto (ovviamente). Ma ricordo che già allora trovai il modo per essere assai poco carino nel far notare il mio disappunto. Infatti, quando la lei del momento si ritrovò la mia poesia tra le mani e la lesse, non mi abbracciò affatto. Il mio modo di scrivere è così: crudo, reale e poeticamente quotidiano… Nel mondo e nella vita, anche nella peggiore, esiste uno strato di poesia ben compatto, anche se il più delle volte impercettibile… Viaggiando molto, e spesso da solo, ho avuto la possibilità di farmi più idee e di prendere spunto da queste. Di osservare i vari mondi e le diverse abitudini, di parlare con persone che quasi certamente non incontrerò mai più… È stata essenzialmente questa la linfa vitale della mia poesia. Non ho nessuna pubblicazione rilevante: ho scritto per decine di riviste di poesia, sia cartacee che online, ma non ne ricordo nemmeno i nomi. Scrivere poesia è una liberazione obbligatoria, e io faccio così.
Dormiveglia
La schiuma resta in testa
e vorrei non dormire mai
nella mia risacca omicida
che ricopre tende la notte
sbalzando anime passate
e rimuovendo fantasmi pagliacci
che portano allo sgomento del mattino
con incapacità recidiva
che abbraccia come una scimmia
e gratta con unghie sporche
e dita nere come la povertà
entrata nella mia casa nuda
col sorriso dal volto mancato
pensando al momento eterno
come al sangue tenuto stretto
nelle vene piene d’aria
in embolia costante
sparata come uno zero
da siringhe sante
capaci di far dormire l’idea
e di salvarsi dall’estasi momentanea
nell’infimo viaggio riciclabile
Non ti allontanare
Non ti allontanare
resta e sbriciola
quel pezzo di pane
lascia lo smalto fluire lento
in arteria rosso scomposta
nel tocco del senso
che è padrone del vedere
di questi occhi buttati
che rubano colore al sole
nella speranza d’incendiare i fronti
del tuo bollente pudore
che scivola in languide serietà
come il braccio armato
della sua stessa vita
domandandosi se l’amore
è spedito in posta celere
da postini pazzi che fischiano
mille volte al giorno sotto casa
la stessa nenia in ripetizione
permettendo di frugare rapido
tra scatoloni di non amore schiacciati in soffitte
che preferiamo tenere
sempre chiuse agli altri
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