Irina Ermakova, Lo specchio di bronzo (Einaudi, 2023)

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Irina Ermakova è nata in Crimea nel 1951. Vive a Mosca da molti anni. A partire dal 1991 ha pubblicato numerose raccolte in russo. In Italia una piccola scelta di suoi versi è apparsa con il titolo «Ninnananna per Odisseo» e altre poesie (Interlinea 2008). Per Einaudi ha pubblicato la raccolta di poesie Lo specchio di bronzo (2023).

Molte poesie di Irina Ermakova sono ritratti e scene di vita quotidiana che riescono a diventare memorabili grazie a uno sguardo che è quello dell’entomologo, ma anche quello di chi sa estrarre una dimensione mitologica dall’osservazione della varia umanità. La cultura greca e latina è una presenza costante, sia per la rilettura antisolenne di figure classiche come Odisseo e Afrodite, sia per la disseminazione di queste tracce mitiche nei ritratti dei personaggi raccontati nelle poesie, come l’intellettuale ribelle che muore entrando a Groznyj durante uno dei conflitti ceceni, con la figura di Atropo che si confonde nel ricordo della tutrice dell’ordine che lo angustiava a scuola; come la madre avvinazzata alle prese con una figlia ritardata, o il demente autoproclamatosi portiere di un caseggiato. Tutti personaggi di una società postsovietica rappresentata in modo realistico e fantastico al tempo stesso. Ma le corde della poetessa russa sono varie e il curatore ce le presenta tutte: scopriamo cosí anche una voce molto forte e ispirata che canta il sentimento panico della natura e perfino una raffinata cultrice di tanka.

tre poesie

Come cade svogliata
questa foglia.
È ammutolita. Ha dondolato.
Indugiato.
Farfuglia qualcosa, frusciando.
Una notifica dal cielo?

Aspetta, resta ancora un po’ con me,
prima del buio c’è ancora tempo.
Suonami qualche cosa che sia caro,
qualcosa tratto dal gelo perenne.
Le rondini, utili l’una all’altra,
radunano le cose alla finestra.
Un baleno randagio verso sud
nel silenzio totale agiterà la coda.
Liceità divina. E, impaziente,
il crepuscolo sballotta la casa.
Qui imbrunisce sempre piano piano,
qui imbrunisce a malincuore, a stento.
Aghi minuti pungono le dita,
imbastiscono la tela del suono.
Nessuno li vedrà i nostri trastulli.
Osserva, ormai si è fatto scuro.
Procede il buio. Ma, forse, dall’ombra,
dalla sferica ombra echeggiante,
si affaccerà una pianta ardente –
il luccichio di un’estrema vampa.
In dono.

Tu sei un pesce
Il Tuo mondo è lustrato dal brillio dell’acquario
Tu allevi umani dal piumaggio variopinto
Oltre i vetri spessi
Tu compri loro mangime
Al mercato degli umani
Quando Ti capita di avere soldi

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