IX Premio “Giuseppe Sciuti”. Al “pittore socratico”, Marco Privitera, la menzione “Giovane Artista Emergente”.

Marco Privitera, il “pittore socratico”, vince il “Premio Giovane Artista Emergente” nell’ambito del IX Premio Internazionale di Pittura “Giuseppe Sciuti”. La cerimonia di premiazione, si terrà al Palazzo Municipale di Zafferana Etnea, questa sera sabato 18 novembre, dalle ore 18 (per l’occasione, Privitera donerà il proprio “Studio per un ritratto”, olio su tela, 35x30cm, 2019).

La giuria, presieduta dal Maestro Corrado Iozia e formata da Carmine Susinni, Roberta Ferlito, Giuseppe Cristaudo, Mario Pafumi e Rocco Froiio, presente il Comitato Organizzatore, presieduto dalla dott.ssa Graziella Torrisi, con Alfio Tropea, Anna Fichera, Emanuela Montanucci, Silvia Pagano, Graziella Bonaccorsi, Stefano Puglisi, Marinella Fiume e Nellina Ardizzone, assegnerà il riconoscimento.

«Cresciuto nell’ambiente artistico catanese, ha maturato il suo stile pittorico guardando sia i maestri del passato che i grandi pittori siciliani del Novecento dai quali ha assorbito la solarità e un forte carattere espressivo. Nelle sue opere recenti le campiture luminose e piani prospettici si intersecano con serena linearità, creando luoghi a tratti surreali. La sua pennellata è sempre carica di colore ed è disposta con fare costruttivo, generando interessanti effetti materici.  Per il suo convinto legame con la storia della pittura dell’Isola, per il notevole sviluppo creativo delle sue ultime opere, la Città di Zafferana Etnea gli conferisce il “Premio Giuseppe Sciuti per la Sezione dei Giovani Artisti Emergenti”», un passo dalla motivazione, scritta dal Direttore artistico del Premio, prof. Paolo Giansiracusa, per introdurre la nostra intervista. 

Com’è nata la sua passione per l’arte? Quando si è messo in ‘azione’? Esiste un aneddoto che vuole raccontarci?

«La passione per l’Arte da quanto ne ho memoria c’è sempre stata. Sono nato circondato fin da subito da opere d’arte, da cataloghi di pittura, dalla suggestione del segno e dal profumo del colore, dal momento che mio padre, a sua volta è stato un giovane e meraviglioso pittore della Torino degli anni 60-70. Pertanto, affascinato da tutta questa bellezza ho iniziato a disegnare e poi successivamente dipingere molto precocemente. Ricordo che nei primi anni 90, quando ero molto piccolo, mio padre si metteva all’opera con i colori, realizzando degli schizzi di quelli che erano per me in quel periodo i personaggi della mia infanzia e penso proprio che sia nata lì la passione per l’arte, è il frutto di un gesto d’amore».

La sua pittura dagli esordi a oggi, verso quali ‘mete’ si dirige o vorrebbe si dirigesse?

«Mi sento di dire che la mia pittura fino a oggi ha sicuramente visto una serie di cambiamenti, dovuti sia allo studio della ricerca formale in maniera sempre più approfondita, sia alla scoperta di contenuti in linea con il desiderio di scoprire e conoscere sempre di più quella che è la mia natura. Infatti, associando la pittura a uno stato di benessere assoluto, non posso che pensare a essa come un mezzo per mandare avanti “l’indagine” di natura socratica, ovvero quella del “conosci te stesso”, unica formula – a mio modo di vedere – per la felicità su questo mondo, e dunque “meta” che per quanto mi riguarda merita di essere seguita. Dunque ciò che mi auguro è di continuare a lavorare con determinazione per riuscire a esprimere sempre di più, in maniera sincera e coerente quella che è la mia visione delle cose, prevalentemente tramite l’uso del colore, poi il resto verrà da sé».

Potendola definire, ci dice qual è la sua poetica pittorica?

«La mia poetica pittorica si basa principalmente sull’uso del colore, come linguaggio per comunicare emozioni. Attraverso i colori cerco di tradurre sensazioni e stati d’animo, usandoli proprio come se fossero delle parole all’interno del dipinto. In questo modo i colori non sono semplicemente decorativi, ma contribuiscono a costruire una narrazione visiva che parla direttamente all’osservatore, invitandolo a creare una connessione con l’opera».

Marco Privitera, “Studio per un ritratto”, olio su tela, 35x30cm, 2019.

Qual è il colore che sposa (o vorrebbe sposasse) la sua interiorità?

«Il colore che scelgo è il Blu, nello specifico il Blu Oltremare. Un pigmento che in natura si ricava dal minerale Lazurite. Al di là dell’affascinante origine del nome che deriva dal fatto che questo minerale veniva estratto principalmente in oriente (in epoca medievale chiamato “oltremare”), questo colore mi cattura perché nella sua intensa e vivace profondità rivedo il desiderio di introspezione ed esplorazione, tipiche del mio essere, incline a riflettere vivamente sulle emozioni e i pensieri».

Cosa vorrebbe suscitare in coloro che osservano i suoi dipinti?

«In coloro che guardano i miei dipinti mi piacerebbe stimolare una risposta emotiva individuale, nel tentativo di creare una connessione, un riscontro tra ciò che l’osservatore vede nel mio lavoro e le sue esperienze interiori».

Oggigiorno quali sono (o dovrebbero essere): funzione dell’arte e responsabilità dell’artista?

«Credo di non sbagliare se dico che la funzione dell’arte è da sempre il frutto di quegli interventi che nel corso delle varie epoche hanno messo in crisi le convenzioni sociali generando dei cambiamenti destinati a mutare la percezione del mondo. Al giorno d’oggi, dove per opera d’arte si rischia di finire facilmente nel design per interni, bisognerebbe superare il prevalere delle pubbliche relazioni e l’omertà dei critici che favorisce la vendita e la creazione di un gusto consolidato. L’arte oggi dovrebbe trovare il coraggio di parlare, perché senza alcun confronto critico, sono le pubbliche relazione che creano l’opera d’arte, favorendo quelli che sono i collezionisti che in caso contrario rischierebbero di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano. Dunque bisognerebbe discutere delle opere d’arte e del loro valore riferito al nostro presente. Per citare Emilio Isgrò: “Oggi se non sei omologato non arrivi, non ti considerano. Alcuni artisti sono altamente quotati per motivi ignoti; c’è tanta apparenza, poca ricerca e poca sostanza”. Galleristi, collezionisti, artisti, devono assolutamente recuperare questo coraggio. Bisogna avere il coraggio di parlare delle opere d’arte e del loro valore riferito al nostro presente (cit). Per quanto riguarda invece l’unica responsabilità dell’artista, a mio modo di vedere, è quella di rimanere coerente con le proprie idee, restando economicamente indipendente dal sistema dell’arte».

Esiste un’opera (un dipinto di altri artisti) nel quale ama ‘rifugiarsi’?

«Sicuramente tra le tante opere in cui mi rifugerei, mi vengono in mente quelle di Edward Hopper, se dovessi dirne almeno una, mi viene in mente; “Sera d’estate” del 1947».

 Qual è stato a oggi il più grande insegnamento ricevuto in dono dall’arte?

«A oggi il più grande insegnamento che ho ricevuto in dono dall’arte è stata la consapevolezza di realizzare che c’è sempre un motivo in quello che vediamo e facciamo. Niente avviene per caso. Conoscere l’arte ci permette di pensare nel miglior modo possibile per conoscere meglio noi stessi».

Dovendo scegliere tra i suoi dipinti quello dal quale si sente meglio rappresentato (quello che rappresenta al meglio la sua ‘poetica’) quale sceglierebbe?

«Per rispondere a questa domanda mi viene in mente una citazione di Orson Welles; direi che il dipinto che mi rappresenta meglio, è il prossimo che devo ancora fare».

Per concludere, come commenta il riconoscimento in seno al “Premio Sciuti”?

«È un privilegio essere inclusi tra i giovani talenti selezionati in questo evento di grande rilevanza. Sono profondamente onorato e grato di ricevere questo prestigioso premio, che celebra la memoria di uno dei più grandi pittori dell’Ottocento e che rappresenta un riconoscimento significativo per il mio impegno artistico. Ringrazio vivamente coloro che hanno reso possibile tutto questo».

Marco Privitera nasce a Catania il 18 Gennaio del 1989. Nel 2014 si trasferisce per un breve periodo a Londra e frequenta le sessioni di pittura dal vero al “The London Sketch Club” nel quartiere di Chelsea. È sempre dello stesso anno la prima esposizione collettiva, dal titolo “Contemporaneamente Rosso” a cura di Calusca, ad Acireale CT, alla galleria “Art’è”. Nel 2016, a Milano, al “B&amp G Psychotherapy Studio” insieme a molti altri artisti, prende parte agli spazi allestiti in occasione del progetto “Studio Freud”, curato da Fabio Carnaghi con la partecipazione di MARS Milano. Nel 2017 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Catania, al corso di Pittura. Nel 2018 prende parte insieme a circa 50 artisti, tra fotografi e pittori, a un evento presso la Fondazione Gesualdo Bufalino Onlus di Comiso, in occasione del centenario della nascita di Giovannino Schembari, detto “Vannino”, a cura di Salvatore Schembari. Nel 2019 a Caltagirone, allo spazio “Scalamatrice33”, partecipa insieme a Maurizio Pometti, Samantha Torrisi, Filippa Sant’Angelo e Salvo Ligama alla mostra “ITER Per altre vie”, a cura di Giuseppe Cona, testi di Rocco Giudice.

Nel 2020 partecipa alla realizzazione di uno dei tre manifesti per il “Donna Fugata Film Festival (XII edizione)”. Nell’agosto dello stesso anno fa parte del progetto “Diario di bordo, cronaca di una pandemia-in 2 atti”, allo spazio “Scalamatrice33”, che vede coinvolti artisti siciliani e non solo. Nel 2022 e nel 2023, da un’idea di Stefania Reitano, viene invitato a partecipare alla sede “Expo-Due Palmenti” di Pedara (CT) alle corrispettive collettive “Hope” e “Isola”. Nel febbraio 2023 conclude con il massimo dei voti il percorso quinquennale di studi in Accademia. È del 2023 la prima personale nel prezioso spazio di “Scalamatrice 33”, a Caltagirone, dal titolo “Al punto di partenza”, a cura di Giuseppe Cona, con testi di Giuseppe Puglisi. Lavora attualmente tra Milano e Catania.

 

 

 

Potrebbero interessarti